Aforismi più comuni in dialetto calabrese:
Locuzioni popolari che indicano gli estremi
del pensiero e delle azioni possibili in situazioni eccezionali quali
l’appariscenza volgare di chi vuole ricoprire posti non adatti al proprio spessore
culturale oppure, perché afflitto dalla sorte avversa, si lascia andare alle
pratiche più bieche pur di risalire la china.
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‘On
sputara ncielu ca mpaccia ti torna: non sputare in cielo che in faccia ti
torna.
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A nominata
l’ava Mararosa: la cattiva nomea ce l’ha Mariarosa la meretrice, le altre
tutte sante donne.
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A fissa
‘nte mani de’ picciuliddhi. Qualcosa di grande in mano ai bambini che,
privi di esperienza, non conoscono e non riescono ad apprezzare.
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A lanterna
‘nte mani de’ cecati: la lanterna nelle mani dei ciechi; un ossimoro che
indica l’inutilità delle azioni.
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Ava a
vucca e non ava a parola: ha la bocca ma non ha la parola: persona buona
che non parla a sproposito.
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Ava cchjiù
corna e nu panaru e vermituri: ha più corna di un paniere colmo di lumache:
becco, cornuto.
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C’u’ mpamu
nci vò u ‘mpamuna: contro il cattivo ci vuole il cattivissimo per poterlo
fronteggiare
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Capiscìu
frischi pe’ fraschi. Ha capito una cosa per un’altra.
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Ci dasti a
lanterna mmanu a li cecati. Hai dato (inutilmente) la lanterna a chi non
può vedere.
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Ciangianu
i morti e fhuttanu i vivi: con fare addolorato fanno finta di piangere i
morti, quindi miseria, e fregano i vivi.
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Ciangira
nu muortu su lacrimi persi: piangere un morto sono lacrime perse sta a
significare l’inutilità del pentimento o del dolore postumo.
- Comu u cana do’ gucceri: ckjinu e sangu e mortu e f’hama!
L’apparenza inganna, non sempre l’abito fa il monaco! Come il cane del
macellaio sporco di sangue ma affamato perché a digiuno.
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Cu ‘on
accetta on merita! Chi non accetta non merita!
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Cu dintra
ti trasi fhora ti caccia: se metti dentro casa estranei e sconosciuti, alla
lunga, da ospiti che erano diventano padroni autoritari.
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Cu du
repuri vò m’acchiappa unu fujia e l’atru scappa: chi troppo vuole nulla
stringe; chi due lepri vuole acchiappare uno fugge e l’altro scappa.
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Cu sparta
ava a megghjiu parta: chi divide e fa le porzioni tiene per sè la parte
migliore
·
Cu sparta
e non tena malanova mu ‘nci vena: chi divide e fa le porzioni non può
rimanere senza altrimenti è di cattivo auspicio.
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Culu chi
non videtta mai cammisa quandu a videtta sa cacau. Chi non è abituato o
educato a certe situazioni entra nel panico quando è coinvolto in qualcosa di
più grande di lui.
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Guardati
do’ pezzenta arricchisciutu e do’ riccu mpoverutu. (avvertenze ).
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I mappini
si fhjiciaru sarbietthi. E i sarbietti mappini. (inversione dei ruoli e
relativi risvolti in campo sociale).
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L’erva
cchi ‘on vua a lu fhjiancu ti criscia: l’erba che non vuoi al fianco ti
cresce: ciò che disdegni si ripresenta come una bestemmia attaccata addosso a
te.
·
L’erva
cchi ‘on vua all’uortu ti criscia: l’erba che non vuoi nell’orto ti cresce.
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L’ocieddhi
‘nta gabbia cantanu ppè raggia: gli uccelli in gabbia cantano per rabbia.
Non tutto ciò che si ascolta è frutto della felicità o del benestare.
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Lavara a
testa a lu ciucciu perdi acqua e lissia: ancora sulla inutilità delle
azioni: lavare la testa agli asini si perde tempo e energie, compresi acqua e
sapone.
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Lordu e
sangu e mortu e fhama comu u cana do’ gucceri. Ncamatu! Ecco un’espressione colorita per indicare
qualcuno che all’apparenza sembra essere soddisfatto, satollo di ogni bene ma
che nei fatti non ha neppure gli occhi per piangere: simile al cane che
s’aggira nei mattatoi in cerca di un boccone di carne, sporco di sangue, con lo
stomaco vuoto perennemente.
