Visualizzazione dei post da 2025
di Franco Cimino “…Se sette milioni vi sembravano pochi…”E mille città in una nazione che ha cinquanta Stati, tutti autonomi, e trecento milioni di cittadini, di culture, razze e religioni diverse, appartenenti a ceti sociali stratificati. Se sette milioni di uomini e donne scesi in piazza spontaneamente, senza il comando di potenti, partiti o lobby, vi sembrano pochi — provate voi a radunarne mille. Se trecentomila, o molti di più, sono scesi nelle piazze italiane per gridare “Libera Palestina”, e un milione, forse più, in quelle francesi e di altri Paesi europei, vi sembrano pochi, provate voi a chiamarli uno per uno. Che abbiano un nome, un volto, che siano giovani o anziani: vediamo quanti ne radunerete. In un mondo in cui la politica è stata di fatto cancellata, e la democrazia sostituita da oligarchie o da quella che chiamano, con nome ambiguo, “autocrazia”; in un mondo in cui i valori si stanno perdendo e gli ideali che li sostenevano si stanno svuotando; in un mondo ...
Intitolazioni e invisibilità: una riflessione civica Apprendo dai media dell’intitolazione a Luana Vasapollo di una sala di lettura presso la Biblioteca Comunale di Catanzaro . Non conoscevo personalmente Luana, pur essendo stato spesso nella libreria dove lavorava insieme a Nunzio Belcaro , oggi assessore della città. Nulla da eccepire sul gesto, che immagino mosso da affetto e riconoscimento. Tuttavia, alcune considerazioni sorgono spontanee.
Un cestino di uva fragola al centro della tavola, disposto come una natura morta caravaggesca, mi riporta indietro nel tempo: ai miei quindici, sedici anni. Era fine dicembre, e in casa fervevano i preparativi al calore del focolare: " pàssuli e granati ", lenticchie, castagne, fichi secchi con noci e miele, conservate per allietare i giorni di festa. Gli acini passiti dell'uva, pronti per il pan di spagna, decimati dalla golosità dei bambini erano comunque lì ad impreziosire la tavola: ogni cosa aveva un posto, un significato, un sapore che non si dimentica. Come le pagine di Saverio Strati, che non si leggono soltanto: si respirano. Penetrano la mente, sedimentano, e lasciano addosso l’odore inconfondibile della calabresità. Una calabresità fatta di sfumature sensoriali, di voci dialettali, di gesti antichi che resistono al tempo. In questi giorni, a cent’anni dalla sua nascita, Strati ritorna. Non come monumento, ma come presenza viva. Come quel bambino che la non...
La tombatura visiva come pratica di testimonianza La materia come testimone: pratiche di tombatura visiva nel contemporaneo Il presente saggio esplora il concetto di tombatura visiva come pratica artistica e curatoriale che espone, conserva e stratifica materiali poveri e frammenti del quotidiano, senza ricorrere a retoriche celebrative o occultanti. Attraverso un’analisi teorica e una contestualizzazione dell’opera di Mario Iannino, si propone una lettura della tombatura come gesto civile, memoriale laico e dispositivo di resistenza alla logica del consumo e dell’oblio. Nel contesto dell’arte contemporanea, la materia ha assunto un ruolo centrale come veicolo di memoria, resistenza e testimonianza. La tombatura visiva si configura come una pratica che non cerca la sublimazione estetica, ma la persistenza etica del vissuto. È un gesto che espone ciò che resta, stratifica ciò che è stato, conserva ciò che rischia di essere dimenticato. A differenza di pratiche come l’impacchetta...
Fotogramma sul Golfo di Squillace: tra bellezza, memoria e resistenza Nel cuore della Calabria , dove la terra si piega dolcemente verso il mare, il Golfo di Squillace si offre come uno specchio di luce e storia. Un fotogramma rubato tra i rami di un albero, con il mare in lontananza e il verde che avvolge lo sguardo, non è solo una scena naturale: è un atto di testimonianza. In quell’inquadratura si condensano secoli di lavoro, di attesa, di lotta silenziosa contro l’oblio. La bellezza del paesaggio non è mai neutra. Essa parla, denuncia, consola. Il melograno che pende dal ramo, il sentiero che si insinua tra le foglie, il mare che chiama da lontano: ogni elemento è un segno, un invito alla riflessione. In un tempo in cui l’immagine è spesso svuotata di senso, questo fotogramma restituisce profondità. Non è decorativo, è civico . Chi guarda questo scorcio non può farlo da turista . Deve farlo da curatore della memoria , da operaio della bellezza , da educatore del dubbio . Il ...
