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lunedì 24 maggio 2021

A come Arte, a come Amore

Alcuni eventi mondiali sono più grandi di noi. È difficile potere affermare verità incontestabili. Ma laddove spuntano le armi a far valere le ragioni di un qualche popolo, meglio dire, di qualche despota, si può affermare senza ombre di dubbi che lì vi è un errore.

La guerra non ha mai messo in salvo le anime. Ha saccheggiato o distrutto beni inestimabili ritenuti patrimonio dell'umanità e roba effimera per la quale spesso si lotta col sangue agli occhi, accecati da teorie, parole e visioni, utilitaristiche.

I focolai violenti decimano vittime inconsapevoli. Gli innumerevoli bersagli definiti strategici nascondono spesso mire espansionistiche.

Non c'è bisogno di essere degli storici per valutare correttamente gli assalti mascherati da ipotetiche quanto assurde teorie religiose o nazionalistiche.

La violenza non paga. Forse nell'immediato produce favori politici per chi provoca i conflitti tra gli animi facinorosi degli ortodossi ma l'eliminazione violenta di bambini e inermi dei campi opposti non giustifica le mire espansionistiche.

Ora, tirare in ballo pure il lavoro degli artisti e gli artisti stessi, il loro modo di essere e di vivere un dato periodo storico risulta un ossimoro pilotato.

Convintamente affermo che l'arte nell'accezione ampia e alta del termine debba essere tenuta fuori dai dogmi imposti dalle parti che governano la materia umana.

La bellezza musicata, dipinta, danzata, interpretata è al di sopra delle miserie.
L'espressione più alta del pensiero e del lavoro sublime esternato attraverso le azioni e i saperi artistici È sintesi dell'amore Universale.

marc chagall, crocefissione bianca, 1938


mercoledì 16 agosto 2017

Fedeli per decreto

Le leggi servono per disciplinare la società e quindi gli uomini che vivono nelle comunità in cui si applicano. La disciplina delle leggi riguarda il modo di intendere le cose comuni; i diritti e i doveri che ogni cittadino appartenente alla comunità deve conoscere e rispettare.

Vi è il diritto politico, civile, religioso, appunto! Però, chiedo: si può regolamentare con una legge la spiritualità, il bisogno “irrazionale” votato alla misticità, all'imprescindibile necessità interiore che porta ad astrarre il Supremo dalla materia e quindi all'Assoluto?
Può, una comunità, essere indotta a pregare altrove e dentro limiti fisici imposti da un incomprensibile articolo scritto dagli uomini anche se definito “diritto canonico”?

Se fosse così allora non si dovrebbe dire messa neanche nelle piazze e nelle foreste... che non ricadono in una area diocesana disciplinata da un notaio.

Dietro l'attuale decisione di mons. Renzo, vescovo di Vibo-Mileto-Tropea, e la fondazione dedicata a Natuzza Evolo, che ha portato indignazione e incertezza tra i fedeli che si recano a Paravati, e per alcuni simile alla località francese dei tre pastorelli di Lourdes, c'è qualcosa che non convince.

Difficile credere che Papa Francesco, uomo lontanissimo dalle cose terrene possa pensare che per celebrare e sentire la SS Messa si debba essere in un luogo definito dagli articoli di diritto canonico, e quindi consacrato per legge.

Consacrare un edificio privato, la chiesa costruita con le offerte dei devoti a Paravati e consentire ai pellegrini devoti al culto mariano e a Natuzza che è stata in vita testimone dell'Amore Divino e partecipare alla SS Messa solo dopo essere affidata alla diocesi per il culto, stabilendo competenze di ciascuno (fondazione e diocesi), con un “disciplinare redatto davanti al notaio” è in antitesi con L'Amore universale predicato da Gesù.
Francesco con le sue decisioni ha frantumato l'ovvio, ha rimesso in discussione le prassi consolidate dei poteri terreni e i privilegi dei pochi. E con il Giubileo Straordinario della Misericordia del 2015, significativamente, inizia il viaggio apostolico dall'Africa. Anticipa così l'inizio del giubileo in una terra colpita da guerre e fame: la Repubblica Centrafricana varcando la porta santa della cattedrale di Notre-Dame di Bangui.

Alla luce di ciò, che dire della “beatificazione” di Natuzza, sospesa?

sabato 5 ottobre 2013

Papa Francesco, un faro nel buio della ragione

http://aore12.blogspot.it
Da alcune sere non va in onda la trasmissione trash dei paccari, quella in cui i giocatori selezionati per la puntata chiamano i numeri del pacco da aprire sperando di portarsi a casa il contenuto del pacco più pingue che a volte, se si è abbastanza fortunati, col raddoppio, la vincita sale a un milione di euro.

Con l'esattezza non va in onda dal giorno della tragedia nel mare davanti Lampedusa.

Il Papa davanti all'ennesima tragedia della povertà ha parlato di VERGOGNA e ieri durante la visita nei luoghi che Francesco, il Poverello di Assisi si spogliò di ogni avere terreno e lo mise a disposizione dei bisognosi, ha rincarato la dose: per la prima volta, finalmente, un Papa parla al mondo secondo il Vangelo.

