Gheddafi padre e figlio si concedono alle telecamere per insultare gli insorti; rivolgono all'opinione pubblica libica e internazionale parole di fuoco.
Arroganti, sicuri, sentono e lasciano intendere di essere i padroni della Libia.
Non hanno remore, scherniscono coloro che ritengono nemici e lasciano trasparire tutta la loro rabbia.
Altezzosi, chiamano sorci, drogati e traditori i connazionali insorti. Non c'è bisogno di psicologi o strateghi per capire che i Gheddafi non avranno nessuna pietà nel caso dovessero riprendere il potere.
Sempre davanti alle telecamere, i Gheddafi lanciano accuse agli europei, e quasi con disprezzo dicono che se non ci fosse il petrolio le nazioni europee non si sarebbero interessati al problema.
Le notizie escono dal suolo libico e arrivano agli osservatori esterni frammentarie. Non si capisce bene se gli insorti resistono o se le forze di Gheddafi hanno riconquistato i pozzi di petrolio e le città che erano in mano ai rivoltosi. Una cosa è certa: la sanguinaria reazione del rais; i bombardamenti sulla popolazione armata di niente continuano. Il genocidio non cessa!
E nel frattempo una miriade di
profughi nordafricani approdano sulle coste italiane su barconi che galleggiano per scommessa.
Arrivano disidratati, alcuni muoiono durante la traversata; filmano coi telefonini il viaggio della speranza e urlano di gioia quando toccano terra.
I centri d'accoglienza ospitano numeri imponenti in spazi non idonei e
Stefania Craxi, sottosegretario agli affari esteri, pensa di utilizzare un'area militare in disuso per allestire una tendopoli fino a quando non cessa l'emergenza profughi.
Non sappiamo se i Gheddafi riusciranno a mantenere il controllo della Libia e neanche se gli oppositori saranno democraticamente migliori.
Auspichiamo, piuttosto, la fine immediata di una guerra fratricida assurda e non ammissibile per quanti credono nei sacri valori della vita.