Il ramo e il mare Il ramo pende come un pensiero antico, carico di foglie e di un solo frutto: un melograno, maturo, silenzioso. Sotto di lui, la terra respira piano, tra ciuffi d’erba secca e fiori rossi che sembrano trattenere il sole. Il sentiero, appena visibile, si snoda come una domanda non ancora fatta. L’uomo è lì, in piedi, con le mani dietro la schiena. Non cerca nulla, ma tutto trova. Il mare, in fondo, brilla come una promessa che non ha bisogno di parole. Il Golfo di Squillace si apre davanti a lui, azzurro e inquieto, come la memoria di chi ha lavorato, amato, resistito. Ogni foglia è una lettera. Ogni ramo, una frase. Ogni respiro, un capitolo . L’uomo non scrive con la penna, con lo sguardo alimenta il pensiero e culla la bellezza. Cura quel giardino come si curano le storie: con pazienza, con rispetto, con la certezza che anche il silenzio ha voce. Il melograno non è lì per essere colto. E' lì per essere visto. Come i mestieri che l’uomo ha fatto, uno dopo l’altr...
Ottobre, la memoria e il risveglio: contro la politica che divide, per una società che ascolta “Ottobre è un pittore malinconico: ama i colori che svaniscono. Celebra ciò che finisce come un ultimo tocco sulla tela.”. Scrive un acaro amico per augurare l'inizio del nuovo giorno. Ma davvero tutto finisce? O forse, come suggerisce una visione più profonda, nulla si dissolve del tutto, e ogni cosa si trasforma, evolve, ritorna? Questa riflessione poetica sull’autunno invita a guardare oltre la superficie delle cose. Anche gli errori, le fratture, le esperienze dolorose non si cancellano: si sedimentano, si rielaborano, diventano parte del nostro divenire. La memoria non è un archivio chiuso, ma una nebbia viva, pronta a riemergere con forza. E' attuare il tempo del cambiamento e soddisfare il bisogno di ascolto! Viviamo in un’epoca in cui il cambiamento è costante, ma spesso vissuto con paura. La politica, anziché accompagnare questa trasformazione, ten...
“No Kings”: Proteste, Censura e il Ritorno del Sovrano. Una riflessione transatlantica sul populismo autoritario Gli Stati Uniti sono attraversati da una mobilitazione senza precedenti contro il secondo mandato di Donald Trump . Il movimento “ No Kings ” denuncia la deriva autoritaria di un potere che si presenta come democratico ma agisce come monarchico. In parallelo, l’Europa vive tensioni simili, con governi che accentuano il controllo ideologico e la censura culturale. Questo post propone una lettura comparata tra il contesto statunitense e quello italiano, con particolare attenzione al governo Meloni attraverso l'evidenziazione delle dinamiche comuni del populismo autoritario e le risposte civiche che emergono dal basso. I l ritorno di Trump con la retorica dell’eccezione squinterna l'assetto democratico del Paese Guida mondiale: gli USA Le proteste “No Kings”, si diffondono in tutti i 50 Stati americani, e non sono semplici manifestazioni contro un presiden...
Di Franco Cimino Undici morti su un pulmino che portava una famiglia a Gaza, preso in pieno dal fuoco israeliano. Ieri. Nel tempo della tregua, che chiamano fragile proprio per giustificare questi crimini peggiori di quelli che sono stati consumati prima. In due anni che sembrano non essere finiti. E forse non finiranno ancora, se finiranno mai. In quel pullman e tra quegli undici morti, sette erano bambini. Bambini, che si aggiungono ai circa ventimila trucidati già. Ehi, dico bambini, la stessa parola con cui se ne scrive! In quel pulmino sgangherato, c’era una famiglia. Non un commando di Hamas! Ehi, dico famiglia e la scrivo con il nome che ha in tutte le lingue. E con il significato universale, che la correda. Bambini, capite? Avranno in progressione le molte età dei bambini: due, tre, quattro, cinque, sette, otto, nove, anni. Il più grande ne potrebbe avere avuto dodici! Bambini! Guardiamoli, i nostri, mentre in queste ore dopo un pranzo, comunque assicurato anche n...
