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domenica 19 marzo 2023

Italiani assuefatti come le rane di Chomsky

 


I francesi hanno reagito con determinazione alla decisione unilaterale del governo che va a ritoccare l'età pensionabile innalzandola a 64 anni. Con i francesi la tattica della rana bollita non funziona! Mentre in Italia è stata abbondantemente coltivata e messa in atto. Da noi si va in pensione a 67 anni! E in virtù di una serie di principi tutti ispirati a una “ politica delle repubbliche delle banane" narcotizzante la subiamo.

venerdì 1 maggio 2020

Una bella favola

Libertà, lavoro tra sfruttati, emancipati, lobby e capitale


Il lavoro non sempre rende liberi. Anzi, quando non emancipa dalla fatica e dalla schiavitù del salario, è sofferta costrizione per quanti sono costretti a servire cattivi padroni.

Gli schiavi di esseri umani continuano ad esercitare il macabro mercato. Le organizzazioni sindacali sembra che, in funzione della nuova organizzazione del lavoro e per limitare i danni connessi, abbiano ceduto terreno e conquiste alla classe dominante, alle lobby e al capitalismo selvaggio.
"una bella favola"

Le nuove realtà sociali im-produttive si chiamano: lavori socialmente utili, esodati, cassintegrati, disoccupati di lungo e medio termine, sfruttati, lavoratori in nero o del sommerso, braccianti immigrati, collaboratrici domestiche, badanti.
È un esercito sconfinato che vive ai margini della miseria composto di donne, bambini e uomini giovani e vecchi che affronta con piccoli espedienti le giornate. Giorni che si ripetono uguali; ore che scandiscono enormi sacrifici. Persone che forse non hanno mai avuto modo di conoscere il pensiero filosofico di pensatori e sindacalisti e le lotte culturali di quanti hanno messo al servizio degli sfruttati il loro impegno.

Il lavoro svolto per necessità non è liberazione ma sottomissione, sfruttamento, asservimento al dio denaro! E se, come si dice, il denaro è lo sterco del diavolo, meglio tenersi lontani! Essere Angeli! Creature emancipate, che usano il loro tempo terreno al meglio. Impegnandosi in attività gratificanti. Solo così il lavoro è libertà. Liberazione dalle pastoie capitalistiche. Dallo sfruttamento. Dalla sottomissione ricattatoria imposta dalla teoria del consumo veloce alla quale ci siamo adeguati con estrema mitezza.

Negli anni, dalle prime lotte per conquistare il diritto di lavorare 8 ore al giorno e avere corrisposto un salario garantito e adeguato (?), molte conquiste sociali sono andate perse per favorire le pretese di certi imprenditori e di certa politica.

Oggi paghiamo lo scotto. E lo paghiamo tutti. Dipendenti. Bisognosi. Benestanti. Imprenditori!

Esserci appiattiti sulle ovvietà. Diventare cacciatrici e cacciatori di “like”. Esporre il lato b o due canotti ben gonfiati dal chirurgo plastico: apparire piuttosto che essere! Non poteva durare in eterno. Alla fine arriva il conto. E che conto!

È ancora possibile augurare e augurarci un buon primo maggio? Per il presente e il futuro? Riusciremo a ritrovare il filo logico del pensiero positivo che lascia sì spazi al divertimento e alla spensierata visione goliardica della movida, alle piazza piene; agli stadi pieni. Ai concerti affollati! E alle rappresentazioni culturali in generale senza il timore del contagio? Riusciremo a relazionarci senza dare peso alle esteriorità? Ai titoli. Alle griffe che portiamo addosso?

domenica 16 febbraio 2020

tensioni sociali, oggi come negli anni '70

Cambiano i tempi ma le tensioni sociali permangono.


Si pensava: “l'evoluzione tecnologica darà spazio alla socializzazione. I lavoratori godranno di più tempo libero. Potranno dedicarsi alle ragioni dell'intelletto e alle passioni culturali. Teatro. Lettura. Scrittura. Poesia. Pittura. Musica. E meditazione!

Crescerà ogni cosa insieme all'evoluzione scientifica e tecnica giacché il lavoro sarà a misura d'uomo e lo sgraverà dalla fatica fisica donandogli tempo libero da dedicare alla famiglia e alle passioni dell'anima.”.

Questo si diceva quando si parlava di riduzione dell'orario di lavoro nelle fabbriche e nei posti di lavoro in genere.
All'epoca tra gli operai vigevano le 40 ore settimanali mentre alcune categorie impiegatizie del pubblico impiego faceva già le 36 ore.

