La volontà spinge l’uomo all’azione e nel suo fare sviluppa teorie, pratiche di vita, giochi, mestieri, arti e saperi.
Nelle attività ludiche sono raggruppate le azioni che soddisfano la sfera delle gratificazioni personali.
Nei mestieri il lato pratico della vita e nelle arti la sublimazione dell’intelletto, mentre nei saperi è racchiusa la storia del cammino tecnico, scientifico e culturale dei popoli.
Le acquisizioni cognitive teoriche e pratiche, qualora non supportate da basi morali solide, in determinate situazioni ambientali suggeriscono le possibilità manipolatorie intellettuali degli eventi. Un esempio poco accattivante lo dà l’azione politica dei soggetti protesi a imporre il proprio pensiero a prescindere della bontà dei risultati prodotti dall’imposizione totalitaria.
Anche la sfera emotiva o ludica può essere contaminata dalle sovrastrutture intellettuali attive nelle comunità in cui si sviluppa l’azione; lo capiscono bene i tifosi che pur di non perdere uno “scontro” studiano strategie moleste, del tipo: come accecare l’avversario con i raggi laser o innervosirlo con inni razzisti. Anche i giornalisti sportivi non scherzano: ascoltare una cronaca di un incontro, specie di un derby qualsiasi, per i termini usati, equivale allo scontro fisico cui erano avvezze le società tribali di qualche secolo addietro.
Questo breve ma esauriente excursus introduce a comprendere come le manipolazioni intellettuali operate nei linguaggi da determinati soggetti, che vertono comunque sulla conoscenza o l’ignoranza delle masse, possono avvalorare o sovvertire tesi.
Un altro dato immediatamente visibile è rappresentato dalla volontà espressiva operata da soggetti culturalmente eterogenei.
La disuguaglianza espressiva, ravvisata in un campione di persone dello stesso contesto sociale, chiamato a esporre concetti grafici o pittorici, è condizionata dalla contaminazione dei saperi comuni, indistintamente, tra coetanei, siano essi adulti, giovani, ragazzi delle scuole primarie o secondarie e, principalmente, dell’infanzia. In effetti, un bambino di 5 anni intento a giocare con pennelli e colori, non si preoccupa della forma ma è attratto dalla traccia che lascia sul foglio. I colori cambiano; seguono i suggerimenti verbali del bambino. La distesa verde si trasforma nella totale libertà d’azione e formale: da prato verde diventa nera strada affollata di macchine ma è troppo nera! Aggiunge del bianco poi giallo e spunta un fungo che si trasforma in albero. E il gioco continua. Ecco il fare giocoso di Antonio, un bimbo di cinque anni e mezzo che mostra soddisfatto!
Il gioco pittorico di Miriam è più esplicito dal punto di vista decorativo. Lei è una bambina di quasi nove anni. Frequenta la scuola elementare. Ha acquisito conoscenze istituzionali e, pur mantenendo la spontaneità connaturata all’età, sviluppa figurazioni complesse e tangibili visivamente in armonia ai saperi ricevuti dall’ambiente in cui vive. Entrambi, Antonio e Miriam, associano il gesto pittorico al gioco. Questo è il dato importante di tutta l’operazione gestuale pittorica. La pittura, quindi, come atto ludico-associativo, momento d’incontro e crescita interiore.
Mario Iannino
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