sabato 17 giugno 2023

Lavoro. Quale politica, quale cultura?

 

Ed ora la sinistra scopre il precariato.

Viene da chiedere: dov'era fin ora la sinistra? Non è forse, il precariato, figlio delle scelte retroattive dei politici che hanno governato l'Italia e gli italiani?

E che dire sulla scelta democratica definita “garantista”?

Non era anche questa una prerogativa della sinistra?

C'è stato un tempo in cui i movimenti che si ritenevano di sinistra difendevano molte teorie che adesso difende la “destra”, ma adesso, chissà perché, la sinistra li contrasta. Alza la voce e accusa dimenticando lo spazio lasciato, anzi, costruito attraverso le “liberalizzazioni” demaniali e di quello che fu il corredo storico e architettonico dell'intera Italia.

Le decisioni dei governi precedenti hanno provocato, nel lungo termine e adesso ne soffriamo tutti perché intrappolati nelle pastoie costruite per ottenere consensi nel breve termine, povertà e sfruttamento.

Lo sfacelo inizia con l'avvento del governo Monti con gli esodati messi ai margini, lavoratori posti in una sorta di limbo per salvare le aziende in via di ristrutturazione industriale che si son visti fuori dal welfare e da ogni criterio di solidarietà sociale giacché le casse dell'INPS non potevano sostenere le spese.

L'accordo tra Stato, imprese e rappresentanze sindacali era di mettere gli esuberi, lavoratori e lavoratrici non ancora prossimi alla pensione, nella categoria degli esodati con un sussidio mensile congruo che consentisse una certa dignità fino a una ipotetica reintegrazione lavorativa che non c'è mai stata.

La ministra di allora, Fornero Elsa, docente universitaria, pianse quando fu costretta a fare la dolorosa comunicazione ai nuovi poveri. Non piansero però i percettori delle pensioni d'oro perché non ebbero alcuna restrizione o imposizione dal governo che avrebbe dovuto ristabilire l'ordine e la legalità nelle casse dello Stato.

La classe operaia e impiegatizia subì un colpo durissimo. Le famiglie piansero lacrime amare e la sinistra che fece? Niente! Anzi accusò di populismo quanti contestavano le assurde decisioni del governo.

Le aziende si diversificarono e quasi tutte, col marchio made in italy, spostarono la produzione nei Paesi in cui pagavano poche tasse e avevano manodopera a bassissimo costo rispetto all'Italia.

Colpa della globalizzazione e dell'Europa Unita! Gridarono, dimenticando che quando l'Italia doveva decidere se farne parte enfatizzarono l'abbattimento dei costi dei prodotti che venivano dall'estero.

Beh, sarebbe ora che la smettessero di litigare! È il momento di unire le forze e le intelligenze per creare i presupposti di quello che si definisce “LAVORO DIGNITOSO”! Lavoro non sottopagato! Impegno per ridare fiducia alle nuove generazioni. Basta con le lobby mascherate di rosso e nero, gialle, rosa e tutti i colori camaleontici dei predatori che si definiscono imprenditori senza investire denaro proprio ma pescando dalle casse pubbliche.

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