Erano tempi d'impegno sociale e di passione politica.

Si sperava... ma la realtà odierna è ben più amara e desolante di quanto ci aspettavamo viste le conquiste sociali ottenute con scioperi e assemblee che miravano alla sensibilizzazione sociale. Non a caso le ore di sciopero fatte per solidarietà nei confronti di altri lavoratori meno sindacalizzati che faceva fatica a rivendicare diritti acquisiti nelle grandi realtà lavorative.

Il caporalato sembrava essere destinato a scomparire. La tirannia, i soprusi di bassa lega e la tracotanza tra poveri sembrava avessero i giorni contati.

Invece, osservando storici lavori artistici che documentavano i fermenti sociali e culturali degli anni '70, con rammarico, si leggono storie mai tramontate e sconfitte, anzi...


sabato 1 giugno 2019

QUANDO LA SINISTRA DIMENTICA

I braccianti in Calabria è una raccolta di fotografie scattate in Calabria tra il 1970 e il 1980 da Ledda e Veltri. Foto rigorosamente in bianco e nero.

La raccolta con la prefazione di Saverio Di Bella e la collaborazione di Quirino Ledda, all'epoca consigliere regionale del pci e vicepresidente della regione Calabria, e Filippo Veltri, giornalista de “l'Unità “, insieme con la passione della fotografia testimoniano il fervore politico nonché spaccati di vita quotidiana nelle campagne e nei paesi calabresi.

Dieci anni di lotte dei braccianti, dei forestali, dei giovani e delle donne per una Calabria diversa. Si legge in quarta di copertina.
Immagini che testimoniano grandi mobilitazioni unitarie ma anche momenti di vita familiare contadina e operaia. Dieci anni di storia sono raccontati per immagini e testimoniano la crisi economica e sociale della regione che avrebbe dovuto essere parte attiva della “questione meridionale”. Una regione che non seppe utilizzare le risorse e rinascere dalle proprie ceneri a nuova vita.
A spulciare oggi quelle 94 pagine sembra che tutte le sofferenze patite dai lavoratori e le proposte d'intenti urlate nei cortei e nelle piazze dai leader politici e di categoria siano stati vani.


Siamo caduti nell'ennesima barbarie culturale.
A sentire i nuovi leader politici pare che le maestranze, la mano d'opera in generale, non copra un ruolo importante nell'economia nazionale e globale. Negli schemi mentali dei politici e delle lobbie c'è al primo posto l'azienda e gli imprenditori coi rispettivi investimenti. Sarà per questo che a Taranto si continua a morire?

La cosa strana e inaccettabile per quanti hanno seguito e combattuto le ingiustizie sociali sta nella nuova linea dei dirigenti del pd, cioè di quelli che avrebbero dovuto essere il “nuovo” del partito di sinistra in Italia legato ai sovietici. Un partito laico e poliedrico che, oltre alle tutele dei cittadini avrebbe dovuto inglobare le necessità degli imprenditori. Non più muri tra i due sistemi, niente barricate frapposte tra lavoratori e padroni ma proficue collaborazioni per il bene comune.
Dopo la caduta del muro di Berlino la cortina di ferro e la guerra fredda tra usa e urss, in Italia e nel resto d'Europa necessita rinnovare le menti, espandere le risorse sociali, economiche e culturali senza però dimenticare i tantissimi martiri caduti sulla strada delle conquiste sociali per la tutela dei lavoratori.

giovedì 31 ottobre 2013

come eravamo: I Braccianti in Calabria, di Ledda e Veltri

Dicembre 1983; da appena un mese è uscito il libro di Quirino Ledda e Filippo Veltri:
©aore12blog

I braccianti in Calabria” è la testimonianza storica difficilmente fruibile sui media massificati ma circoscritti dagli interessi del capitalismo, dei latifondisti e dalle forze politiche avverse che, in quegli anni, detenevano il potere politico.

La raccolta, con prefazione del prof. Saverio Di Bella, copre uno spazio temporale che va dal 1970 al 1980 raccontati attraverso 140 scatti degli autori, immagini in bianco e nero di vita quotidiana e di lotta per i diritti sociali.

Quirino, all'epoca, ricopriva l'incarico di consigliere regionale del PCI in Calabria, con alle spalle un passato di segretario della federbraccianti cgil calabrese.

