domenica 14 marzo 2021

Una favola d'altri tempi?

Carte e inchiostro ne ho a volontà. Quindi, avanti!

Oggi m'è presa così. Mi va di disegnare. Abbozzare qualcosa di familiare. Qualcosa che fa parte del vissuto storico di quanti, come me, hanno fatto il salto epocale e dalla campagna o dal paesino rurale sono andati a vivere in città.

Dedico questi minuti di gioco creativo alla rivisitazione romanzata del tempo che fu corredando la scrittura con alcuni bozzetti degli animali domestici del quotidiano familiare che ancora è possibile vedere nelle campagne ai margini degli agglomerati urbani in Calabria.


Ricordo, anche se molto piccolo, la cantina -katojo in calabrese-, dalle molteplici funzioni, che, all'occorrenza, fungeva da legnaia e ripostiglio per alcune provviste stagionali ma era anche rifugio invernale dei fedeli compagni di lavoro nei campi: il mulo, l'asino, qualche capretta che riforniva di latte caldo la famiglia; le galline ovaiole. E c'era anche chi si era industriato nell'allevamento olicicolo, ovvero, nell'allevare lumache a chilometro zero, come diremmo oggi. 

Odori pungenti, aspri, quindi, ma non tanto sgradevoli, perché manca il termine di paragone. È il profumo naturale del luogo; simile all'abitudine olfattiva del casaro che lavora  il latte e cura la stagionatura dei formaggi o il pastore che governa le greggi. O chi insacca lo stallatico per concimare i campi e fare proliferare i raccolti biologici.

Ricordo chiaramente che gli effluvi dei miasmi inondavano i vicoletti e si mescolavano all'odore del mosto e del pane appena sfornato; del fieno nelle mangiatoie e degli escrementi comprese quelle dell'uomo. E sì non sempre c'era l'impianto fognario, la maggior parte delle abitazioni erano corredate di pozzo nero. E anche l'acqua corrente in casa era un lusso che non tutti si potevano permettere. E  avere un bagno tra le mura domestiche arredato con tazza, bidet e lavabo era un miraggio. 

All'epoca dei fatti le donne caricavano le ceste coi panni sporchi e si recavano al lavatoio comunale oppure al fiume. E indovinate un po' quale detersivo usavano?

Ovviamente non c'erano tutti i prodotti che la pubblicità ci suggerisce oggi per la cura della casa e della persona. All'epoca le massaie lavavano panni, piatti e persino i bambini e loro stesse con un bel pezzo di sapone fatto in casa. 

Il sapone era di colore grigio e aveva la consistenza di un pezzo di terra morbida tagliata col coltello, un pezzo d'argilla oleoso prodotto del grasso di maiale e degli avanzi dell'olio bolliti. A questo aggiungevano la “lissja” ovvero una poltiglia fatta con la cenere del focolare. Tutto al naturale!

Comunque, il fumo della legna che bruciava e riscaldava gli ambienti, igienizzava batteri e mitigava il fetore dei bassi quando la vita familiare si trascorreva ai piani inferiori mentre nei piani alti non si avvertiva nessun odore sgradevole.

La cruda descrizione del tempo passato lascia un po' perplessi. M non è degrado anche se oggi la definiremmo tale perché si presenta simile a certe atmosfere maleodoranti e degradate di una qualsiasi baraccopoli venuta su senza un minimo di criterio urbanistico, con fogne a cielo aperto, fuochi improvvisati e cumuli di spazzatura sparse ovunque.

Insomma, se dimentichiamo il tempo storico in cui è ambientato il racconto, verosimilmente potrebbe essere la trasposizione plastica contemporanea di una realtà degradata vista in tv.

 Quando gli emarginati non ce la fanno più e reagiscono in malo modo al sistema imposto dai caporali e fanno notizia. Immigrati regolari o peggio clandestini impauriti e sottomessi. Persone senza tutele che mettono a ferro e fuoco le loro misere baracche. 

Gente ai margini. Donne, bambini e uomini che vivono nelle periferie degradate per necessità.

Per noi non era così. Era casa nostra!

Case costruite secondo i criteri del tempo. Coi muri divisori interni tirati su con canne e paglia rivestite d'argilla e calce; prodotti naturali e ottimi coibentanti, altro che i moderni pannelli in cartongesso.

Era il nostro mondo. Ci si faceva l'abitudine per forza di cose. E poi, il sapore del latte caldo appena munto, il calore del contatto umano, lo scorrere del tempo lento scandito dalle stagioni, il sapore dell'orto, i profumi della campagna. Definirla un'esperienza indimenticabile può sembrare riduttivo.

Cose d'altri tempi!

Tempi di grama ma sempre preferibili a quanto di pseudobuono abbiamo incontrato lungo la strada.

Il progresso ha un prezzo. Amaro e ostico specie se imposto.

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