La bugia del Natale

 

"la bu(ma)gia del Natale" by m.iannino

Le piazze social sono stracariche di post. Nella maggior parte dei casi c'è poco da leggere e molto da osservare. Le foto caricate nei vari account mostrano momenti importanti per chi le ha postate: piatti tipici delle festività che rimandano alle tradizioni locali, quindi zeppole fritte, zampone, capitoni, agnello o capretto etc. etc. E poi ci sono le inquadrature su presepi e alberi nelle forme più disparate.

Verrebbe da dire: sono lontani i tempi in cui il caldo odore di fritto che dalle cucine invadeva le case e le strade dei rioni lasciava intendere l'atmosfera che si respirava nelle case. S'intuiva, camminando nei pressi delle abitazioni, il menù completo che non differiva di tanto dagli altri. Alla vigilia di Natale si impastava la farina per i frittini. La pastella, fatta con farina di grano e patate bollite passate serviva per le frittelle farcite con alici, tonno ma anche vuote. I fritti servivano a tappare il buco di mezzogiorno che, accompagnati da un buon rosso, aiutavano ad arrivare al cenone serale.

C'era fermento nelle case! Le donne, indaffarate in cucina e impegnate ad incartare regali, tenevano a bada i componenti della famiglia. Non soltanto i piccoli ma, principalmente i grandi che tentavano di spiluccare di contrabbando le leccornie riposte sul tavolo della sala da pranzo.

E poi c'era il rituale della ss. Messa a cui la famiglia partecipava compatta.

Le feste di Natale erano appuntamenti sentiti.

Era, tutto l'arco delle festività che andava dal giorno di Natale all'Epifania, un'opportunità attesa indistintamente da tutti. Gli adulti preparavano meticolosamente i pranzi in ossequio alla tradizione con ampio anticipo. Facevano il giro delle botteghe per acquisire i prodotti del “salaturo” vale a dire, gli ortaggi in salamoia, il baccalà, le lenticchie, le alici o le sarde salate da condire al piatto con abbondante peperoncino e aglio. La frutta secca era e rimane un altro alimento folkloristico sulle tavole dei calabresi: arachidi, noci, nocciuole e fichi secchi tagliati e farciti con noci.

Il presepe era un'attività che teneva occupata tutta la famiglia a iniziare da Novembre ma i più perfezionisti incominciavano anche prima, per non dire che alcuni neanche lo smontavano da anno in anno. Qualcuno dedicava una stanza al presepe. E le nenie; i canti di Natale, le prove del coro in chiesa, l'odore inconfondibile della cera calda delle candele accese devotamente ai piedi del Santo Protettore.

Si respirava aria di sacralità.

Un'intima sacralità familiare dal sapore particolare che proiettava gli uni verso gli altri.

Le feste coniugavano opportunità sociale e intime necessità nei singoli di stare insieme.

Assaporare nell'intimità delle case gli affetti. Consumarli voracemente assieme agli alimenti inconsueti per le tavole di tutti i giorni, vuoi perché fuori commercio e quindi introvabili sia per i modelli sociali forgiati dai momenti storici.

Il consumismo era in agguato!

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