L'esame di coscienza di un Paese che ha perso il decoro.

 

Oltre le luci: cosa resta del Natale 2025?

Le luci del Natale 2025 iniziano a spegnersi, lasciando spazio a quel silenzio sospeso che precede la fine dell’anno. Per chi, come il sottoscritto, è cresciuto frequentando i salesiani, questo è il tempo dell’"esame di coscienza". Non una pratica punitiva, ma un esercizio di verità: fermarsi a fine giornata — o a fine ciclo — e chiedersi, con onestà brutale, se di fronte ai problemi del mondo abbiamo fatto la "cosa giusta".

Oggi, però, questo esame di coscienza non può restare confinato nel privato. È impossibile non proiettarlo su chi, per mandato elettorale, siede nelle istituzioni e dovrebbe rappresentare il Popolo con quella "disciplina e onore" solennemente sanciti dall'Articolo 54 della nostra Costituzione.

Guardando ai palchi della politica attuale, l’esito di questo esame è amaro. C’è un senso di smarrimento nell’osservare Ministri della Repubblica che, spogliandosi della solennità del loro ruolo, preferiscono saltellare su un palco al grido di "chi non salta comunista è", riducendo il dibattito democratico a un coro da stadio. C’è profonda inquietudine nel sentire una Ministra che inveisce contro una platea di studenti, definendoli "poveri comunisti", dimenticando che un rappresentante delle istituzioni dovrebbe essere il garante anche di chi dissente, specialmente se giovane.

Il decoro delle istituzioni, tuttavia, non è solo una questione di bon ton o di parole. È, prima di tutto, una questione di gestione della cosa pubblica. Come conciliare l'onore del ruolo con le ombre sulla gestione della Cassa Integrazione e delle aziende in crisi? Come ignorare il peso etico di chi, segretario di partito e ministro, porta sulle spalle il macigno di decine di milioni di euro di fondi pubblici dirottati, investiti in pietre preziose anziché restituiti alla Patria?

La democrazia non è solo l’esercizio del voto; è la qualità del comportamento di chi viene eletto. Quando il Governo nega a un Comune come Riace il gemellaggio con Gaza — un gesto di solidarietà umanitaria in un momento di sofferenza globale — sembra quasi voler sbarrare la strada a ogni forma di fratellanza che non rientri nei propri angusti schemi ideologici.

Forse il vero senso di questo Natale 2025, una volta tolte le decorazioni, è proprio questo: riscoprire il valore dell'esame di coscienza collettivo. Chiederci se questo spettacolo di "salti" e insulti sia davvero il riflesso della dignità che meritiamo. Se la risposta è no, allora il compito per l’anno che verrà è chiaro: pretendere che chi ci rappresenta torni a farlo con l'onore che la nostra Storia e la nostra Carta esigono.

Perché se la politica perde la dignità, a restare al buio non sono solo i palazzi del potere, ma l'intera comunità nazionale.

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