L’attore, il presidente e la storia che non insegna di mario iannino C’è chi nasce per recitare e chi per governare. E poi c’è chi, come Volodymyr Zelensky , attraversa il confine. Da attore comico a presidente in guerra , da sceneggiature di speranza a copioni di lutto . Ma la realtà non è un set. Non c’è regista, non c’è montaggio. E soprattutto, non c’è lieto fine garantito. La storia — quella vera, quella che si scrive con sangue e silenzi — non premia i buoni. Non basta avere buoni propositi per evitare le sconfitte. Non basta la retorica della libertà per fermare i missili. Millenni di storia non hanno insegnato niente, perché l’uomo dimentica in fretta e ripete con ostinazione. Zelensky ha portato sul palco della geopolitica il volto umano della resistenza . Ma il mondo, spettatore distratto, ha applaudito e voltato pagina. E intanto, i bambini muoiono, le città si sbriciolano, le promesse si dissolvono. La finzione non salva dalla realtà. E la realtà non ha pietà. ...
La pace? Solo dopo il catalogo armi Aiutiamoli a distruggersi da soli! Tre anni di guerra. Tre anni di missili, droni, carri armati, e conferenze stampa con bandiere dietro e occhi lucidi davanti. Tre anni in cui l’Ucraina è diventata campo di battaglia, vetrina bellica, e — diciamolo — catalogo promozionale per l’industria delle armi .
La guerra in Ucraina continua a essere un teatro di distruzione e calcolo geopolitico, dove le richieste di armi si intrecciano con interessi economici e strategie di potere. A tre anni dall’invasione russa del 24 febbraio 2022, il conflitto in Ucraina ha lasciato cicatrici profonde: città devastate, milioni di sfollati, e una popolazione civile stremata . Ma la guerra ha anche rivelato il volto spietato della diplomazia globale, dove le risorse del suolo ucraino, come grano, litio e terre rare , sono diventate oggetto di interesse per potenze industriali e aziende multinazionali.
La mancata tassazione equa degli extraprofitti, nonostante le promesse iniziali di Giorgia Meloni , è il risultato di una combinazione di fattori politici, economici e di pressione da parte dei settori interessati. Ecco una spiegazione dettagliata: La promessa iniziale di Giorgia Meloni. Nel 2023, il governo Meloni aveva annunciato una tassa sugli extraprofitti bancari , con l’obiettivo di redistribuire parte dei guadagni eccezionali ottenuti dalle banche grazie all’aumento dei tassi di interesse. La misura era stata presentata come un atto di giustizia sociale , per aiutare famiglie e imprese in difficoltà. Cosa è successo davvero? Modifica della norma : Dopo l’annuncio, la norma è stata rapidamente modificata. Invece di una tassa obbligatoria, è stato introdotto un meccanismo che permetteva alle banche di scegliere tra pagare la tassa o aumentare il proprio patrimonio — una via d’uscita che ha reso il gettito praticamente nullo. Pressioni politiche e bancarie...
di Franco Cimino L'attentato a Sigfrido Ranucci va molto al di là dell'orrore che rappresenta. Quell'ordigno che si vuole far passare come rudimentale per coprirne la vera matrice, oltre la mano che l'ha portato in quel posto, voleva uccidere. Comunque, chi ha compiuto l'attentato può uccidere quando vuole, sfidando il sistema di protezione che lo Stato ha messo su Ranucci. La sfida è aperta e forte quanto la minaccia portata. Il messaggio è chiaro: "Ti colpiremo ovunque. E ti colpiremo più forte. Tanto che ne morirai senza fuoco per l'immane dolore arrecatoti". Questa è la minaccia rivolta al loro nemico capitale. Nemico insopportabile, da eliminare, per quel che la sua azione di libero giornalista può scatenare: il contagio buono verso quel buon giornalismo che sta ancora timido e in soggezione rispetto ai poteri e alla debolezza che gli stessi poteri hanno procurato alla libera informazione. E non da ieri, ma da almeno un ventennio. Gli uomini c...
