domenica 20 dicembre 2009

Tesori di Calabria: sistema produttivo, prima e dopo l’unità d’Italia


Il 27 dicembre 1947, Enrico De Nicola, primo capo dello Stato Repubblicano firma la Costituzione.

Sono trascorsi 62 anni esatti da quello storico giorno. Gli Italiani, reduci da guerre e miserie votarono per l’abolizione della monarchia e proclamarono lo Stato Democratico sorretto dalla Carta Costituzionale redatta
con arguzia e lungimiranza da eminenti uomini che spesero le migliori energie giovanili affinché l’Italia e gli Italiani non rivivessero il dramma di quei tempi bui. Nonostante la povertà dei territori rovinati dalla guerra e dai saccheggi, gli Italiani accolsero con fervore il nuovo ciclo storico.

Alcuni emigrarono, altri rimasti nel sud continuarono a lavorare i campi mentre al nord ripartivano le grandi fabbriche. Le regie miniere del polo siderurgico di Mongiana, sulle serre calabresi care ai Borboni, chiuse da tempo, (1881) indussero i minatori a emigrare in Germania, Svizzera, America.

Nel 1806 la Calabria è dominata dai francesi e il ministero della guerra e della marina francese è proprietario del complesso siderurgico che ne migliora i forni fusori, disciplina lo sfruttamento boschivo e disloca nelle Vecchie ferrifere di Stilo in Piano della Chiesa il polo ferriero. Qui, nella fonderia Robinson, si costruiscono cannoni e fucili.

Migliorano i collegamenti stradali e le condizioni di lavoro, l’assistenza medica, la pensione e l’istruzione pubblica. 

Tutto sommato, il periodo francese è stato motivo di crescita culturale, sociale e sviluppo delle attività siderurgiche calabresi. 

Col governo Murat, s’intensifica la produzione nelle officine e il ferro è usato anche per costruzioni civili, come la tratta ferroviaria Napoli - Portici e i ponti, Real Ferdinando sul Garigliano e Cristina sul Calore. Nello stesso periodo la fonderia di Mongiana sforna ghisa di qualità pari a quella inglese nei tre altiforni di San Ferdinando, Santa Barbara e San Francesco.

Nel 1864, la commissione per le ferrifere vende gli stabilimenti e i boschi alla Società generale del credito mobiliare e al Banco nazionale nonostante l’analisi positiva sulle ricchezze dei giacimenti.
La siderurgia calabrese muore e quella del centro e del settentrione d’Italia decolla.

Dieci anni dopo, nel 1874, il governo italiano vende gli stabilimenti siderurgici calabresi all’ex garibaldino Achille Fazzari, poi parlamentare del nuovo regno.

Achille Fazzari tenta di riaprire le attività nel 1881 ma poi abbandona a causa dell’assenza di aiuti statali. Tuttavia, Fazzari si dedica alla Ferdinandea e migliora la produzione delle segherie e delle acque minerali servite da una piccola centrale idroelettrica.

A 66 anni di distanza dalla chiusura del polo siderurgico calabrese, che apportava prestigio e ricchezza al territorio, i superstiti della grande guerra sperano nella ricostruzione nazionale dello Stato di Diritto sancito dalla costituzione della Repubblica Italiana.
La ricchezza non manca e la volontà di produrre beni per la nascente società democratica è forte nei calabresi! Purtroppo le speranze sono state disattese e i calabresi costretti a migrare per sopravvivere.

Oggi la Repubblica Italiana ha compiuto sessantadue anni. Calabresi, Marocchini Africani… abitanti dei sud del mondo, sperano che venga abolito il linguaggio e le azioni del politichese di cui si sono appropriati gli arrampicatori sociali che affossano e uccidono i proponimenti dei Padri Costituzionalisti.

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