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lunedì 10 settembre 2012

Sulcis, un giorno amaro per i lavoratori

Roma, momenti di tensione durante la manifestazione
dei lavoratori Sulcis.
Una classe politica che non riesce a creare lavoro e non sa mantenere quello esistente è una classe di uomini e donne da estromettere nell'immediatezza.

Un uomo che guida un partito e che per avere visibilità parla delle imminenti elezioni tirando per la giacchetta Monti è un fanfarone non all'altezza del ruolo che ricopre.

Quanti additano gli esasperati, i nuovi poveri, i senza lavoro, i cassintegrati di populismo e antipolitica e non fanno nulla per ripristinare il confronto dialettico sono dei demagoghi pericolosi.

Non si può più parlare di Europa e dei paesi dell'eurozona continuando a nascondere il morbo della povertà che sta assediando intere aree geografiche.
Sardegna. Calabria. L'intero sud è allo stremo. Lo dimostrano gl'innumerevoli cartelli “vendesi” affissi ogni dove, ma anche il calo delle vendite delle auto, dei beni di secondaria necessità che facevano mercato e sostenevano l'economia, i supermercati semivuoti, le strade e i negozi deserti.

Insomma, con uno scenario apocalittico degno del miglior film di fanatascienza sulla fine della civiltà i nostri politici che fanno?
Si struggono per cercare alternative? Creano o propongono cooperative o associazionismi di vario genere tra le maestranze delle miniere sarde per allungare la vita delle fabbriche e mantenere il lavoro?
No! loro sperano in qualche imprenditore straniero e mentre aspettano il furbo avventuriero (le fabbriche appena fallite o chiuse o delocalizzate dopo avere preso i soldi dello Stato italiano lo testimoniano) non sanno fare altro che sparare contro Grillo e i disperati che non riescono a campare, crescere i figli e mantenere la dignità nel e col lavoro.

Fa rabbia vedere lavoratori coi capelli bianchi piangere mentre loro, i politici di lungo corso, continuano a farneticare. È giunto il momento di licenziare loro, i politici che non hanno saputo amministrare la democrazia, la cultura dello sviluppo del lavoro e, di contro, sono bravissimi nel dire cazzate, mettere cordoni di poliziotti  a loro difesa e lasciare morire l'ultima speranza dei lavoratori.

mercoledì 29 agosto 2012

Sulcis, il governo dimostri rispetto per il lavoro

La solidarietà di Napolitano non basta.


Jglesias, Sulcis, chi mai avrebbe immaginato che a distanza di qualche anno questi luoghi sarebbero saltati di bocca in bocca a causa di chi sta in miniera?
Si sa la crisi ha toccato tutti ma laddove le opportunità di lavoro hanno solo ed esclusivamente un luogo, anche se duro come la miniera e nient'altro, se si toglie il turismo, allora si capisce il gesto drammatico di quel minatore che si è tagliato le vene e le parole dette più in là, davanti alla “santa barbara”, dove i minatori conservano gli esplosivi: “non fateci fare i pazzi, non vogliamo commettere sciocchezze irreparabili”.
La minaccia non è poi tanto velata visto che buona parte degli esplosivi, oltre 690kg, sono stati nascosti altrove per prevenire sorprese da parte delle forze dell'ordine.
È gente esasperata che non ha altro che la miniera per campare, mandare i figli a scuola, all'università che poi fanno immancabilmente ritorno nella miniera e prendere il posto dei padri e dei nonni.
E tra questi ci sono quattro donne con mansioni diverse, c'è l'ingegnere e l'analista affianco ai minatori che difendono un lavoro duro ma che dà da mangiare.
Lavorare in miniera significa non vedere la luce del sole; non sapere se fuori piove o se scoppia una guerra. Stare in miniera porta lontano dalle beghe dello spread ma poi è lo spread a ricordarsi dei lavoratori mettendoli fuori gioco per tutelare gli affari dei banchieri le loro scalate e i guadagni.
La vita non ha valore per i signori dello spread. I minatori sardi lo sanno bene. i minatori sono andati a dire la loro situazione e esporre la validità dei progetti a tutela dell'ambiente anche a Monte Citorio, ma niente è cambiato. Il governo, la politica non ha dato risposte credibili. e i lavoratori della Sulcis hanno scandito la loro rabbia battendo i caschi sulla piazza del Parlamento e i parlamentari si nascondevano, entravano e uscivano dalle porte secondarie, quelle che non imboccano mai perché là dietro i giornalisti non sono ammessi per questioni di sicurezza.
L'Italia sta piangendo lacrime di sangue. Gli italiani sono delusi e traditi dalla politica. Per questi e altri motivi i minatori non credono più a niente. Oggi uno di loro si è tagliato le vene, ha fatto autolesionismo e domani? Cosa potrà accadere?
Altro che Strasburgo, Vaticano e diritto alla vita! Non sono questi i temi caldi del momento che premono agli italiani. Qua non si tratta d'inseminazione artificiale, di embrioni e etica. Qua si tratta di vite compiute, usurate a spalare alluminio e carbone, sotterrare ceneri e misurare gas a quattrocento metri sotto terra per dare dignità a chi non la merita. Magari agli stessi che hanno provocato la vergogna della Diaz di Torino e tentato d'insabbiare i misfatti, gli ordini di pestaggio punitivo e esemplare. Forse, anche per questi fatti regressi, i minatori si sono premuniti nascondendo in un punto indefinito un certo quantitativo di esplosivo.

tra le Pussy riot e chi lavora in miniera scelgo...

aore12
Ormai fa notizia solo l'azione estrema. L'azione che, pur facendo parte della vita, se fatta in contesti estremi diventa “provocazione” destabilizzante che colpisce le coscienze e la morale comune.

Alcuni, come documentano le cronache degli ultimi giorni, usano il corpo per fare l'amore, anzi sesso davanti ai giornalisti; altri, spinti dalla disperazione, si chiudono nelle celle di carceri dismessi o occupano le miniere per salvaguardare il lavoro e la propria dignità.
Ma, dicevamo, la notizia corre solo se è estrema.

Quindi assistiamo impotenti a sedicenti gruppi punk che, stando ai critici non sono un granché come band e si votano alla politica e chiedono alla Madonna di cacciare Putin in tutte le salse.

La salsa migliore, per loro, è stata l'ultima, in ordine di tempo. Quella che li ha visti impegnate in una manifestazione nella Cattedrale di Mosca, con condanna per teppismo motivato da odio religioso. Parlo delle pussy riot che dopo l'orgia contro Medvev e l'ultima trovata pubblicitaria vedono salire l'interesse effimero dei media e quindi iniziano gli affari e diventare un marchio. Come ha annunciato Mark Feigin, avvocato delle tre musiciste in carcere. Il legale ha precisato che l'iter di registrazione del marchio è stato avviato lo scorso aprile per evitare l'uso del nome del gruppo in varie azioni e progetti. Le componenti della band si aspettano di ricevere i documenti di registrazione nei prossimi mesi. Per ora, a Mosca circolano solo magliette ispirate al movimento anti Putin ma viste le performance tutte le strade sono aperte.

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