Lettera a un Gabbiano

 


Sei un qualunquista! Si diceva in maniera dispregiativa a chi pensava e curava solo i cazzi suoi.

Politicamente era un'accusa a quanti non avevano a cuore il buon andamento della comunità e, in senso più ampio, della società tutta e dei valori aggreganti che determinano l'importanza intellettuale dello stare insieme.

Educarsi per poter educare e far sì che la convivenza tra affini fosse più equa, questo in sintesi l'algoritmo della politica ormai defunta e sotterrata dai narcisi ammalati di like.

Essere alieno dalle lusinghe e restarne fuori convintamente sembra essere una possibilità remotissima. Tutti cerchiamo consensi! Specialmente quando ci innamoriamo delle nostre convinzioni.

Anche in arte, che dovrebbe essere la dottrina creativa per antonomasia asservita allo spirito utile ad elevare sulle alte sfere del pensiero umano, il qualunquismo becero è un dato costante in quanti la producono e la mercificano.

I nuovi artigiani vestono i panni dei creativi e si adornano di quell'aura sconosciuta ai più gozzovigliando nell'ignoranza emotiva di una pletora incolta.

Peggio dei coyote posati sulle carcasse putrefatte degli analfabeti, gli addetti ai lavori, anziché istradare sui sentieri luminosi tracciati dai Maestri del passato e presenti tutti gli attori che ronzano attorno al cosiddetto prodotto artistico, se ne cibano. Sfruttano la storia sorretti dalle fuorvianti teorie, i novelli imbonitori citazionisti, e facilmente rimpinguono antichi forzieri già colmi d'ignoranza.

Il genere umano, purtroppo o per necessità, è un animale votato all'opportunismo. E quando ne nasce qualcuno fuori dal coro, la classica pecora nera, è vista con diffidenza.

Gli interrogativi si moltiplicano.

I ma. I perché nascono spontanei nelle teste con scarso quoziente socializzante. E le risposte sono sempre dettate dalla cultura esperienziale dei singoli soggetti che se le sono poste sulla base del proprio vissuto tra bene e male.

Ecco, per questo, caro amico gabbiano che svolazzi sopra le nostre esistenze privo delle tossiche sovrastrutture mentali che governano il nostro fare quotidiano, ti invidio.

Buona vita a te e a quanti osservando dall'alto con ali spiegate nell'azzurro dell'infinito cielo sorridono alle stronzate tutte umane tarpati nell'inutilità che governa il vissuto effimero di un tempo ben definito.

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