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venerdì 13 settembre 2024

giovedì 3 agosto 2023

Tempo di melanzane, ricetta

 


Sì lo so fa caldo ma in agosto la terra dà frutti di stagione in pieno campo che, coltivati come da tradizione, se cucinati secondo le tradizioni locali nutrono gli occhi e lo stomaco dei commensali.

I prodotti dell'orto rendono il massimo dal punto di vista organoletico e fanno un figurone sulle tavole.

Nessuno ha mai disdegnato di gustare un buon piatto elaborato sapientemente e non c'è bisogno di essere delle buone forchette per apprezzare i prodotti ortofrutticoli cotti o al naturale.


Alcune colture esaltano i sapori dando il meglio previa cottura e relative, successive, elaborazioni.

Le melanzane ripiene sono tra queste.

In quasi tutte le regioni le ricette delle nonne si somigliano:

lessate e svuotate dalla polpa in modo da formare con la buccia una barchetta da riempire in seguito, le melanzane al forno, sono da considerare un piatto unico e completo da consumare caldo oppure freddo.

martedì 13 dicembre 2022

Catanzaro, Tradizioni e cultura popolare in cucina

 



“Cchi voliti a capureddha o a coratella?”

Oggi il macellaio fa questa domanda: preferite la testa oppure il cuore col polmone e i fegatini? E sì, chi compra il capretto per il pranzo dell'Immacolata deve prendere la testa oppure il cuore e i polmoni dell'animale. Non si butta niente!

Mentre un tempo gli scarti, cioè le parti meno nobili del capretto, erano il piatto forte per le famiglie povere ed erano venduti a prezzi irrisori e a volte date come moneta di scambio ai lavoranti e garzoni di bottega. Un po' come il morzello ricavato dalle interiora dei bovini macellati che venivano distribuite ai lavoranti del macello comunale e le donne, facendo di necessità virtù, nonché le mamme catanzaresi, seppero elevare a eccellenza gli scarti "limmijati".

Così come l'ottimo capretto al forno, detto anche "sbrigogna mugghieri" per la misera resa quantitativa, ‘a coratella è tradizionalmente il piatto della festa dedicata a Maria Immacolata che si gusta sulla tavola della tradizionale cucina catanzarese.

La cucina povera calabrese sfrutta e esalta le parti meno nobili degli animali “sacrificali". Li elabora sapientemente. E aggiungendo in cottura gli aromi appropriati ne esalta le peculiarità organolettiche.

 

martedì 11 ottobre 2022

Alle nonne e ai nonni, pilastri intramontabili

 


Scrivere parole e frasi dialettali in italiano è quasi impossibile.

Alcune espressioni non trovano corrispondenze tra lo slang della parola parlata nei luoghi d'origine, le lettere dell'alfabeto italiano e la relativa onomatopea. 

Un esempio:

Caffè, in italiano si scrive e si pronuncia tale e quale; ma se facciamo una breve gita panoramica tra gli idiomi d'Italia ci accorgiamo che a Napoli, grosso modo, dicono: 'o ccafhé! Mentre in Calabria diciamo cafhè con “f” e “h” aspirata. E le labbra rimangono aperte. Esattamente pronunciamo questa parola quasi in un soffio che elide la "F": cahè.

Altre consonanti, invece, sembrano essere a metà tra la “N” e la “D” perché la punta della lingua si appoggia al palato ma emette un suono più duro, simile alla "N". come nel casi di:

Beddha. In italiano “bella”, stesso concetto nel lessico dialettale ma, se ascoltiamo bene durante la pronuncia non sembrano esistere nessuna delle due lettere "D e H".

Perché questa breve introduzione al dialetto calabrese?

Perché ho in mente una breve storia di vita vissuta ambientata in un paese montano delle preserre calabre dove rimangono saldamente ancorati i ricordi più belli della mia infanzia: Palermiti

Un po' di pazienza e fate quindi attenzione alla pronuncia delle consonanti usate per le parole che contengono il dittongo “dh” come: gadhuoffi” che tradotto vuol dire : caldarroste. E se imparate a ruotare la lingua sul palato ascolterete la giusta nota onomatopeica e comprendere appieno il significato. Lo so è faticoso. Ma proviamo, dai:

La nuvola avvolge l'anticamera e quasi nasconde alla vista la scala in legno che porta su in cucina. L'odore intenso di orzo appena tostato penetra nelle narici piacevolmente a ricordare i bei tempi dell'infanzia a quando la nonna preparava la bevanda per la prima colazione.

Nonna dove sei?

