ABBI CURA.
Abbi cura di me
non per pietà
LA GIORNATA DELLA DONNA SENZA FESTA PER FESTEGGIARE
E penso a te, Donna,
che non hai potuto festeggiare.
Donna abbandonata.
Al dolore e al rimpianto.
Alla fatica e alla lotta.
Scivola il tempo
Attimi. Ore. Giorni. Mesi. Anni.
Frazioni esperienziali
Forgiano le nostre esistenze.
Siamo attesi. Amati. Coccolati. Redarguiti dalla vita stessa.
Scivola il tempo.
Primi vagiti. Primi passi. Primi amori.
Prime disillusioni. E poi ancora infatuazioni.
Passata è la notte, non gli incubi.
La notte... oblio della ragione pura popolata di orrori figliati da bulli bellicosi. Arroganti coi deboli.
La notte dei tempi bui trascorre tra scorribande di flussi e riflessi storici, sociali, personali, di popoli, razze, etnie e individualità fuori dal tempo.
È una moda! Mi dico. È una moda? Passerà. Forse. Speriamo presto. Speriamo di tornare a vedere le stelle che riflettono sulla bellezza la luce dorata del pensiero puro.
È una moda? No! Una condizione imposta dai bulli cresciuti nell’ego smisurato e educati all’idea del superuomo che tutto può, anche decidere sulla vita e la morte degli ignari.
mario iannino
di Franco Cimino
L’AMORE NEL GIORNO DELLA SUA FESTA “COMANDATA”
E adesso innamorati! Aspettavi questo giorno della celebrazione dell’Amore, e allora forza apri cuore! E lascia stare le parole se non sono di poesia. E pure i fiori, se non sono di campo o di giardino. O quelli che spuntano sulla spiaggia, sui muri lungo le strade o sull’asfalto. Non un fiore che non hai colto tu. Innamorati. Della persona e delle persone, uomo o donna o altro, che siano.
Figure ancestrali visibili ai bambini e alle anime pure sovrastano la corteccia materiale della fisicità.
Bagliori inaspettati plasmano impalpabili visioni; evocano sensazioni sopite.
Buongiorno! Alla vita.
Figure familiari prendono forme, ammantano negatività e pensieri consci.
Sprazzi di luce tagliente danzano, s'inchinano al nuovo giorno.
Buongiorno giorno...
in groppa al destriero con ali dispiegate
il pensiero vola sulle bellezze del Creato.
L'aria fresca. Il silenzio del mattino sottolineato dal suono dei campanacci e dal canto degli uccelli.
Il risveglio del gallo imperioso.
Atmosfera bucolica. Quiete della mente.
Ascolto.
Silenzio relativo.
Lungo le vie deserte tra i ciuffi d'erba cresciuti spontanei sui marciapiedi.
Odore d'erba bagnata.
Canti della cinciallegra. Qualche muggito. e poi:
Rumore. Frastuono. Improvviso.
Una mano nevrotica strattona la cinghia. avvolge le doghe e spalanca l'essere nella realtà.
Misera.
Urla di rimprovero invadono la quiete del mattino. E lo sbotto del pianto infantile
autodifesa in un mondo di grandi.
I campanacci si attenuano e i muggiti cessano. Voli d'ali nel cielo terso. Qualche cirro biancastro dipingono lo sbadiglio di un nuovo giorno
sotto lo sguardo curioso della cornacchia appollaiata sul lampione.
©mario iannino
Si rimane un po' bambini.
Possiamo raggiungere i 90, cento anni, possiamo essere colpiti dalla demenza senile ma alcune sensazioni non sono mai colpite e cancellate.
Il calore del grembo materno, l'odore della prima poppata al seno, i baci, le carezze, le coccole di una madre premurosa ci fanno sempre compagnia e illuminano i momenti grigi del percorso terreno.