Riflessione metaforica basata sulla storia per denunciare l’asimmetria del potere e l’assenza di equità fiscale del governo Meloni Cortigiana, non concubina. Alla corte del Sole: servire è potere Sdrammatizziamo, ma non troppo. Quando Landini ha definito Meloni “cortigiana”, non parlava, penso, di passioni né di lenzuola, ma di funzione politica. Cortigiana, cioè figura che vive alla corte del potere, ne incarna la luce, ne riflette i raggi, ne protegge l’aura. Non concubina di Trump, anche se ne adora la linea politica: semmai, interprete devota di un sovranismo che non disturba i profitti. D’altronde, chi mai ha visto una dama del Re Sole criticare il desco solare? Chi vive sotto i riflettori del trono non mette in ombra i benefici che da quel trono discendono. E così, nella manovra economica, nessuna tassa straordinaria per banche, assicurazioni, fondazioni: soggetti che prosperano grazie ai soldi dei contribuenti e dei depositari, ma che restano immuni da contrib...
Durante il regno di Luigi XIV, il Re Sole, la corte di Versailles non era solo il centro del potere politico, ma anche il fulcro della vita culturale e mondana. Essere un cortigiano o una cortigiana significava far parte di un'élite raffinata, dove l'eleganza, la retorica, la danza, la musica e la conoscenza delle arti erano strumenti di influenza e prestigio. Il termine stesso deriva da “corte”, e quindi implica prossimità al sovrano, nonché partecipazione attiva alla vita intellettuale e sociale del regno. L'Origine nobile del termine: “Cortigiano” in epoca rinascimentale, come nel celebre Il Cortegiano di Baldassarre Castiglione, rappresentava l’ideale dell’uomo colto, diplomatico, abile nell’arte della conversazione e della persuasione. La “cortigiana” in Italia, specie nel Cinquecento, poteva essere una donna di grande cultura, come Veronica Franco a Venezia, che scriveva poesie e partecipava ai salotti letterari. In Giappone, le geisha erano (e sono) artiste...
Esodo sanitario dalla Calabria: una mattina alla Dulbecco di Catanzaro Ore 10:30. Mi accomodo in sala d’attesa del reparto di diabetologia dell’ospedale “Renato Dulbecco” di Catanzaro. In realtà, più che una sala, è un corridoio. Le sedie sono allineate lungo le pareti, occupate da pazienti di ogni età, alcuni accompagnati, altri soli. Sul lato opposto, due imbianchini tinteggiano il muro con cura. L’odore di pittura è sorprendentemente gradevole, quasi anestetico. Non rimane che attendere il proprio turno. Una sola dottoressa in servizio. Una. Per un’intera popolazione di pazienti affetti da diabete, una patologia cronica che richiede monitoraggio costante, attenzione, empatia. Eppure, eccoci qui: in fila, in silenzio, con santa pazienza. Ogni visita dura mediamente 20/30 minuti. Fate due conti. Il tempo scorre, ma le esigenze non si fermano. Nel frattempo, per spezzare l’attesa, mi concedo un caffè al bar dell’ospedale e una ciambella per i bambini. Piccoli gesti p...
Una pagina da pubblicare, leggere, custodire. dalla soglia di Aore12, dove il tempo si fa testimonianza A chi ha camminato con me, e a chi verrà Apro questa riflessione con un pensiero che non è solo mio, ma nostro. Un omaggio a quei compagni di strada che non ci sono più — anime generose, fragili, forti, che hanno condiviso il cammino, il dubbio, la semina. A loro va il primo gesto: non di lutto, ma di gratitudine. Per ogni parola scambiata, ogni silenzio che ci ha uniti, ogni gesto che ha lasciato traccia. Sono parte del raccolto invisibile che oggi tento di raccontare. Ho iniziato a fare i primi passi claudicante, come un bambino che gattona, si aggrappa con forza e determinazione agli appigli, si innalza, si erge dritto e comincia a esplorare il mondo. Il mio sguardo era curioso, il mio passo incerto, ma già allora sentivo che ogni gesto poteva diventare seme. Ho giocato — sì, ho giocato con la vita, con le idee, con i materiali umili. ...