Filippo Veltri era un giovane giornalista, redattore dell'Unità. Ha scritto anche per il Giornale di Calabria e il quindicinale “questa Calabria”.

Entrambi appassionati di fotografia regalano scatti pieni di pathos di un mondo ormai, per i più, morto. Consigliatissimo, comunque, alle nuove generazioni ed a quanti hanno resettato la memoria e rimosso sofferenze e sogni dei calabresi contaminati da sano sciovinismo e un pizzico di enfatica demagogica certezza ugualitaria.

martedì 27 novembre 2012

c'è spazio per un nuovo umanesimo?


Possiamo parlare di lotta di classe?

Nell’era di internet, (che sembra avere indotto a dimenticare persino il ricordo del lavoro manuale nei campi e nelle officine) può sembrare anacronistico pensare di rileggere uno di quei vecchi libri stampati con l’inchiostro ed ancora più impensabile sarebbe ripercorrerne la composizione tipografica fino alla rilegatura finale. Oggi i pensiero filosofico antico o moderno corre da un capo all’altro del mondo in un batter d’ali. E non solo!

Anche la speculazione dialettica, economica, politica, industriale è altrettanto veloce. E nel guazzabuglio di internet si trova di tutto, dalle verità immacolate alle verità fasulle e partigiane.
Le novità dei linguaggi e della velocità con la quale si propagano, possibili grazie ai fantascientifici mezzi a disposizione di chiunque ha un accesso in rete, sembrano offuscare i concetti cari a un certo pensiero che traeva le sue origini nell’umanesimo. Alcuni esempi?

La dittatura dell’economia imposta dall’alta finanza che antepone i benefici derivanti dai profitti economici alla vita. Quindi lo spettro dello spread; i profitti degli azionisti; lo sfruttamento dei nuovi schiavi legalizzato dalla delocalizzazione delle aziende nei luoghi di povertà assoluta; lo sfruttamento abnorme dell’ambiente

Le ultime novità circa il caso ILVA lasciano trapelare un giro d’affari inquietante che testimonia quanto accennato.
Al vaglio degli inquirenti troviamo anche il nome di Marco Gerardo, parroco del Carmine che al tempo dei fatti al vaglio della magistratura era segretario particolare dell’arcivescovo di Taranto, monsignor Benigno Papa, accusato di aver dichiarato il falso al pm circa una donazione di 10mila euro che l’ILVA avrebbe donato all’arcivescovo attraverso l’ex consulente Girolamo Archinà.

Secondo i pm, i soldi sarebbero andati a Lorenzo Liberti, docente universitario ed ex perito della Procura, incaricato di stendere una perizia sulla congruità ambientale degli impianti ILVA.
Ma torniamo all’interrogativo iniziale. Nella lotta di classe la sinistra italiana ha speso molto, persino i simboli dei mestieri manuali per eccellenza aveva preso in prestito e inserito nel logo del partito dei lavoratori: la falce  e il martello! Che ora sembrano desueti nonostante continuino ad esistere operai, contadini, minatori, piccoli impiegati e imprenditori che gonfiano la sacca della nuova povertà causata, appunto, dalla lotte di classe ma non nel senso alto del termine, bensì con l’abbattimento strategico della visione elitaria della classe dominante che include politica e affari; false democrazie che innalzano sui pali delle cuccagne ambigue primarie di gruppi di potere arroccati sulle macerie ideologiche dei quali ancora qualcuno si nutre.

venerdì 15 giugno 2012

Società dei numeri dei senza lavoro e tutele

Ho lavorato in vari campi e versato sempre i contributi. 

Ho lottato per i diritti dei lavoratori che ora vedo calpestati. Ho sperato in un futuro migliore e per un brevissimo lasso di tempo ho creduto di avere raggiunto la libertà, la giustizia e la solidarietà attraverso il lavoro.
Ma forse è stata solo un'illusione, ho frainteso.

Stiamo vivendo un momento terribile e siamo nuovamente a difendere traguardi raggiunti e assodati come il diritto al lavoro, alla sua tutela e, raggiunti gli anni del congedo, ad una giusta pensione.

Cosa non ha funzionato?
Le parti sociali si incontrano, fanno finta di litigare per poi capirsi dopo estenuanti trattative.

Ultima, quella di Landini con la Fornero che lascia in aria tatto fumo fritto e nessun accordo concreto che tuteli il futuro dei tantissimi lavoratori rimasti senza lavoro alla veneranda età compresa tra i 40 e 50 anni non più spendibile nel mercato del lavoro concepito dalla famelica concezione attuale imperniata tutta sui numeri.

