Diritto di parola
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Comunicare per amore socializzante, vanità o per volontà di dominio?
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"Umberto Eco, nei panni di un filosofo greco generato con IA" |
TUTTI VOGLIONO ESSERE INFLUENCER.
Hai notato anche tu questa sorta di “febbre da influencer”! È davvero affascinante come il desiderio di visibilità e approvazione sociale si sia evoluto nel mondo digitale. Con l’ausilio dell’IA cerchiamo di capire perché succede e quindi, quali sono i motivi scatenanti.
Ecco alcune ragioni dietro questo fenomeno:
Cultura della
visibilità: Oggi l’esposizione pubblica è vista come successo. Se non sei
visibile online sembra quasi che tu non esista.
Monetizzazione facile
(o presunta): L’idea che si possa guadagnare “facendo foto” o promuovendo
prodotti ha un fascino irresistibile, anche se la realtà è spesso ben diversa.
Validazione sociale:
Like, commenti e follower sono diventati una forma di approvazione che può dare
una “spinta” all’autostima.
Effetto emulazione:
Vedere altri “celebri” sui social porta molti a pensare “posso farlo anch’io”,
alimentando una corsa all’influenza.
Ma è tutto autentico?
La linea tra identità reale e personaggio digitale si fa
sempre più sottile. Alcuni lo fanno per passione, altri perché seguono una
tendenza, e altri ancora per colmare un vuoto personale.
Umberto Eco, in
merito ha espresso opinioni molto pungenti sul ruolo dei social media e,
indirettamente, sul fenomeno degli influencer.
Durante una lectio
magistralis nel 2015, disse:
“I social network danno diritto di parola a legioni di
imbecilli che prima parlavano solo al bar dopo un bicchiere di vino, senza
danneggiare la collettività. Ora questi imbecilli hanno lo stesso diritto di
parola dei Premi Nobel”.
Cosa intendeva Eco? Di sicuro non voleva essere un attacco
alla democrazia, ma una critica alla mancanza di filtro e approfondimento nel
dibattito pubblico online. infatti, i social amplificano voci che prima restavano
confinate in spazi privati e non danneggiavano la “crescita” culturale pop.
La comunicazione digitale ha abbassato la soglia della
competenza richiesta per esprimersi pubblicamente e l’informazione di valore
rischia di essere sommersa da contenuti superficiali o fuorvianti.
E gli influencer?
Sebbene Eco non abbia parlato direttamente degli influencer
come li intendiamo oggi, la sua riflessione si applica perfettamente:
l’influenza non è più legata alla competenza, ma alla visibilità. E questo, per
Eco, era un segnale di decadenza comunicativa.
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