Non è mammismo, come potrebbe obbiettare sogghignando qualcuno. Sono tracce indelebili dell'amore della donna e di chi ti ha messo al mondo. E non è neanche attaccamento morboso alla famiglia. Il legame dura per sempre. Forte. È una fiammella sotto cenere, custodita dentro microcosmi e perdura oltre le frontiere geografiche e fisiche volute da fati avversi. Avversità che nulla possono contro il ricordo atemporale tenuto vivo dall'amore sincero. In tutte le forme “dell'amore umano” c'è dell'opportunismo tranne che nell'Amore dei genitori che hanno soffiato la vita. Impossibile recidere il cordone ombelicale con un taglio netto. La levatrice, figura poetica del tempo passato quando la cerimonia del parto avveniva tra le pareti domestiche d'un tempo, e l'ostetrica o ginecologo di oggi necessariamente devono recidere il canale fisico che fino al momento del parto lega il nascituro alla fonte di vita primaria. Ma il taglio chirurgico non è la fine di un sodalizio, è un distacco necessario, è l'inizio.
Cosa c'è in comune tra due personaggi nati, uno in America e l'altro in Italia, nel 1860 anno più anno meno?
Nella seconda metà dell'ottocento accaddero avvenimenti che segnarono e modificarono i destini del mondo. Tra guerre devastanti e guerre silenti nascevano grandi talenti che hanno reso catartica l'azione violenta dell'uomo.
In Europa il fermento creativo rivoluzionò i modelli creativi accademici ossequiosi col potere costituito e autoreferenziali fortificati delle categorie d'appartenenza. Molti artisti furono costretti a fuggire perché perseguitati dai sistemi totalitari ancorati alle dottrine ideologiche che non lasciavano spazi alle forme del libero pensiero espresso in pittura, musica e teatro.
Il sogno americano divenne realtà. E molti trovarono accoglienza. Altri, nativi d'America, furono messi al bando dai concittadini per avere osato descriverne le debolezze se pur in chiave poetica.
Edgar Lee Masters è uno degli esuli in patria, auto-condannatosi per avere scritto degli epitaffi sui concittadini rompendo quella cortina di perbenismo imposta per l'ultima dimora.
Masters, avvocato e poeta, (1869-1948), condannato dalla società per avere osato denunciare le incongruenze dei defunti nel suo Spoon River tradotto da Fernanda Pivano, musicato da Ermanno Olmi, cantato da De Andrè e apprezzato dai lettori di mezzo mondo si riscatta nel nuovo secolo con l'edizione originale del 1915 e si fortifica tra i lettori italiani nel 1943. così molti apprendono del microcosmo di Lewistown e Pittsburg nell'Illinois.
In Italia, nel sud d'Italia, precisamente in Catanzaro, guerre intestine a parte, un giovane, G. Patari (1866-1948), scriveva in vernacolo catanzarese e descriveva poeticamente i vizi e le virtù del microcosmo racchiuso sui tre colli protetto dalle mura di Carlo V che si estendevano dal castello omonimo fino a bellavista fuori le porta (fhora e porthu).
Non c'è stato l'incontro con poeti maledetti e o cantautori dotati di sensibilità estreme ma fu apprezzato dai contemporanei che lo proposero come insegnante nel locale liceo Galluppi. Questo percorso lo tenne fuori dall'attività forense (anche lui come Masters era avvocato) e gli diede l'opportunità di esprimere versi a volte caustici, satirici, impietosi nei confronti di una società appariscente e voltafaccia. Giornalista satirico seppe osservare ben i costumi e trascriverli senza farsi nemici come si evince ne: “I trafacceri” (i voltafaccia):
I (davanti)
Ca comu hjiu ppe ma veniti a st'ura?...
Mamma, cchi onori, prestu, favuriti...
permettiti ma furnu sta custura...
E a gnura Grazza comu sta? Diciti...
(…)
Gesù, v'azati? E chi fu, ndo Mbicè?
Assettativi... (Ro' porta 'na tazza),
ma vi pigghjati nu pocu e cafè...
(…)
II (darretu)
Duv'esta cchi bottija menzijornu... E fannu a st'ura visit a li genti... Certi persuni, Rò, perdiru u scornu... tantu da fama mi sbattunu i denti... Guarda tu, nci volia s'atru talornu...(...) mi dissa ca a mugghiera esta malata ccha chi nci manca a chiddha sgaddoffata? (…)
Atteggiamenti e costumi in cui ci ritroviamo tutti, chi più chi meno, ma imputiamo sempre agli altri. Forse per questo motivo ridiamo... o forse no?
La scogliera di Cassiodoro è situata tra i comuni di Stalettì e Montauro, nel golfo di Squillace. L’affaccio sul mare è spettacolare! ...