La geopolitica dei bulli: Gaza, Ucraina e il trionfo dell’assurdo
Ragionamento sulla stupidità collettiva.
La violenza come strumento di potere e la spartizione dei
territori sono il volto più crudo della stupidità al potere: Gaza e Ucraina ne
sono oggi i simboli più tragici.
La riflessione tocca un nodo essenziale del nostro tempo: “la
degenerazione della politica in dominio”, dove la forza prevale sul diritto e
la propaganda sulla verità. Gaza e Ucraina sono due teatri diversi, ma
accomunati da una logica brutale: quella della sopraffazione.
Gaza e Ucraina: due guerre, una stessa logica: saccheggiare!
In Ucraina, la guerra iniziata nel 2022 ha visto la Russia
invadere territori sovrani con l’obiettivo dichiarato di “denazificare” e
“proteggere” il Donbass. Oggi, secondo un piano di pace proposto da Donald
Trump, si ipotizza che Kiev debba cedere parte del proprio territorio (Donetsk
e Luhansk) in cambio di garanzie di sicurezza. È la logica del bullo: prendo
con la forza, poi ti offro la pace a condizione che tu accetti la mia rapina.
A Gaza, il conflitto tra Israele e Hamas ha raggiunto
livelli di distruzione senza precedenti. La fragile tregua è stata più volte
violata, e il costo umano è altissimo. La guerra ha assunto i tratti di una
punizione collettiva, in cui la popolazione civile paga il prezzo delle scelte
di pochi.
La stupidità al potere, in estrema sintesi combina sfaceli.
Questi conflitti che noi viviamo di riflesso ma non troppo, non sono solo geopolitica: sono “manifestazioni
della stupidità organizzata”. Come scriveva Cipolla: lo stupido è colui che
danneggia gli altri senza trarne beneficio. Ma quando lo stupido ha potere,
diventa pericoloso su scala globale. Anche se il beneficio consiste nel
fagocitare le ricchezze altrui, materiali, culturali, storiche, geopolitiche, e quindi il beneficio c'è. LA mania di grandezza è soddisfatta.
La spartizione dei territori è un ritorno a logiche
ottocentesche, dove il diritto internazionale viene calpestato in nome di
“interessi strategici”.
La violenza come linguaggio politico è il segno di un
fallimento culturale: si preferisce il missile al dialogo, la propaganda alla
diplomazia.
In tutto ciò la reazione
partigiana dei sostenitori della libertà è l’unico antidoto: non nel senso
ideologico, ma nel senso etico. Prendere posizione contro la stupidità che
genera guerra è un atto di lucidità. Perché pensare è resistere alla deriva
intellettuale dei mass-media assoggettati al potere dominante.
In un mondo dove i bulli governano la stupidità, “pensare è
un atto rivoluzionario”. Pensare con la propria testa e con empatia, significa:
- Rifiutare la narrazione binaria del “noi contro loro”.
- Riconoscere la complessità dei conflitti senza
giustificare la violenza.
- Difendere il diritto, la dignità umana, la verità.
Come scriveva Hannah Arendt, “il male è banale” proprio
perché nasce dall’assenza di pensiero. E allora sì, svicolare dagli stupidi è
sopravvivenza, ma “denunciare la stupidità al potere è dovere”. Per arginare l’idiozia
armata della stupidità divenuta azione geopolitica è d'obligo reagire con intelligenza. ragionare e argomentare il fallimento.
La stupidità che spara, si pensava non dovesse mai
ripetersi. Ma Carlo M. Cipolla ci aveva avvertiti: lo stupido è colui che
danneggia gli altri senza trarne alcun vantaggio, e spesso danneggia anche sé
stesso. Ma cosa accade quando lo stupido ha in mano un esercito, un arsenale,
un microfono globale? Accade che la stupidità si fa guerra, invasione,
genocidio, propaganda.
In Ucraina, la logica
del “ripristino dell’impero” ha giustificato l’invasione, la distruzione, la
morte. Una guerra che non ha portato vantaggi reali nemmeno all’aggressore, se
non l’illusione di potere.
In Gaza, la spirale di violenza tra Hamas e Israele ha
superato ogni soglia di umanità. Civili usati come scudi, bambini come
statistiche, città come bersagli. La stupidità qui si traveste da vendetta, da
sicurezza, da diritto divino. Intanto la stupidità di parte urla. E la
stupidità non si limita ai campi di battaglia. Vive e prolifera nei talk show,
nei social, nei meme. È una stupidità che non cerca verità, ma visibilità. Che
non argomenta, ma urla. Che non ascolta, ma replica. È la stupidità
algoritmica, quella che si nutre di like, di indignazione, di slogan.
E così, mentre le bombe cadono, i commenti si moltiplicano.
Tutti esperti, tutti schierati, tutti pronti a difendere l’indifendibile. La
guerra diventa tifo, la sofferenza diventa contenuto. E la stupidità vince due
volte: sul campo e nel feed.
In questo scenario, svicolare dagli stupidi non è codardia,
è resistenza. È scegliere di non alimentare il rumore. È proteggere la propria
lucidità. È investire tempo ed energia in ciò che costruisce, non in ciò che
distrugge.
Ma non basta svicolare. Serve anche denunciare. Serve
chiamare le cose col loro nome. Serve dire che la spartizione dei territori in
cambio della pace è un ricatto. Che la punizione collettiva non è difesa, è barbarie.
Che la propaganda non è opinione, è manipolazione.
Pensare è oggi un atto rivoluzionario. Significa rifiutare
le semplificazioni, le tifoserie, le verità prefabbricate. Significa cercare la
complessità, anche quando fa male. Significa restare umani, anche quando il
mondo sembra aver dimenticato cosa voglia dire.
Perché, come scriveva George Orwell, “in tempi di menzogna
universale, dire la verità è un atto rivoluzionario”. E oggi, la verità è che
la stupidità non è più un problema individuale. È una piaga collettiva. E
combatterla è il compito più urgente del nostro tempo.
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