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sabato 19 gennaio 2013

le ingenuità di Ingroia, sinonimo di buona politica

Ho seguito un po' la nuova trasmissione di Lucia Annunziata: “leader” e, a dire il vero, mi è sembrata un po' incasinata. A mio avviso, l'eccessivo permissivismo ha messo in crisi la conduttrice, mentre il furbo Sallusti, da navigato provocatore, ha tentato di giocare la carta del casinaro, ha agitato le acque per screditare Ingroia su un vizio di forma circa l'eleggibilità dell'ex magistrato nella città di Palermo e, a tratti, si è sfiorata la bagarre verbale.

Complessivamente, per quel poco che ho potuto vedere, lo spaccato televisivo ha messo in luce alcuni aspetti del movimento capeggiato da Antonio Ingroia e confermato l'assenza di amor proprio di alcuni soggetti che pur di fare il gioco del padrone hanno liberato cazzate a profusione.

Ingroia è stato chiaro e il suo impegno in politica può essere riassunto così: i partiti politici non sono affidabili! Non fanno una buona politica. E da magistrato l'ha costatato in prima persona specialmente nell'espletamento del suo incarico.
La sua formazione non è un nuovo partito politico ma una lista composta da persone della società impegnati in battaglie civili contro il malgoverno e le malversazioni degli organi dello Stato.
Tra queste Ilaria Cucchi, che ha lottato da sola contro la parte marcia della legge. Quella legge che tortura fino alla morte quanti cadono vittime della bieca violenza di poliziotti, carabinieri e secondini, coperti dall'omertà di alcuni pezzi operanti nelle strutture parallele al mondo carcerario.

Il movimento ha dimostrato una certa ingenuità, e i nemici ne hanno abusato nell'immediatezza. Nonostante la passione impiegata nell'impegno sociale di alcune battaglie dei presenti, ancora molti di loro non sono avvezzi alle strategie del confronto politico privo di fair play e all'attacco prevaricatore dei giornalai di parte. Ma i cittadini attenti che non ne possono più dei tatticismi politici hanno capito e apprezzato la buona fede di Ingroia e compagni.

domenica 30 dicembre 2012

Ingroia, un nome una garanzia

antonio Ingroia, scopre il suo simbolo politico
e da oggi terrà compagnia agli altri
La struttura del logo lascia intendere che la decisione di Ingroia non è cosa dell'ultimo minuto e per quanti vorrebbero uno Stato più attento alle questioni sociali denunciate e forse combattute dalla sinistra può risultare cosa gradita. Ma, a mio modesto avviso, anche Ingroia cade nell'errore autocelebrativo. E il logo lo conferma.
Tra la scritta inneggiante al cambiamento tanto sperato e atteso della sinistra che condensa su due righe l'auspicio per una “Rivoluzione Civile” e il negativo in rosso del “quarto stato” di Pellizza da Volpedo” capeggia a caratteri cubitali e in grassetto il cognome del magistrato. (e questo non gioca a suo favore).

Le sue parole sono nette:
"Da magistrato - dice Ingroia - non avrei mai creduto di dovermi ritrovare qui per continuare la mia battaglia per la giustizia e la legalità in un ruolo diverso. Quando giurai la mia fedeltà alla Costituzione pensavo di doverla servire solo nelle aule di giustizia. Ma non siamo in un paese normale e in una situazione normale - prosegue il magistrato palermitano - Siamo in una emergenza democratica. E allora, come ho detto, io ci sto! È venuto il momento della responsabilità politica. Alla società civile e alla buona politica dico grazie!, perché hanno fatto un passo avanti. Questa è la nostra rivoluzione, noi vogliamo la partecipazione dei cittadini.
Antonio Ingroia non si propone come salvatore della patria, ma di essere solo un esempio come tanti cittadini che si mettono in gioco e assumendo rischi".

La sua prima uscita politica ha occhi e parole anche per la sinistra storica:

«Bersani candida il collega Piero Grasso che nel maggio 2012 voleva dare un premio al governo Berlusconi per essersi distinto come governo che aveva più meriti nella lotta alla mafia. Il procuratore Grasso, che è lo stesso procuratore nazionale Antimafia diventato tale perché scelto da Silvio Berlusconi, in virtù di una legge che il governo Berlusconi approvò, con la quale venne escluso dal concorso Giancarlo Caselli, colpevole di aver fatto i processi per i rapporti tra mafia e politica»

«Siamo al fianco dei magistrati che hanno sollevato il conflitto di attribuzione sui provvedimenti del governo Monti sull'Ilva. Rivendichiamo la politica della passione e della coerenza che il Pd sembra aver smarrito. Siamo noi a rappresentare questa storia che Bersani non ha dimostrato di voler portare avanti. Lo abbiamo cercato, non certo perché abbiamo bisogno di lui, e abbiamo ricevuto risposte stravaganti. Evidentemente si sente il Padreterno, mentre Falcone e Borsellino mi rispondevano al primo squillo. Bersani non vuole una politica antimafia nuova e rivoluzionaria che sarebbe in grado di eliminare la criminalità. Il suo silenzio è inequivocabile, perché non vuole eliminare mafia e corruzione».

Staremo a vedere cosa succederà nei prossimi giorni, quando gli schieramenti saranno definitivamente strutturati con nomi e collegi e se i nomi sono reale espressione dei cittadini o se, come nelle puntate precedenti, sono nomi paracadutati dalle segreterie politiche e troveremo un veneto o un laziale a competere in Calabria, Sicilia o Basilicata.

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