Il corpo negato; Braghe sul sublime

 


Arte e censura: il corpo, il sacro e l’ipocrisia

Introduzione

La storia dell’arte è anche storia della censura. Da Michelangelo a Egon Schiele, gli artisti hanno spesso sfidato i confini imposti dalla morale, dalla religione e dal potere politico. Il corpo umano, in particolare, è stato il campo di battaglia su cui si è combattuta la tensione tra libertà espressiva e controllo ideologico. Questo saggio esplora il caso emblematico del Giudizio Universale di Michelangelo, il ruolo del Concilio di Trento, l’intervento del “Braghettone”, e altri episodi significativi di censura artistica, per riflettere sull’ipocrisia e il bigottismo che hanno spesso soffocato il sublime.

Il Giudizio Universale e la censura ecclesiastica

Dipinto tra il 1536 e il 1541 sulla parete dell’altare della Cappella Sistina, il Giudizio Universale di Michelangelo è un capolavoro che celebra la potenza del corpo umano come veicolo di spiritualità. Tuttavia, la nudità dei personaggi suscitò scandalo. Biagio da Cesena, maestro delle cerimonie papali, lo definì indegno di un luogo sacro. Dopo il Concilio di Trento, che impose una moralizzazione dell’arte sacra, Papa Pio IV incaricò Daniele da Volterra di coprire le nudità con panneggi, guadagnandosi il soprannome di Braghettone. L’intervento non fu solo estetico, ma ideologico: il corpo, da simbolo di resurrezione, fu ridotto a oggetto di vergogna.

Il Concilio di Trento e la normalizzazione del sacro

Il Concilio di Trento (1545–1563) rappresenta una svolta nella relazione tra arte e religione. In risposta alla Riforma protestante, la Chiesa cattolica cercò di riaffermare il proprio controllo anche attraverso le immagini. L’arte doveva essere chiara, devota, priva di ambiguità. La bellezza del corpo, se non funzionale alla catechesi, diventava sospetta. Questa visione riduttiva del sacro portò alla censura di opere che osavano mostrare l’umano nella sua interezza, con tutte le sue contraddizioni.

Ipocrisia e bigottismo: il volto oscuro della censura

La censura artistica non nasce solo da preoccupazioni teologiche, ma da una profonda ipocrisia culturale. Michelangelo non dipinse nudità per provocare, ma per esprimere verità spirituali. Tuttavia, la Chiesa preferì nascondere ciò che non riusciva a controllare. Il corpo, anziché essere celebrato come creazione divina, fu demonizzato. Questo atteggiamento rivela un bigottismo che confonde il sublime con lo scandaloso, e la bellezza con la tentazione.

Altri casi emblematici

La censura non si è fermata al Rinascimento. Masaccio, Caravaggio, Goya, Manet, Bronzino e Schiele sono solo alcuni degli artisti che hanno subito interventi moralizzatori. Le loro opere, spesso in anticipo sui tempi, hanno sfidato convenzioni e subito repressioni. In ogni caso, la censura ha cercato di normalizzare l’arte, di renderla conforme, di privarla della sua forza dirompente.

Conclusione

L’arte censurata è spesso l’arte più vera. Essa rivela ciò che la società non vuole vedere: il corpo, il desiderio, la morte, la verità. La censura, invece, è il riflesso della paura: paura del diverso, del libero, del profondo. Michelangelo, con il suo Giudizio Universale, ha mostrato che il corpo può essere sacro. I suoi censori, invece, hanno dimostrato che il potere teme ciò che non può controllare. In questo conflitto eterno tra arte e censura, è l’arte a vincere, perché continua a parlare anche quando viene zittita.

Ecco una selezione di casi celebri di censura artistica che, come nel caso del Giudizio Universale, rivelano quanto l’arte sia spesso stata ostacolata da poteri religiosi, morali o politici:


 Casi storici di censura artistica

1. Masaccio – La cacciata dei progenitori dall’Eden

  • Realizzata nel 1425, l’opera fu censurata nel 1642 con l’aggiunta di fogliame per coprire le nudità di Adamo ed Eva.
  • Solo nel 1988, grazie a un restauro, l’affresco tornò alla sua forma originale.

2. Caravaggio – Morte della Vergine

  • Rifiutata dai committenti perché la Vergine appariva troppo umana: piedi nudi, ventre gonfio, volto terreo.
  • Caravaggio si ispirò al cadavere di una prostituta annegata nel Tevere, scatenando scandalo.

3. Francisco Goya – La Maja Desnuda

  • Considerata scandalosa per lo sguardo diretto e sicuro della donna nuda.
  • L’opera fu nascosta per decenni e non esposta pubblicamente fino al XX secolo.

4. Eduard Manet – Olympia

  • Esposta nel 1865 a Parigi, fu criticata per la nudità esplicita e l’atteggiamento provocatorio della modella.
  • Il pubblico fu turbato dal fatto che la donna guardasse lo spettatore senza vergogna.

5. Agnolo Bronzino – Ritratto del nano Morgante

  • Il ritratto nudo del buffone di corte fu censurato nell’Ottocento, trasformandolo in una figura più “decorosa”.
  • Solo nel 2010 il dipinto fu restaurato nella sua versione originale.

6. Egon Schiele – Disegni erotici

  • Accusato nel 1912 di pornografia e corruzione di minori per i suoi disegni espliciti.
  • Fu arrestato e alcune opere vennero sequestrate.

 Perché censurare l’arte?

La censura nasce spesso da:

  • Paura del corpo come veicolo di verità e libertà.
  • Controllo ideologico: religione, politica, moralismo.
  • Timore del dissenso: l’arte può sfidare il potere, rivelare contraddizioni, provocare riflessione.

Come scriveva George Orwell:

“La libertà è il diritto di dire alla gente ciò che non vuole sentire.”



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