Donazione, baratto, profitto?
Raccolta indumenti usati.
La scritta compare tra i disegni che li illustrano e gli altri indirizzi a cui fa capo il cassonetto della raccolta. Onlus. C’è scritto. Che tradotto significa: opera benefica. Quindi si presuppone una certa dignità anche in chi deposita vestiti, borse, scarpe e anche oggetti utili alla prima infanzia quali passeggini porta enfant e quant’altro. Anche giocattoli e libri. Onlus: organizzazione senza scopo di lucro di utilità sociale…
Nei fatti è una discarica.
Un centro di raccolta differenziata inutile a chiunque abbia
bisogno della merce depositata, pulita e stirata perché lasciata all’incuria
delle persone e alle avverse condizioni atmosferiche. Le buste, ben sigillate
all’inizio, sono lacerate da animali a 4 e 2 zampe. Una famiglia che
solitamente cerca l’elemosina davanti ai supermercati cerca tra gli indumenti.
La mamma apre i capi e valuta se possono essere buoni per coprire i figli e lei
stessa. E alla fine lascia tutto sparpagliato e va via. La boutique non ha
quello che lei cerca! Intanto, inutile sottolinearlo, ma lo faccio comunque
perché necessario, le persone veramente bisognose che magari aspettano di
vestirsi con i panni offerti dai cittadini e raccolte dalle organizzazioni
benefiche rimangono senza. I vestiti sporcati dalle intemperie e dal piscio
degli animali randagi rimangono all’addiaccio. Incustoditi a sporcare le strade
divenendo un pericolo anche per la viabilità delle persone e delle macchine.
Affianco agli armadi di recupero degli indumenti ci sono
anche i bidoni della raccolta dell’olio usato. Larghe chiazze maleodoranti
lasciano intendere che qualcosa non funziona anche in questo tipo di riciclo.
Le intenzioni, all’inizio, sono tutte buone e degne di
encomi salvo, poi, riconsiderare i reali effetti benefici della intera filiera che,
tralasciando le intenzioni dei benefattori, diventano un problema al valore
aggiunto iniziale.
Lo straccivendolo d’antica memoria è tutta un’altra storia.
Passava col suo carretto. Sostava nei rioni e lanciava il
suo segnale. Una voce accompagnata da rumore di uno strumento improvvisato o
dallo scampanellio di un campanaccio solitamente attaccato al collo degli
animali al pascolo. E barattava i capi in disuso con degli oggetti semplici:
pettini e pettinini, fermacapelli, imbuti, spillette da balia. Allo
straccivendolo interessavano anche i capelli delle signore e le trecce avevano
un valore enorme: erano pagate in lire! Le persone informate dicevano che i
capelli servivano per le bambole altri per le parrucche ma dovevano essere di
prima qualità.
Donazione, baratto, o profitto?
Difficile dirlo. Di certo, possiamo affermare che, gli umani
si muovono solo se hanno un tornaconto. E il compenso non è necessariamente
economico. Alcuni sono mossi da forze interne. Da situazioni intime
inspiegabili. Lo fanno e basta! Senza pensare alle conseguenze. Intanto io
faccio poi si vedrà.
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