A mio padre

 

Non ho memoria del volto di mio padre. 

Solo bagliori lontani, come sogni sbiaditi: 

le sue ginocchia che mi accolgono, 

il crepitio del fuoco, 

le dita che pizzicano le corde di una chitarra, 

e la sera che ci avvolgeva come un mantello.

 

Poi, il silenzio. 

La sua assenza, improvvisa, 

ha spento la luce e inghiottito l’immagine. 

Avevo tre anni. 

E l’anno dopo, ero già un nome in un elenco: 

“orfani, figli di caduti sul lavoro”. 

Un corteo di piccoli cuori spezzati, 

in attesa di un dono che lenisse l’inverno.

 

La Befana non mancava all’appello. 

Così mia madre mi portò in città, 

tra muri alti e scale fredde. 

Al primo piano, un sorriso ci accolse: 

— Che bel bambino! Vieni, ti faccio vedere.

 

Il salone era un mare di giocattoli rilucenti:  

Colori, forme, promesse. 

— Sei il primo, scegli quello che vuoi.

 

I miei occhi si posarono su una batteria rossa, 

piccola, brillante come un frutto proibito. 

Mi sedetti sullo sgabello, 

che sembrava fatto per me, 

e iniziai a suonare il mondo.

 stack --- e poi il silenzio.

di colpo la mia energia fu messa a tacere: 

il pedale cedette sotto i colpi feroci della mia frenesia. 

Un tonfo, poi il silenzio. 

Mi alzai con grazia, 

come se nulla fosse, 

e mi voltai verso un altro giocattolo. 

— L’ho rotta — pensai. 

Peccato, mi sarebbe piaciuto portarla a casa. 

Scelsi altro, ignaro 

che altre batterie dormivano negli scatoloni.

 

Mia madre tirò un sospiro di sollievo. 

— Meno male — disse all’assistente sociale — 

Avevo la testa che stava per scoppiare.

 

Non ho memoria del volto di mio padre. 

Solo bagliori lontani, come sogni sbiaditi: 

le sue ginocchia che mi accolgono, 

il crepitio del fuoco, 

le dita che pizzicano le corde di una chitarra, 

e la sera che ci avvolgeva come un mantello.

 

Poi, il silenzio. 

La sua assenza, improvvisa, 

ha spento la luce e inghiottito l’immagine. 

Avevo tre anni. 

E l’anno dopo, ero già un nome in un elenco: 

“orfani, figli di caduti sul lavoro”. 

Un corteo di piccoli cuori spezzati, 

in attesa di un dono che lenisse l’inverno.

 

La Befana non mancava all’appello. 

Così mia madre mi portò in città, 

tra muri alti e scale fredde. 

Al primo piano, un sorriso ci accolse: 

— Che bel bambino! Vieni, ti faccio vedere.

 

Il salone era un mare di giocattoli. 

Colori, forme, promesse. 

— Sei il primo, scegli quello che vuoi.

 

I miei occhi si posarono su una batteria rossa, 

piccola, brillante come un frutto proibito. 

Mi sedetti sullo sgabello, 

che sembrava fatto per me, 

e iniziai a suonare il mondo.

 

Ma l’imprevisto era in agguato: 

il pedale cedette sotto i miei colpi. 

Un tonfo, poi il silenzio. 

Mi alzai con grazia, 

come se nulla fosse, 

e mi voltai verso un altro giocattolo. 

— L’ho rotta — pensai. 

Peccato, mi sarebbe piaciuto portarla a casa. 

Scelsi altro, ignaro 

che altre batterie dormivano negli scatoloni.

 

Mia madre tirò un sospiro di sollievo. 

— Meno male — disse all’assistente sociale — 

Avevo la testa che stava per scoppiare.

 

E io, tra luci e plastica, 

continuai a cercare un suono, 

una forma, 

un piccolo frammento di mio padre 

nascosto in un regalo.


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Chi siamo

Abbiamo aperto questo blog nell’aprile del 2009 con il desiderio di creare una piazza virtuale: uno spazio libero, apolitico, ma profondamente attento ai fermenti sociali, alla cultura, agli artisti e ai cittadini qualunque che vivono la Calabria. Tracciamo itinerari per riscoprire luoghi conosciuti, forse dimenticati. Lo facciamo senza cattiveria, ma con determinazione. E a volte con un pizzico di indignazione, quando ci troviamo di fronte a fenomeni deleteri montati con cinismo da chi insozza la società con le proprie azioni. Chi siamo nella vita reale non conta. È irrilevante. Ciò che conta è la passione, l’amore, la sincerità con cui dedichiamo il nostro tempo a parlare ai cuori di chi passa da questo spazio virtuale. Non cerchiamo visibilità, ma connessione. Non inseguiamo titoli, ma emozioni condivise. Come quel piccolo battello di carta con una piuma per vela, poggiato su una tastiera: fragile, ma deciso. Simbolo di un viaggio fatto di parole, idee e bellezza. Questo blog è nato per associare le positività esistenti in Calabria al resto del mondo, analizzarne pacatamente le criticità, e contribuire a sfatare quel luogo comune che lega la nostra terra alla ‘ndrangheta e al malaffare. Ci auguriamo che questo spazio diventi un appuntamento fisso, atteso. Come il caffè del mattino, come il tramonto che consola. Benvenuti e buon vento a quanti navigano ogni singola goccia di bellezza che alimenta serenamente l’oceano della vita. Qui si costruiscono ponti d’amore.

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