Martedì 1° settembre 2020
Save the date!
SALA DEI CONCERTI C/O COMUNE DI CATANZARO ORE 17.00
Martedì 1° settembre 2020
Save the date!
Siamo alle solite. Il gioco delle parti non finisce mai. Da una parte difendono le ragioni del no spiegando anche il conseguenziale risparmio economico e dall'altra lo minimizzano paragonandolo ad un caffè al giorno.
Dall'una e dall'altra parte assistiamo ad una pochezza di pensiero (nihil, direbbe qualcuno) assoluto!
I promotori sperano o forse sono convinti che col taglio dei parlamentari alcune lungaggini verrebbero meno; ci sarebbero meno commissioni e meno privilegi di parrocchia da salvare.
Quelli del no gridano allo scandalo! Verrebbe così dimezzata la democrazia e la rappresentanza in parlamento e al senato delle regioni a bassa densità di residenti. E qui viene spontanea la domanda: perché fino ad ora le regioni marginali e per regioni marginali intendo quelle come la Calabria che non hanno un pil degno di nota a livello nazionale sono state tutelate?
Senza farla troppo lunga: anche quando le intenzioni sono buone se non vi è una nuova visione della politica e del servizio che questa deve al Paese tutto cambia senza che nulla cambi.
I partiti continueranno a nominare i propri servi sciocchi ma non tanto. E qui mi si taccerà di “populista” qualunquista.
Parole entrate con denigrazione nel lessico politichese, disattendendo le vere origini che hanno portato i cittadini a guardare al politico non come espressione dell'elettorato consapevole dell'importanza democratica affidatagli ma all'affarista (salvo rari casi) che vede nell'incarico politico il potere.
In sintesi la vera riforma da attuare è quella culturale. E siccome per il momento è utopia allora si dovrebbero gettare le pietre miliari per una rappresentanza vera delle minoranze sparse sul territorio italiano impedendo ai governicchi che si susseguono di apportare modifiche con assurdi sbarramenti percentuali e opportunistiche trasmigrazioni.
Le considerazioni da fare sarebbero lunghe e articolate, cosa impossibile da buttare su una pagina del blog.
L'analisi che dovremmo fare tutti è semplice:
a) serve delegare in ogni ordine e grado sociale persone che sono espressione di partiti e clan vari senza una adeguata e attenta presenza dei deleganti?
b) davvero la democrazia è in pericolo se si riducono i numeri degli onorevoli?
Beh, allo stato dei fatti e visto l'enorme pressapochismo dei rappresentati istituzionali che ci rappresentano nei vari gradi e uffici preposti dalla e per la democrazia, la risposta sarebbe univoca e assoluta. Ma voglio spezzare ancora una lancia nei confronti dei “rappresentanti” per rispetto dei ministeri in cui siedono e per rispetto della democrazia.
Non guardo nei loro cv per sapere se hanno lauree o onorificenze, queste possono essere regalate e comprate.
Non pretendo da loro freddi calcoli per risanare conti pubblici e casse previdenziali, anzi li escludo categoricamente!
Gradirei, piuttosto, che avessero un cuore collegato al cervello, che dicessero meno cazzate per accalappiare cani randagi del pensiero utilitaristico personale.
Vorrei non vedere più gente di merda che urla contro l'altro additandolo come il nemico e la peste sociale da debellare.
Mi farebbe piacere vedere un'assise di persone per bene che prima di badare alla propria pancia vedesse i bisogni degli altri. E non cercare sempre uno capro espiatorio per giustificare le proprie meschinità anche davanti all'inqualificabile azione arraffatrice di fondi pubblici destinati al welfare.
Raramente lo faccio.
Scorro la pagina e vedo un post. Per l'esattezza una foto in cui sono ritratte persone a me note e care e tra loro una figura che ricordo con affetto: il mio compare Girò, il cui vero nome era Vincenzo Barbieri di Torre di Ruggiero ma tutti chiamavano “compare girò” perché sempre in giro sulla sua moto guzzi. O forse su una motocicletta gilera?, per la Calabria
Di lui ho tanti ricordi, un carissimo ricordo in particolare legato alla mia infanzia mi sovviene ogni volta che ascolto musica o, meglio, un messaggio vocale.
È stato lui a farmi conoscere il registratore a nastro. Lo portò in casa mia durante i festeggiamenti in onore alla Madonna, Maria SS della Luce, protettrice del mio paese natìo: Palermiti. Per l'occasione c'era imbandita una tavola lunghissima e attorno la mia numerosa famiglia pranzava con spirito di devozione.
