Tra innocenza e malizia
società, new media
Innocente malizia.
Innocente è chi non ha commesso reati di nessun genere; chi
ha gli occhi e non vede il male ma solo Bellezza. si ha la sensazione, però,
guardando ai nuovi mezzi di comunicazione che non esista più l'innocente,
l'innocenza di chi guarda davanti a sé senza maliziare. imbattersi, ed è questo
il motivo della riflessione, in una bambina appena pubere che si fa un
auotscatto e che guarda fissa l'obiettivo dell'iphone, forse di ultima
generazione, non so visto che non sono addentro alle ultime nascite dell'alta
tecnologia, con il musetto a culo di gallina mi fa senso! non è per bigottismo:
la mia generazione ha visto e vissuto le rivoluzioni femministe, della “FŸa” è
mia e la gestisco da me, delle minigonne e del rogo dei reggiseni.
Hai sollevato una riflessione profonda e complessa, che
tocca il tema dell’innocenza, della malizia, e del modo in cui i nuovi mezzi di
comunicazione plasmano l’immaginario e i comportamenti, soprattutto tra i più
giovani.
L’innocenza nell’era
digitale sembra non esistere o quantomeno assume connotati diversi rispetto all’etica
del passato e di come era vissuta fino a qualche decennio addietro.
L’innocenza, come la descrivi — uno sguardo puro, non
contaminato dal male o dalla malizia — sembra oggi difficile da preservare. I
social media, gli smartphone, e la cultura dell’immagine hanno trasformato il
modo in cui ci si presenta al mondo. L’autoscatto, o “selfie”, è diventato un
gesto quotidiano, spesso carico di intenzionalità estetica, imitazione, e
desiderio di approvazione. Azzardiamo, quindi, un’analisi su:
Il corpo e lo sguardo: tra libertà e condizionamento
Partendo dalla tua reazione alla posa “a musetto a culo di
gallina” — un’espressione ironica per descrivere il tipico “duck face” — non è
bigotta, ma nasce da un senso di smarrimento davanti a un cambiamento
culturale. È il segno di una generazione che ha lottato per la libertà del
corpo, per l’autodeterminazione sessuale, e che ora si trova di fronte a una
nuova forma di esposizione, spesso inconsapevole, dove il corpo diventa merce
visiva, soggetto a like e algoritmi.
Abbiamo saltato il fosso e siamo passati dalla rivoluzione
sessuale alla performatività digitale.
Hai vissuto le rivoluzioni femministe, il grido “la fi©a è
mia e la gestisco io”, le minigonne come simbolo di emancipazione, il rogo dei
reggiseni come gesto di liberazione. Oggi, però, la gestione del corpo sembra
passare per altri canali: non più solo lotta politica, ma anche performance
estetica, spesso influenzata da modelli imposti e da una cultura
dell’apparenza.
È legittimo chiedersi: Malizia o sciocca inconsapevole imitazione?
La bambina che si fotografa con uno smartphone non è
necessariamente maliziosa. Spesso è imitazione, gioco, desiderio di
appartenenza. Ma è proprio qui che si insinua il dubbio: dove finisce
l’innocenza e dove comincia la malizia? E soprattutto, chi la definisce?
La tua riflessione è preziosa perché ci invita a non
giudicare frettolosamente, ma a interrogarci sul senso profondo di ciò che
vediamo. Forse l’innocenza non è scomparsa, ma ha cambiato forma. E forse il
nostro compito è quello di riconoscerla, proteggerla, e soprattutto educare a
uno sguardo consapevole.
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