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domenica 13 dicembre 2020

Pandemia: aggettivi adeguati e solidarietà

Inizia la guerra dei vaccini.

Guerra! È una parola fuorviante ma che sentiamo troppo spesso nel linguaggio corrente di giornalisti e politici mentre lanciano i proclami in tv.

È una parola che non piace a Gino Strada e lo dice chiaramente a Lucia Annunziata nella trasmissione “in ½ ora”.

Non piace neanche a me. Ma io sono nessuno e non ho l'autorità e la potenza mediatica di Gino Strada.

Non piace neanche la definizione: “battaglia al virus” e neanche “guerra al virus” a chi ha visto davvero i devastanti effetti della guerra e le battaglie delle persone che per sopravvivere alla fame, alla siccità, alla carestia e ai soprusi sono costretti ad ingaggiare.



La pandemia è un monito!

Un monito contro chi ha anteposto gli affari privati al bene comune. Alla politica degli orticelli dei privilegiati. E pare che in questione di vaccini non si è molto lontani dagli affari. C'è una gara in atto! Chi arriva prima è premiato dalle borse. E la linea dei profitti balza in avanti tra i giocatori. Le offerte impennano e le azioni prendono il volo.

Le industrie farmaceutiche hanno necessità di fondi per portare avanti le ricerche. È giusto tutto ciò?

È umano. L'importante che si faccia con onestà intellettuale e con lo sguardo volto al bene comune. Con la volontà di favorire davvero l'immunità di gregge. E per fare questo si deve vaccinare almeno il 60, 70% della popolazione mondiale.

In Africa manca il pane quotidiano e i farmaci essenziali, da banco, come li definiamo noi, figuriamoci se le popolazioni del continente più povero e sfruttato della terra saranno interessate a questa ondata massiccia di vaccinazioni proclamata dalle potenze economiche. Eppure dovrebbe interessarci! Perché il virus lo debelli solo con l'immunità di gregge. Non bastano le parole tese a tranquillizzare i cittadini europei o americani.

È necessario un po' di buon senso. Si deve portare il vaccino e somministrarlo ai meno abbienti in Africa e nei posti ad alta densità dove il sovraffollamento è una maledizione e la gente soffre l'inferno in terra per povertà e indigenza.  

sabato 28 febbraio 2015

Sanità, Calabria chiama Renzi

SANITÀ: CHE CASINO!


A memoria d'uomo è la prima volta che vediamo scendere in piazza medici e personale sanitario per gridare rivendicazioni sacrosante alla classe politica.

Una buona fetta di manifestanti è schierata con il presidente Mario Oliverio. Chiedono con fermezza che venga affidata a lui la gestione commissariale della sanità.

Già, il commissariamento del comparto sanità in Calabria è in atto da divesre legislature ed è sempre stato affidato al presidente della regione salvo negli ultimi mesi quando la Lorenzin, ministro della salute del governo di Matteo Renzi, mandò l'ex generale della finanza in pensione Pezzi.

Inutile addentrarsi nelle questioni politiche, anche perché verrebbe da dire: e Renzi?, dov'è il suo decisionismo? Perché non impone al ministro di darsi una mossa e scendere in Calabria come ha fatto in campagna elettorale? O più semplicemente perché, visto che è nelle sue prerogative, non conferisce l'incarico a Mario Oliverio?

Cosa c'è dietro il “pacchetto”salute in realtà? Cosa si nasconde agli occhi di noi comuni cittadini?

Intanto la sanità è allo sbando e non esercita il ruolo sociale che le è proprio. Attorno la questione sanità gli animi si accendono. C'è chi imputa a “Tonineddhu Gentili”, affettuosamente così evocato in gergo reggino da un signore in una tivvù locale, la colpa del casino che si è sviluppato. Secondo il signore in questione è Gentile, il senatore, a pressare sulla Lorenzin perché vuole un suo uomo o donna nella funzione di commissario pur essendo. L'NcD, perdente di brutto all'ultima tornata elettorale.
D'altronde i casi di mala gestione sono stati documentati dalla Corte dei Conti e dagli organi di Governo. Tra tutte le assurdità basti ricordare il nuovo centro per il cuore di Reggio Calabria, costruito e assemblato con macchinari all'avanguardia ma, inutilizzabile per mancanza di personale.

 esempio di apparati inutilizzabili per mancanza di personale
 ai riuniti di reggio calabria 

martedì 13 aprile 2010

Emergency, chi ha interesse a eliminare l'ospedale in Afghanistan?


