Israele, l’intelligenza che sceglie la barbarie
Sdegno e indignazione contro l’aggressione israeliana
L’ultima offensiva condotta da Israele, sotto la guida di Netanyahu, non può essere interpretata come una semplice risposta militare. È l’ennesima dimostrazione di una strategia brutale e deliberata, che calpesta ogni principio di umanità, diritto internazionale e rispetto per la vita.
Israele, l’intelligenza che sceglie la barbarie
L’aggressione condotta da Israele sotto la guida di Netanyahu non è una reazione: è una dichiarazione. Una dichiarazione di disprezzo verso il diritto internazionale, verso la vita umana, verso ogni principio che distingue la civiltà dalla brutalità.
Non si può parlare di errore. Le risorse d’intelligence israeliane sono tra le più avanzate al mondo. Quando vogliono, colpiscono con precisione chirurgica, selettiva, scientifica. Ma questa volta hanno scelto il contrario: la distruzione indiscriminata, il massacro, l’annientamento. Hanno scelto di colpire civili, ospedali, rifugi, scuole. Hanno scelto il terrore.
Questa non è difesa. È una strategia di appropriazione indebita del territorio palestinese, mascherata da guerra al terrorismo. È una pulizia etnica a bassa intensità, condotta sotto gli occhi di un mondo che si dice democratico, ma che troppo spesso resta in silenzio.
Il sdegno non basta. Serve una presa di posizione netta, inequivocabile. Serve che le voci libere si alzino, che i governi smettano di barattare la giustizia con la diplomazia. Perché ogni bomba che cade su Gaza non distrugge solo vite: distrugge anche la nostra coscienza collettiva.
Chi ha scelto la barbarie non può più nascondersi dietro la bandiera della sicurezza. E chi tace, oggi, sarà giudicato domani dalla storia.
Una scelta che rivela una volontà malcelata: quella di appropriarsi indebitamente del territorio palestinese, cancellando ogni traccia di resistenza, di identità, di esistenza. È una violazione sistematica dei diritti umani, un insulto alla coscienza del mondo civilizzato e democratico.
Chi tace è complice. Chi giustifica è corresponsabile. È tempo che le voci libere si alzino, che la comunità internazionale smetta di voltarsi dall’altra parte. Perché il sangue versato oggi grida giustizia, e la storia non perdonerà l’indifferenza.
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