Il magnetofono era affascinante. Magico per certi aspetti. Parlavi e potevi riascoltare la tua voce nell'immediatezza, cantavi, sospiravi, soffiavi facevi rumori strani e riascoltavi dall'altoparlante inserito nel coperchio dell'apparecchio i suoni riprodotti con qualche leggera sfumatura. La tecnica era ai primordi. Non c'era la regolazione dei toni bassi e alti, tutte sofisticate diavolerie tecnologiche che prenderanno piede nel futuro con l'evoluzione della tecnica e, quindi, con l'inserimento dello stadio equalizzatore nei sistemi hi-tech.
Io ero attratto da quell'aggeggio magico.
Eravamo negli anni '60.
E ogni volta che scorro l'album di famiglia rivivo quei momenti.
Torno bambino. Divento ragazzo. Prima comunione. Cresima. Il collegio. Primi amori. Scottature. Delusioni che fortificano. Insomma, come tutti, superati gli 'anta, accumulo ancora esperienze e, grazie alle persone incontrate lungo il cammino, tra alti e bassi, sono ancora qua.
Un carissimo e fraterno abbraccio cosmico.
Non l'incontro da qualche giorno e neanche lo vedo passeggiare in compagnia della moglie.
Franco e Luciana sono una coppia affiatata. Lei gli fa da infermiera ormai da troppi anni, da quando ha subito il primo intervento che, con caparbietà e abnegazione sono riusciti a superare insieme. Lei da valido sostegno morale e fisico e lui da degente consapevole.
Non saprei quantificare gli anni di calvario per entrambi. Quello che mi ha colpito è la volontà di farcela. Superare i momenti brutti. Saltare oltre gli ostacoli che la vita pone. E sorridere. Guardando il mondo sotto un'ottica differente.
Nonostante gli acciacchi, Franco, era sempre col sorriso sulle labbra. La battuta pronta e ben predisposto al dialogo.
Luciana è una donna forte. Ha saputo condurre per mano e sostenere il marito nei lunghi anni della malattia.
Lei, impegnata col lavoro e con la casa; i figli, i nipoti; col padre, anziano e sofferente e, per un certo periodo, infermiera a tempo pieno di padre e marito. Nonostante ciò il suo sguardo, se pur provata dagli eventi, non ha mai esternato avvilimenti o ceduto a sconfitte.
Che la terra ti sia lieve Franco. Speravo che tu potessi superare anche questa tappa come hai fatto negli anni passati. Luciana aveva comunicato il tuo malore ma io non ho voluto pensare al peggio. Ti sapevo forte. Caparbiamente determinato nel voler vivere ancora. E poi, stamattina, ho letto della tua dipartita.
Un carissimo abbraccio a voi tutti. Ti vedrò, nel mio immaginario, ancora passeggiare e tagliare canne per i vasi che tu curavi con passione, affianco alla tua cara e dolce Luciana.
Nel giorno in cui apprendo che alcuni parlamentari e altri dirigenti regionali e locali, nonché liberi professionisti che potrebbero donare in beneficenza più dei 600€ sgraffignati all'inps in maniera vergognosa fottendosene altamente di chi sta male e soffre per il mancato introito, non posso non fare un salto indietro nel tempo.
Pur considerando che da sempre c'è chi beffa senza ritegno le leggi pensate per sostenere chi soffre e raggirare fondi per la collettività a proprio beneficio in tempi di necessità emergenziale nazionale, l'episodio attuale è davvero da additare ma senza tante sorprese. Senza enfasi o inutili scandalismi, d'altronde siamo figli di una mentalità dedita all'arte dell'arrangiarsi e dell'accumulo, siamo tutti, chi più chi meno, delle formichine .
Ciò non toglie che dobbiamo dare un nome per mitigare e sovvertire attraverso evoluzioni mentali le azioni inumane suggerite dalla sottocultura connaturata e mai superata della precarietà economica e materiale, cioè quella falsa sicurezza data dal sapere il proprio granaio pieno.
In questo caso non si tratta di precarietà. Non si è lì lì per cadere nella povertà assoluta. Queste son azioni di sciacallaggio!
Azioni di sciacallaggio di gente priva di scrupoli che manovra le risorse economiche destinate a quello che un tempo si chiamava impegno pubblico, “stato sociale” e che oggi il linguaggio comune definisce “welfare” a proprio beneficio!