Emergency fa paura a qualcuno:

in Afghanistan non sono presenti giornalisti e quello che sta accadendo nella provincia dell’Helmand è documentato solo nei registri dell’ospedale di Emergency.
"I nostri registri parlano in modo inequivocabile, dichiara Gino Strada: il 34% dei feriti dai bombardamenti sono bambini sotto i 14 anni".
"Noi siamo medici e infermieri, non siamo dalla parte di nessuno".
"Noi siamo tra i più duri contro il terrorismo, contro qualsiasi forma di terrorismo, compreso quella forma di terrorismo di massa che si definisce con altre parole come "guerra". Posso tranquillizzare il ministro Frattini - ha concluso il chirurgo - che i tre non hanno nulla a che fare con questa storia".
"Qualcuno ha infilato le armi nel nostro ospedale di Lashkar-gah, ma certamente non i nostri internazionali" arrestati dalle autorità afghane.
"Nessuna accusa formale è stata ancora formulata" contro i tre cooperanti italiani di Emergency ha ribadito Strada sottolineando che per i tre ancora non è stato nominato un avvocato difensore.
Alla luce dei fatti, Emergency si mobilita per chiedere la liberazione dei tre operatori italiani arrestati sabato in Afghanistan con l'accusa di aver partecipato a un complotto per uccidere il governatore della provincia di Helmand, Goulab Mangal.
questi i fatti finora riscontrati che inducono Maso Notarianni e non solo di affermare che si possa parlare a tutti gli effetti di sequestro, dal momento che i tempi di un fermo legale sono scaduti. Infatti, sono trascorse le 72 ore di fermo senza che vi sia stato un fermo restrittivo o qualsiasi altra comunicazione e non ci risultano notifiche a nessuna procura afgana.
Secondo Notarianni, è lecito esigere la liberazione del personale di Emergency, perciò chiede formalmente al governo italiano disi attivarsi.

Emergency, dal canto suo, si sta preparando per una mobilitazione nazionale per sabato prossimo a Roma.

"Il nostro appello sul sito sta riscuotendo un successo clamoroso, da ieri sera continuiamo a registrare oltre 1.500 accessi contemporanei ogni minuto". annuncia Notarianni.

E, Cecilia Strada, presidente di Emergency ha dichiarato:
"Spero in una svolta rapida delle indagini, noi di Emergency chiediamo il rispetto della legge e della Costituzione da parte delle autorità afghane".

Mentre, per il ministro Frattini, le accuse di Emergency, che parla di sequestro dei suoi volontari, "hanno il sapore di una polemica politica. Sono frasi che non aiutano innanzitutto i nostri connazionali. Se cominciamo a parlare di sequestro trasformiamo in una vicenda politica quella che è una investigazione alle prime battute, che vogliamo seguire garantendo i pieni diritti dei nostri connazionali".

Cauto invece il governo afghano che ha smentito le indiscrezioni apparse sul 'Times' relative a una presunta confessione dei tre operatori. "I tre uomini sono stati arrestati nel corso di un'operazione congiunta" ha detto il portavoce del ministero dell'Interno Zamarai Bashary ad aki adnkronos international, limitandosi a sottolineare che "adesso sono in corso gli interrogatori. Stiamo cercando di capire come queste armi siano arrivate lì''.

Dal canto suo il ministro degli Esteri ha sottolineato: "Mi sembra che ci sia stata una notizia erronea data da un giornale e non una marcia indietro degli afghani. Gli afghani hanno detto di non aver mai collegato gli italiani ai terroristi". "C'è un giornale - ha aggiunto il ministro da Tirana - che lo aveva dato per scontato; si tratta di un caso di cattiva informazione resa all'intero mondo."
Intanto, il portavoce del governatorato di Helmand, Daoud Ahmadi, in un'intervista ad Aki, ribadisce che "pistole, giubotti esplosivi, radio e altro equipaggiamento sono stati trovati in un magazzino dell'ospedale di Emergency supervisionato indirettamente dagli italiani".
Sabato, riferendo dell'arresto dei nove, era stato lo stesso Ahmadi ad accennare a sospetti "contatti" tra il gruppo e "la leadership dei Talebani", da cui i tre italiani e i sei afghani coinvolti, aveva precisato, sono sospettati di aver ricevuto 500mila dollari.