Esorta a rifuggire la mondanità, la ricerca del potere economico, l'essere presenti laddove si alimentano i bagordi, le feste pagate coi sacrifici umani. E, prima ancora, nei giorni passati puntò il dito contro i signori della guerra, i venditori di armi.

Finalmente un uomo di chiesa che parla indistintamente a tutti e denuncia le storture volute dall'uomo per magnificare la sua materia e espanderne l'ingordigia, l'avidità lussuriosa dispensatrice di morte.

Dopo le sue denunce, alcuni politici nostrani che si dichiaravano cattolici e militanti della fede (CL) noti alle cronache per i motivi resi noti dalle varie inchieste sembra stiano rivedendo i loro pensieri. Questi signori, almeno nella forma lessicale, sembrano più attenti, volutamente in sintonia con il pensiero di Papa Bergoglio.

Adesso è il momento di imporre alla troica e all'Europa tutta il valore della SOLIDARIETÀ. Evitare esodi biblici dovuti a fame, carestie e guerre. Non con leggi coercitive quali la Bossi-Fini che sono l'emanazione dei poteri tracotanti. Ma attraverso interventi diretti nei territori di appartenenza atti a prevenire i devastanti effetti tristemente noti della globalizzazione.

giovedì 13 settembre 2012

film anti Islam, libertà d'espressione o blasfemia?

Dopo l'assalto al consolato Usa di Bengasi, costato la vita all'ambasciatore Chris Stevens e ad altre tre americani, di cui due marines, gli Stati Uniti temono nuovi disordini e scelgono di far sentire la propria presenza in Libia con determinazione.

Duecento marines e due navi da guerra pronti a partire per la Libia insieme ad un numero imprecisato di droni americani, aerei senza pilota, che potrebbero sorvolare Bengasi e altre località nell'est della Libia pronti a colpire ipotetici focolai di ribelli.

Anche stavolta gli americani mostrano i muscoli.
Dopo che, bando alle ciance sulla libertà d'espressione, intanto, il film blasfemo su Maometto sta infiammando Nord Africa e Medio Oriente,
se per molti musulmani qualsiasi raffigurazione del profeta è proibita e blasfema, perchè innescare micce religiose proprio laddove i tafferugli sono all'ordine del giorno e le forze oltranziste non aspettano altro per spargere terrore e sovvertire l'ordine?

"La protesta del Cairo - si legge sul New York Times, che riporta le confidenze di una fonte interna al governo americano - sembra una mobilitazione spontanea contro il video anti-Islam prodotto dagli Usa. Al contrario, le persone che hanno attaccato l'ambasciata a Bengasi erano armati con mortai e granate.
Alcune indicazioni suggeriscono che un gruppo organizzato abbia atteso l'opportunità delle proteste per attaccare, oppure che forse le abbia addirittura generate per coprire l'attacco".

Il trailer della pellicola “Innocence of Muslims” (Innocenza dei musulmani) è stato diffuso su Youtube da Morris Sadek, un egiziano di religione cristiana, che risiede negli Stati Uniti, conosciuto per le sue posizioni contro l'Islam.

Nel trailer di 14 minuti, Maometto è dipinto come un personaggio folle, imbroglione e donnaiolo che considera accettabili gli abusi sessuali sui bambini. Non mancano numerosi episodi in cui il profeta viene preso in giro. Sam Bacile, pseudonimo di Nakoul Basseley, sceneggiatore del film , cristiano copto d'origine egiziana, lavora come agente immobiliare in California, ha spiegato che a suo parere il suo film aiuterà Israele perché fa vedere al mondo le imperfezioni dell'Islam.

L'uomo vive nascosto da quando sono scoppiate le proteste. "L'Islam è un tumore, punto", ha ripetuto più volte durante l'intervista. "Il problema principale è che sono stato il primo ad aver presentato Maometto sullo schermo e questo li ha fatti impazzire. Ma dobbiamo aprire questa porta: dopo l'11 settembre tutti dovrebbero essere portati davanti a un giudice, perfino Gesù e Maometto". Il regista ha ammesso che non si aspettava una reazione così furiosa. Bacile ha spiegato che per il momento ha respinto le offerte di distribuzione del filmato: "Il mio piano è di produrre una serie di 200 ore".

Il film di due ore è costato 5 milioni di dollari ed è stato finanziato grazie ai contributi di oltre cento donatori ebrei. Offese che non sono passate inosservate e che hanno scatenato le reazioni dei gruppi radicali. Il film è stato prodotto nell'estate del 2011, con la partecipazione di 59 attori e 45 membri della troupe cinematografica. Finora è stato presentato per intero soltanto una volta in un cinema di Hollywood, rimasto quasi completamente vuoto.

Vale la libertà d'espressione quando questa comporta reazioni violente e causa vittime innocenti? Non c'è bisogno di essere pacifista per rispondere no! E non serve neanche lo scontro duro laddove le menti sono chiuse in un limbo arcaico di sentita religiosità.
È col confronto culturale rispettoso delle altrui visioni che, gradualmente, si può far breccia nelle menti.

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