La chiusura delle attività imposta
dal corona virus è stato un cataclisma che ha investito e travolto
larghi strati sociali e mandato in rovina piccole e medie imprese,
lavoratori e famiglie. Intere nazioni! da qui l'esigenza del decreto "rilancio Italia".
Infatti il nostro Governo che fa? Promulga leggi a favore di chi soffre gli eventi e rimane
vittima incolpevole.
Cioè attua tutele destinate a quei precari che hanno perso l'unica fonte di sostentamento, dimentica, però, il nstro Governo, forse perché preoccupato dalla emergenza in corso non pensa ai furbetti che si sono arricchiti nelle precedenti emergenze.
Insomma i parlamentari che stanno a legiferare sono inesperti non hanno l'esperienza delle vecchie volpi della politica e neanche la forza.
Ed ecco che alla luce di questi fatti appena accennati mi torna alla mente una vecchia e cara figura mitizzata dalla mia inesperienza.
Corso Umberto I; questo il pomposo nome dato alla toponomastica del piccolissimo centro montano. Là le strade erano in sintonia con l'agglomerato urbano dei paesi dell'entroterra calabra: strade strette e case addossate l'un l'altra, case così vicine da consentire al vicinato di fare salotto rimanendo seduti nel proprio balcone.
Le logge, delimitate da semplici ma eleganti inferriate, erano, perlopiù, adornate con vasi di fiori e piante officinali. Lì le donne trascorrevano la maggior parte del tempo a sbrigare i mestieri: cucivano, ricamavano, sgranavano faggiola e qualcuna pregava anche coinvolgendo, verso l'imbrunire, le altre.
Di fronte a noi c'era la casa del professore.
Un uomo distinto. Alto. Delicato rispetto al resto dei maschi del paese forgiati dal sole e dal duro lavoro dei campi.
Il professore indossava un cappello dalle falde larghe, alla borsalino, e d'inverno un cappotto, oggetto sconosciuto ma desiderato dai più.
In paese si mormorava che fosse stato accompagnato economicamente negli studi dai parenti della moglie perché portato per l'insegnamento. D'altronde col suo fisico fragile sarebbe, forse, stato un pessimo contadino.
Nel mio immaginario era un uomo buono dedito all'educazione dei ragazzi delle elementari. Bambini che si approcciavano ad apprendere ciò che esisteva oltre i limitanti confini geografici e mentali in cui vivevamo.
Era, per quei tempi, un uomo colto. Leggeva romanzi e traeva spunti per i nomi da dare alle figlie.
Diede pure il nome di una eroina romantica ma dal nome impronunciabile con radici semantiche nordiche ad una delle cinque figlie, un nome inusuale, rimasto, fortunatamente, unico.
Il tempo corre. Modifica e imposta strane consuetudini in ognuno di noi.
Modifica le coscienze e ciò che prima era sinonimo di cultura e emancipazione non lo è più alla luce dei nuovi saperi acquisiti.
Le figlie sposarono ragazzi conosciuti all'università. E di conseguenza spostarono la residenza nel capoluogo e in altri posti cui il destino le aveva chiamate. E alla morte della signora anche il professore va a vivere con la figlia maggiore nel capoluogo.
Io vivevo in città già da diversi anni ma mantenevo i contatti col professore, anzi era lui a tenere i contatti con la mia famiglia e una mattina squilla il telefono (quello grigio, col disco):
“buongiorno sono il professore … come stai? … volevo dirti che mio genero si ripresenta alle comunali se tu gli dai il voto noi proteggeremo te e la tua famiglia ...”.
“mi dispiace ma suo genero non è in linea col mio orientamento politico...”
“cuomu, on mi dira ca sì comunista!? Nui ti difhendimu sempa puoi cuntara supe e nui, mbecia sti senzaddiu chi ti dannu?”...
“No, professore, non sono comunista! mai voluto tessere di partito né mai mi sono allineato a strumentali logiche di parte. Penso con la mia testa. Credo nella parità. Credo nelle opportunità che la democrazia dà a ognuno. Credo che ogni uomo, donna, bambini, anziani hanno pari dignità a prescindere dalla loro estrazione sociale, credo religiosi, nazionalità e quant'altro fa la differenza per certa mente malata. Credo, in sostanza, che chi va a occupare un posto come questo debba anzitutto guardare al bene comune, agli interessi di tutti incondizionatamente. Deve lottare affinché emergano le positività di ognuno senza guardare bandiere o interessi personali. È finita l'epoca dei personalismi...”... ma se questo, per lei, determina l'essere comunista ebbene sono comunista!
