lunedì 10 agosto 2020

Caro professore se ...

... se avesse saputo che...

Nel giorno in cui apprendo che alcuni parlamentari e altri dirigenti regionali e locali, nonché liberi professionisti che potrebbero donare in beneficenza più dei 600€ sgraffignati all'inps in maniera vergognosa fottendosene altamente di chi sta male e soffre per il mancato introito, non posso non fare un salto indietro nel tempo.

Pur considerando che da sempre c'è chi beffa senza ritegno le leggi pensate per sostenere chi soffre e raggirare fondi per la collettività a proprio beneficio in tempi di necessità emergenziale nazionale, l'episodio attuale è davvero da additare ma senza tante sorprese. Senza enfasi o inutili scandalismi, d'altronde siamo figli di una mentalità dedita all'arte dell'arrangiarsi e dell'accumulo, siamo tutti, chi più chi meno, delle formichine .

Ciò non toglie che dobbiamo dare un nome per mitigare e sovvertire attraverso evoluzioni mentali le azioni inumane suggerite dalla sottocultura connaturata e mai superata della precarietà economica e materiale, cioè quella falsa sicurezza data dal sapere il proprio granaio pieno.

In questo caso non si tratta di precarietà. Non si è lì lì per cadere nella povertà assoluta. Queste son azioni di sciacallaggio!

Azioni di sciacallaggio di gente priva di scrupoli che manovra le risorse economiche destinate a quello che un tempo si chiamava impegno pubblico, “stato sociale” e che oggi il linguaggio comune definisce “welfare” a proprio beneficio!

La chiusura delle attività imposta dal corona virus è stato un cataclisma che ha investito e travolto larghi strati sociali e mandato in rovina piccole e medie imprese, lavoratori e famiglie. Intere nazioni! da qui l'esigenza del decreto "rilancio Italia".

Infatti il nostro Governo che fa? Promulga leggi a favore di chi soffre gli eventi e rimane vittima incolpevole.

Cioè attua tutele destinate a quei precari che hanno perso l'unica fonte di sostentamento, dimentica, però, il nstro Governo, forse perché preoccupato dalla emergenza in corso non pensa ai furbetti che si sono arricchiti nelle precedenti emergenze. 

Insomma i parlamentari che stanno a legiferare sono inesperti non hanno l'esperienza delle vecchie volpi della politica e neanche la forza.

Ed ecco che alla luce di questi fatti appena accennati mi torna alla mente una vecchia e cara figura mitizzata dalla mia inesperienza.

Corso Umberto I; questo il pomposo nome dato alla toponomastica del piccolissimo centro montano. Là le strade erano in sintonia con l'agglomerato urbano dei paesi dell'entroterra calabra: strade strette e case addossate l'un l'altra, case così vicine da consentire al vicinato di fare salotto rimanendo seduti nel proprio balcone.

Le logge, delimitate da semplici ma eleganti inferriate, erano, perlopiù, adornate con vasi di fiori e piante officinali. Lì le donne trascorrevano la maggior parte del tempo a sbrigare i mestieri: cucivano, ricamavano, sgranavano faggiola e qualcuna pregava anche coinvolgendo, verso l'imbrunire, le altre.

Di fronte a noi c'era la casa del professore.

Un uomo distinto. Alto. Delicato rispetto al resto dei maschi del paese forgiati dal sole e dal duro lavoro dei campi.

Il professore indossava un cappello dalle falde larghe, alla borsalino, e d'inverno un cappotto, oggetto sconosciuto ma desiderato dai più.

In paese si mormorava che fosse stato accompagnato economicamente negli studi dai parenti della moglie perché portato per l'insegnamento. D'altronde col suo fisico fragile sarebbe, forse, stato un pessimo contadino.

Nel mio immaginario era un uomo buono dedito all'educazione dei ragazzi delle elementari. Bambini che si approcciavano ad apprendere ciò che esisteva oltre i limitanti confini geografici e mentali in cui vivevamo.

Era, per quei tempi, un uomo colto. Leggeva romanzi e traeva spunti per i nomi da dare alle figlie.

Diede pure il nome di una eroina romantica ma dal nome impronunciabile con radici semantiche nordiche ad una delle cinque figlie, un nome inusuale, rimasto, fortunatamente, unico.

Il tempo corre. Modifica e imposta strane consuetudini in ognuno di noi.

Modifica le coscienze e ciò che prima era sinonimo di cultura e emancipazione non lo è più alla luce dei nuovi saperi acquisiti.

Le figlie sposarono ragazzi conosciuti all'università.  E di conseguenza spostarono la residenza nel capoluogo e in altri posti cui il destino le aveva chiamate. E alla morte della signora anche il professore va a vivere con la figlia maggiore nel capoluogo.

Io vivevo in città già da diversi anni ma mantenevo i contatti col professore, anzi era lui a tenere i contatti con la mia famiglia e una mattina squilla il telefono (quello grigio, col disco):

“buongiorno sono il professore … come stai? … volevo dirti che mio genero si ripresenta alle comunali se tu gli dai il voto noi proteggeremo te e la tua famiglia ...”.

“mi dispiace ma suo genero non è in linea col mio orientamento politico...”

“cuomu, on mi dira ca sì comunista!? Nui ti difhendimu sempa puoi cuntara supe e nui, mbecia sti senzaddiu chi ti dannu?”...

No, professore, non sono comunista! mai voluto tessere di partito né mai mi sono allineato a strumentali logiche di parte. Penso con la mia testa. Credo nella parità. Credo nelle opportunità che la democrazia dà a ognuno. Credo che ogni uomo, donna, bambini, anziani hanno pari dignità a prescindere dalla loro estrazione sociale, credo religiosi, nazionalità e quant'altro fa la differenza per certa mente malata. Credo, in sostanza, che chi va a occupare un posto come questo debba anzitutto guardare al bene comune, agli interessi di tutti incondizionatamente. Deve lottare affinché emergano le positività di ognuno senza guardare bandiere o interessi personali. È finita l'epoca dei personalismi...”... ma se questo, per lei, determina l'essere comunista ebbene sono comunista!



“Và bona và... capiscivi tu sì 'na testa caddha”.

Considerazioni finali:

oggi, apprendo che uno dei suoi diletti nipoti ha abbracciato l'ideologia comunista: è un “compagno” convinto! uno che inneggia al Che.

Oggi, che ci vogliono fatti concreti dopo la morte totale delle ideologie diramate e inculcate dalle scuole di partito. dopo la morte romantica dei miti e degli eroi. Oggi che siamo venuti a conoscenza dei misfatti compiuti a destra e a sinistra sotto bandiere e barricate erette dall'egoismo e dalla megalomania di certi leader. Oggi è anacronistico definirsi di destra o di sinistra.

Sì, proprio oggi che servono davvero persone dalla mante pulita. Ma pulita per davvero! Persone altruiste dedite agli altri, specialmente ai deboli e agli emarginati dai poteri totalitari e da quanti pensano esclusivamente di coltivare il proprio orticello e dicono :speriamo che io me la cavi.

Perché, da come la intendo io la politica è servizio.

Politica è donarsi.

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