E' stata invece smentita, dai diretti interessati, l'ipotesi che i tre operatori abbiano legami con i talebani. "Perché mai dovremmo pagare 500mila dollari a un 'farangi' (straniero) quando abbiamo centinaia di persone pronte per il 'fidayin' (attacco suicida)?", si è chiesto Abdul Khaliq Akhund, comandante talebano locale, in un'intervista telefonica. Akhund proviene dal distretto di Nawzad, nell'Helmand, ed è stato comandante dei talebani nei distretti di Nawzad e Musa Qala.
"Sull'ospedale di Emergency non abbiamo alcuna opinione, né positiva né negativa - ha affermato - Ci sono molte organizzazioni che lavorano sul posto, a prescindere dall'agenda delle forze di occupazione. La Croce Rossa e l'ospedale di Emergency sono solo alcune di queste", ha sottolineato il comandante Akhund, precisando che "i talebani rispettano il loro lavoro". "Il comandante dei credenti, il mullah Omar, apprezza il lavoro della Croce Rossa. Questo significa forse che i talebani sono in collusione con la Croce Rossa?", ha aggiunto Akhund.

Sulla vicenda al momento nessuna iniziativa è stata presa dalla Procura di Roma . La questione è all'esame del procuratore aggiunto Pietro Saviotti che dirige il pool antiterrorismo della capitale il quale si è incontrato oggi con i carabinieri del Ros per fare un primo punto della situazione.
L'ufficio del pubblico ministero della capitale è pronto ad aprire un fascicolo nel caso che le accuse mosse ai tre fermati risultino fondate o, come afferma Gino Strada, si tratti di una operazione di guerra preventiva.

domenica 11 aprile 2010

Gino Strada: avventuriero di pace in Afghanistan


Quando c’è in gioco la libertà personale di operatori umanitari che spendono le energie per aiutare ammalati e vittime delle guerre, quantomeno ci si aspetta piena solidarietà da parte dei rappresentanti di governo piuttosto che esternazioni politiche dettate dall’appartenenza governativa dei ministri. Gli schieramenti e i colori politici devono annullarsi e annullare partigianità e giudizi faziosi. Turba l’esternazione riportata dai media del sottosegretario agli esteri italiano Alfredo Mantica come risposta all’arresto dei tre medici italiani di Emergency in Afghanistan che testualmente ha detto:

"deve far riflettere Gino Strada e la sua organizzazione, che forse da umanitario fa un po' troppa politica". "Il governo italiano deve accertare la verità'", "mi auguro che la verità dia ragione a Gino Strada, ma ho delle perplessità".

Dal canto suo, Gino Strada, fondatore di Emergency ha detto: è iniziata una guerra preventiva per togliere di mezzo un testimone scomodo. I nostri medici sono stati rapiti dalla polizia del governo Karzai. Governo difeso dalla coalizione internazionale della quale fa parte anche l'Italia. Si tratta di un'aggressione grottesca e ingiustificata che non trova una spiegazione - ha ribadito Strada - Le accuse mosse al nostro personale sono approssimative e grottesche.
E, ancora, ha spiegato Strada durante una conferenza a Milano: è scattata una guerra ad un ospedale. La cosa non mi sorprende perché la logica della guerra è diversa dalla nostra. Nella guerra un ospedale è qualche cosa di strano e di anomalo perché cura e cerca di salvare le vite invece di distruggerle.
Gino Strada ha testimoniato che in Afghanistan sono state eseguite in questi anni 60 mila visite ambulatoriali e ci sono stati 10 mila ricoveri.
''Abbiamo curato feriti grazie al rispetto delle convenzioni internazionali. Fino a poco tempo fa i trattati venivano rispettati. Oggi tutto questo non è possibile. Dopo i bombardamenti non e' stato neppure possibile aprire un corridoio umanitario''.

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