“Và bona và... capiscivi tu sì 'na testa caddha”.
Considerazioni finali:
oggi, apprendo che uno dei suoi diletti
nipoti ha abbracciato l'ideologia comunista: è un “compagno”
convinto! uno che inneggia al Che.
Oggi, che ci vogliono fatti concreti dopo la morte totale delle ideologie diramate e inculcate dalle scuole di partito. dopo la morte romantica dei miti e degli eroi. Oggi che siamo venuti a conoscenza dei misfatti compiuti a destra e a sinistra sotto bandiere e barricate erette dall'egoismo e dalla megalomania di certi leader. Oggi è anacronistico definirsi di destra o di sinistra.
Sì, proprio oggi che servono davvero persone dalla mante pulita. Ma pulita per davvero! Persone altruiste dedite agli altri, specialmente ai deboli e agli emarginati dai poteri totalitari e da quanti pensano esclusivamente di coltivare il proprio orticello e dicono :speriamo che io me la cavi.
Perché, da come la intendo io la politica è servizio.
Politica è donarsi.
Accendere il forno a legna in estate è da masochisti.
Nella casa di campagna non era arrivata ancora l'energia elettrica e ogni cosa doveva essere fatta secondo antichi criteri. Al massimo si poteva usufruire della bombola del gas, trasportata a dorso di mulo dal paese, ma quasi sempre si preferiva accendere il fuoco e cucinare un pasto frugale nell'aia a mezzogiorno, all'ombra del maestoso pino.
L'orto donava i frutti con generosità.
Peperoni, cetrioli, pomodori, fagiolini e qualsiasi altro prodotto piantato e coltivato a tempo debito.
Il paniere, colmo di peperoni carnosi ottimi da fare ripieni, appena poggiato sul tavolo, emanava odori gradevoli di ortaggi appena colti.
L'antica ricetta, semplice per necessità oggettive, (ricordiamo che non c'era il frigorifero e qualsiasi altro elettrodomestico) era composta da un impasto di pane raffermo, un generoso pugno di formaggio pecorino, qualche uovo sodo e pezzetti di caciocavallo con qualche variante in base alle riserve accumulate in credenza.
Solitamente, questo il ripieno dei peperoni tondi fritti. E mia madre era maestra nel prepararli.
La padella, annerita dalle fiamme del legno di limone o alloro, sul treppiede in ferro battuto, conteneva comodamente la porzione necessaria per la famiglia.
L'odore dell'olio fritto, e, ancora prima, l'impasto con l'aggiunta di carne tritata e un pizzico di noce moscata, hanno fatto riaffiorare in me ricordi sopiti ma mai dimenticati.
Negli anni della mia infanzia i giorni estivi si snocciolavano ciondolando senza meta per i campi e arrampicate sugli alberi; scorpacciate di fichi, ciliegie, qualche pomodoro appena staccato dalla pianta nel silenzio interrotto dal suono delle foglie mosse dal vento e dallo sgorgare del ruscello che scorreva nel mezzo della campagna.
Aspetto.
Aspetto che tu riprenda fiato.
L'afa di questi giorni lascia senza respiro.
Gocce di saliva, come perle, cadono sull'erba
dove hai sostato.
Attorno è fuoco.
Soffri.
Questo caldo opprime.
Taglia le forze.
Le zampe cedono.
Mi guardi con occhi tristi e stanchi. Quasi a chiedere scusa per le tue esaurite energie.
Non hai più in corpo l'euforia d'un tempo. Ora vacilli. Zoppichi. Ti trascini. Cadi. Ti siedi. E lanci meste occhiate.
Mi siedo insieme a te e aspetto. Aspetto che tu riprenda forze. Non posso fare altro amico mio.
Reagisci agli acciacchi temporali. Vinci anche questa battaglia. E se proprio non puoi. Se è arrivato il tuo tempo
Non mostrare sofferenza
Come hai sempre fatto.
Salutiamoci in silenzio. Ciao Vasco
fa male vederti soffrire
La scogliera di Cassiodoro è situata tra i comuni di Stalettì e Montauro, nel golfo di Squillace. L’affaccio sul mare è spettacolare! ...