Landini chiede un incontro al ministro del lavoro, Elsa Fornero.
Incontro subito accordato. Landini e Fornero faccia a faccia per due ore al ministero nel pomeriggio di ieri; definito "importante" dal leader Fiom "per ricostruire un clima di fiducia", ovviamente"non risolutivo", ma che ha dimostrato "la capacità di ascolto del ministro Fornero" anche se le distanze sulla riforma del lavoro e su quella delle pensioni restano intatte.

La Fiom, durante l'incontro, ha posto anche la questione degli esodati sulla quale il ministro si è riservata di rispondere, probabilmente lo farà in Parlamento la prossima settimana, assicurando però che "l'idea del governo è quella di salvaguardare i diritti".
"Non credo che un incontro possa risolvere annosi problemi ma riconosco a Fornero la capacità di ascoltare. Quello che deve capire però è che se vogliono rispondere ai problemi del Paese devono tenere conto delle richieste dei lavoratori nei provvedimenti che dovranno prendere".
"c'è un vuoto di politica industriale che mette a rischio seriamente buona parte dell'industria italiana". E sull'articolo 18, terreno quanto mai minato e su cui un avvicinamento è pressoché impossibile, i metalmeccanici della Cgil hanno ribadito il loro no alla riforma e chiesto "un intervento di governo e Parlamento che garantisca invece l'applicazione effettiva dell'art. 19 come un passo avanti per affermare la democrazia nei luoghi di lavoro".
Insomma un ritornello trito e ritrito che non fa altro che peggiorare la situazione in cui versiamo come cittadini e come nazione.

Si dovrebbe avere il coraggio di smettere con le cifre, i numeri, i giochi delle parti, spogliarsi e bruciare divise, tute, doppiopetto, tailleur e badare alle esigenze dell'uomo nella sua interezza.



lunedì 21 giugno 2010

caso Fiat: è auspicabile l'intervento risolutorio del Governo

Era il 14 ottobre 1980. a Torino i colletti bianchi scendevano in piazza a manifestare contro gli operai: 40.000 camici bianchi in marcia a sostegno delle logiche aziendali fiat;
Impiegati schierati a favore delle politiche aziendali e contro gli interessi dei lavoratori licenziati.

È stata una brutta pagina di storia sociale e una dura sconfitta per il sindacato e per quanti credevano nell’emancipazione del proletariato scritta dalla maggioranza silenziosa, com’era definita la fascia impiegatizia che non si rispecchiava nelle organizzazioni politiche e sindacali degli anni ‘80.
In molte fabbriche e posti di lavoro si aprirono raccolte fondi, collette, che tutti sottoscrissero a favore dei lavoratori metalmeccanici “caduti” sotto la cesoia del licenziamento voluto da fiat.
Anche allora i vertici fiat, riuscirono con un sottile atto di terrorismo psicologico a mettere una parte delle maestranze contro i colleghi lavoratori a rischio licenziamento. Gli uni contro gli altri, spinti dalla forza della disperazione col terrore di perdere la certezza del reddito e la tranquillità familiare, per una forma atavica di autoconservazione, a distanza di anni, la storia si ripete e la guerra tra poveri è più aspra. Una guerra che si svolge in un clima drammaticamente diverso, un clima d’incertezze economiche e lavorative che lascia sul campo della disoccupazione intere famiglie in Italia come in America.
Il terrore imprigiona lavoratori e dirigenti sindacali mentre il governo sembra impantanato e indeciso sul da farsi, quasi un corpo a parte un elemento estraneo ai fatti.

È inutile ricordare i salvataggi di Stato opportunamente effettuati dai ministri democristiani, socialisti, repubblicani che componevano i governi della cosiddetta prima repubblica ed è altrettanto superfluo menzionare quelli della seconda repubblica. Unico dato importante è che l’attuale governo raccolga attorno a un tavolo la rappresentanza sindacale accreditata dai lavoratori e dalle leggi dello Stato, i dirigenti fiat, e trovi, attraverso l’autorevolezza conferitagli dalla Carta Costituzionale, una soluzione favorevole a entrambe le parti per il bene dello Stato e degli Italiani.

Un intervento governativo a vantaggio dell’economia italiana, dell’industria e della storia che la famiglia Agnelli ha saputo scrivere col logo FIAT, le maestranze e le tecnologie italiane!

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