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Luntanu e
l’uokkj luntanu do cora: lontano dagli occhi fisici e lontano dagli affetti
e dal cuore.
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Mangia lordu
ca crisci sanu. Sì spartano. Non andare troppo per il sottile. L’igiene,
sì, va bene praticarla ma all’occorrenza supera la fase della pulizia
meticolosa che si rinforzano gli anticorpi.
·
Nto paisa
dei cecati l’orbu è u rre! Nel paese dei ciechi l’orbo che vede con un
occhio è il capo indiscusso: il re!
·
Panza
kjina canta no cammisa janca. Tradotto significa tutto fumo e niente
arrosto. Nel senso che si è contenti quando si ha la pancia piena, in senso
letterale e figurato. Cioè quando si è soddisfatti. Gratificati per aver
raggiunto l’obiettivo.
·
Parabula
significa: quandu ‘on da vò e ‘on ci
pippa, ‘on dava gulìa: inutile insistere! Non c’è peggior sordo di chi non
vuol sentire.
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Patrimma
mi chjamava ma ia na cuta: mio padre mi chiamava ma io, irremovibile e
insensibile come una pietra, fingevo di non sentire.
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Pista
sozizzi ccù i dinocchji: per indicare qualcuno che sta bene, un benestante,
qualcuno privo di problemi economici, in gergo si dice: chistu pista sozizzi
ccù i dinocchji, problemi ‘on d’ava.
·
Quandu
ammai i puorci capisciru i cugghjiandri: dare confetti ai porci è sprecato;
alcune finezze non sono comprese quando manca la cultura della sensibilità
·
Quandu u
ciucciu ‘on vò u viva è inutila ca u frischi: prima d’intraprendere la
giornata lavorativa era d’uso fare abbeverare l’asino e per stimolarlo si
emetteva un fischio ma quando questi non aveva sete e non intendeva bere, ogni
sollecitazione risultava vana.
·
Risparmiu
a la canigghjia e sciagru cu a fharina: inutili risparmi allorché si è
parsimoniosi con le materie futili e, viceversa, generosi nell’adoperare quelle
preziose.
·
Subra
corna vastunati= al danno si aggiunge la beffa e la massima seguente
rafforza la descrizione attraverso la plasticità dell’azione raffigurando un
cane che assale l’inerme:
·
Tantu va u
sùricia a la nucia ca ha percia: a furia di insistere si riesce nell’intento.
Come il sorcio che insiste sul guscio della noce fino a bucarla e prenderne il
frutto, cibandosene.
·
Tira
cchjiù nu pilu e cunnu all’irtu ca ‘nu carru e voi a lu pendinu: la
passione vince su tutte le difficoltà e fa superare ogni tipo di ostacolo.
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u cana zzanna sempa u sciancatu! E comu u cana do’ gucceri… due locuzioni che hanno, su per giù, la
medesima considerazione di massima nell’autocommiserazione popolare. E cioè che
la sfortuna, la malasorte, perseguita sempre chi è in difficoltà, poveri e
deboli, indifesi ,che, anziché trovare ristori alle proprie disavventure
trovano spesso la fatidica ciliegina sulla torta a loro sfavore e tutto gli
rema contro a dispetto delle apparenze.
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U ciangìra
cola: autocommiserarsi e piangersi addosso conviene; è una forma di
protezione contro il malocchio.
·
U ciangira
cola: piangersi addosso conviene. Autocommiserarsi è un ottimo metodo per
impietosire gli astanti e trarre benefici
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U gabbu
cogghjia a jestima no: farsi beffe, meravigliarsi dei difetti altrui è un atteggiamento
destinato a ritorcersi contro chi giudica mentre le bestemmie, gli anatemi, se
pur profferiti con rancore non hanno effetti collaterali sulle vittime e sui
delatori pur essendo azioni deplorevoli.
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U gurdu
‘on crida u dijiunu: chi è sazio non può capire chi è affamato.
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U troppu
bbonu è fhissa: chi è troppo buono e aacomodante risulta fesso agli occhi
degli altri.
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Uocchji de
malavita ti piacia cchjiù ru suonnu ca ra fathiga: occhi vispi e malandrini
che amano e preferiscono il riposo e il divertimento alle fatiche quotidiane.
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Uokkjiu
‘on vida, cora ‘on dola: occhio non vede e cuore non fa male. Quando si
ignora la verità non ci sono affanni e dolori.
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