Il silenzio che uccide: quando l’indifferenza diventa tragedia Tre fratelli, un casolare, una vita ai margini. Tre carabinieri, un dovere, un sacrificio. Sei vite spezzate in un’esplosione che non è solo fisica, ma sociale, morale, umana. Castel d’Azzano non è solo il luogo di una tragedia: è il simbolo di una frattura che attraversa il nostro tempo. Vittime di una marginalità invisibile, I fratelli Ramponi vivevano in una condizione di isolamento, economico e relazionale. Anni di debiti, di lotte contro lo sfratto, di diffidenza verso le istituzioni. Non erano solo poveri: erano soli. E la solitudine, quando si incrocia con la disperazione, può diventare miccia. La loro scelta estrema — saturare la casa di gas e farla esplodere — non è giustificabile, ma è comprensibile se la si guarda con gli occhi di chi ha perso ogni speranza. È il gesto di chi non ha più voce, né ascolto. È il grido finale di chi si sente invisibile. E in tutto ciò, il dovere di chi esegue e oper...
Editoriale per Aore12 Catanzaro, ottobre 2025 Nel corridoio spento dell’ospedale, una metafora civile Ci sono giorni in cui la realtà si presenta senza trucco, senza scenografie, senza retorica. Ieri, all’ospedale “Dulbecco” di Catanzaro, un blackout ha spento i terminali e acceso una scena che pareva uscita da un teatro dell’assurdo: pazienti in attesa, operatori muti, corridoi pieni di corpi e domande. Nessuna accettazione, nessuna vidimazione, nessuna risposta. Solo monosillabi e inviti a “fare denuncia”. Eppure, in quel tempo sospeso, qualcosa si è rivelato. Non solo l’inefficienza di un sistema che si paralizza al primo guasto, ma la fragilità di una società che ha delegato la cura al digitale, dimenticando che la sofferenza è analogica, carnale, urgente. La scena come specchio Il blackout non è stato solo tecnico. È stato simbolico. Ha mostrato quanto poco basti per trasformare un luogo di cura in un luogo di attesa. E quanto l’attesa, se non accompagnata da parola e...
Chi siamo
Abbiamo aperto questo blog nell’aprile del 2009 con il desiderio di creare una piazza virtuale: uno spazio libero, apolitico, ma profondamente attento ai fermenti sociali, alla cultura, agli artisti e ai cittadini qualunque che vivono la Calabria.
Tracciamo itinerari per riscoprire luoghi conosciuti, forse dimenticati.
Lo facciamo senza cattiveria, ma con determinazione. E a volte con un pizzico di indignazione, quando ci troviamo di fronte a fenomeni deleteri montati con cinismo da chi insozza la società con le proprie azioni.
Chi siamo nella vita reale non conta. È irrilevante.
Ciò che conta è la passione, l’amore, la sincerità con cui dedichiamo il nostro tempo a parlare ai cuori di chi passa da questo spazio virtuale.
Non cerchiamo visibilità, ma connessione. Non inseguiamo titoli, ma emozioni condivise.
Come quel piccolo battello di carta con una piuma per vela, poggiato su una tastiera: fragile, ma deciso. Simbolo di un viaggio fatto di parole, idee e bellezza.
Questo blog è nato per associare le positività esistenti in Calabria al resto del mondo, analizzarne pacatamente le criticità, e contribuire a sfatare quel luogo comune che lega la nostra terra alla ‘ndrangheta e al malaffare.
Ci auguriamo che questo spazio diventi un appuntamento fisso, atteso. Come il caffè del mattino, come il tramonto che consola.
Benvenuti e buon vento a quanti navigano ogni singola goccia di bellezza che alimenta serenamente l’oceano della vita. Qui si costruiscono ponti d’amore.