Università e militari: il sapere non si riserva

 Il rifiuto dell’Università di Bologna di attivare un corso esclusivo per gli ufficiali di Modena non è una chiusura ideologica, ma la difesa del principio che la formazione accademica resta pubblica, inclusiva e aperta a tutti.

sulla vicenda dell’Università di Bologna e il corso per i militari:
La polemica non riguarda tanto l’accesso dei militari all’università, quanto il principio di equità e la missione dell’istruzione superiore. 

L’idea di un corso “riservato” agli ufficiali ha sollevato dubbi sulla compatibilità con l’autonomia accademica e con il carattere pubblico dell’università.

La vicenda del corso di Filosofia negato dall’Università di Bologna agli ufficiali dell’Accademia di Modena è diventata un caso politico e culturale. Il governo ha parlato di “atto incomprensibile” e “lesivo dei doveri costituzionali”, mentre l’ateneo ha ribadito che nessuna iscrizione è stata mai negata: chiunque, militari compresi, può accedere ai corsi esistenti.

Il nodo è un altro: la richiesta di un percorso esclusivo e separato per un gruppo ristretto di ufficiali. Qui si scontrano due visioni. Da un lato, l’Esercito e il governo vedono nella formazione umanistica un arricchimento strategico per i militari, capace di favorire pensiero critico e superare stereotipi. Dall’altro, l’università difende il principio che la conoscenza è bene comune, non riservabile a categorie privilegiate.

La polemica rivela una tensione più ampia: il rapporto tra istituzioni accademiche e apparati dello Stato. È giusto che le forze armate cerchino di ampliare la propria formazione culturale, ma ciò deve avvenire senza deroghe ai criteri di accesso universale. Esistono già strumenti come convenzioni, poli decentrati e programmi integrati che permettono di conciliare esigenze specifiche con il rispetto dell’autonomia universitaria.

In questo senso, la scelta dell’Alma Mater non appare una chiusura ideologica, bensì una difesa della propria missione: garantire che l’università resti luogo pubblico, libero e inclusivo, dove la formazione non si frammenta in percorsi riservati. La vera sfida è trovare un equilibrio tra l’apertura alle esigenze delle forze armate e la tutela dei principi che fondano l’istruzione superiore.

In sintesi: L’editoriale mette in luce che la questione non è “militari sì o no”, ma se sia legittimo creare corsi esclusivi. La risposta dell’università è stata un “no” coerente con la sua funzione pubblica, mentre il governo ha trasformato la vicenda in un terreno di scontro politico.

Mentre, militari e governo hanno giustificato la richiesta con l’idea che la Filosofia potesse diventare un strumento di crescita culturale e professionale per gli ufficiali, e che l’università dovesse riconoscere e valorizzare questa esigenza con un percorso dedicato. L’Università di Bologna, invece, ha ribadito che la formazione accademica deve restare aperta e inclusiva, senza corsi riservati.

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