Ccàh su ccàh sagghia figghju su ccassupa. Tira u saliscindi e vieni. Il saliscendi era una sorta di maniglia situata sopra la toppa della porta d'ingresso alla cui estremità era annodato un filo di spago che penzolava all'esterno da un foro. Non c'era la paura tra gli abitanti del paese che qualche male intenzionato potesse entrare e fare razzia dei beni. No! E non perché qualche legge terrorizzava i ladri e metteva le case e le proprietà al sicuro ma semplicemente perché lì, in quel luogo vigeva una grande armonia e condivisione tra gli abitanti.

La “legge del buon vicinato” mai scritta ma tenuta in grande considerazione sopperiva ai bisogni delle famiglie del circondario. Non che le donne lavorassero fuori casa. Lì le mamme accudivano i figli, anche quelli delle altre momentaneamente impegnate a coltivare i campi o portare "a brodata" ai maiali.


Nanna cchi è stu fhumu?

*Nentha... stava russtiendhu na puocu e uorzu ppè u cahé do matinu. Però u sapìa ca venivi e guarda ti stajiu preparando i bàddhari (pop corn). Và si ndavua e cchjiù pigghia natru paniculu e scuorciulallu... o u vua rrustutu? Pigghja pigghja ca è 'nto panaru mpendutu dhà …



dedicato ai nonni: Antonio e Teresa, Carlo e Angiola.

Nonna cos'è 'sto fumo?

*"Niente, stavo abbrustolendo un po' di orzo per il caffé di domattina. Però sapevo che saresti venuto a trovarmi e ti sto preparando i pop corn. Se ne vuoi di più prendi un'altra pannocchia di granturco, là nel paniere e snocciolalo oppure lo preferisci arrostito?"

domenica 9 agosto 2020

PEPERONI RIPIENI FRITTI come da tradizione

Accendere il forno a legna in estate è da masochisti.

Nella casa di campagna non era arrivata ancora l'energia elettrica e ogni cosa doveva essere fatta secondo antichi criteri. Al massimo si poteva usufruire della bombola del gas, trasportata a dorso di mulo dal paese, ma quasi sempre si preferiva accendere il fuoco e cucinare un pasto frugale nell'aia a mezzogiorno, all'ombra del maestoso pino.


L'orto donava i frutti con generosità.

Peperoni, cetrioli, pomodori, fagiolini e qualsiasi altro prodotto piantato e coltivato a tempo debito.


peperoni tondi ripieni e fritti


Il paniere, colmo di peperoni carnosi ottimi da fare ripieni, appena poggiato sul tavolo, emanava odori gradevoli di ortaggi appena colti.

L'antica ricetta, semplice per necessità oggettive, (ricordiamo che non c'era il frigorifero e qualsiasi altro elettrodomestico) era composta da un impasto di pane raffermo, un generoso pugno di formaggio pecorino, qualche uovo sodo e pezzetti di caciocavallo con qualche variante in base alle riserve accumulate in credenza.

Solitamente, questo il ripieno dei peperoni tondi fritti. E mia madre era maestra nel prepararli.

La padella, annerita dalle fiamme del legno di limone o alloro, sul treppiede in ferro battuto, conteneva comodamente la porzione necessaria per la famiglia.

L'odore dell'olio fritto, e, ancora prima, l'impasto con l'aggiunta di carne tritata e un pizzico di noce moscata, hanno fatto riaffiorare in me ricordi sopiti ma mai dimenticati.

Negli anni della mia infanzia i giorni estivi si snocciolavano ciondolando senza meta per i campi e arrampicate sugli alberi; scorpacciate di fichi, ciliegie, qualche pomodoro appena staccato dalla pianta nel silenzio interrotto dal suono delle foglie mosse dal vento e dallo sgorgare del ruscello che scorreva nel mezzo della campagna.

venerdì 9 febbraio 2018

Trippa al sugo di pomodoro

Oggi trippa. Da una vecchia ricetta contadina.


Una antica ricetta tramandata da madre a figlia oralmente impone pochi ma imprescindibili regole.

La prima, che è quella che dà gusto alla pietanza, impone di sciogliere del grasso e fare rosolare uno spicchio di aglio nel tegame prima di aggiungere la trippa ben pulita, lavata e bollita.
La seconda consiste nell'aggiungere l'acqua della bollitura insieme al sugo di pomodoro e qualche cucchiaio di concentrato di pomodoro. Ma vediamo insieme la scaletta così da non sbagliare.

Procediamo per gradi.
Ecco cosa serve per una pietanza:

trippa, qb alla bisogna;
sale q.b.
aglio;
origano;
passata di pomodoro;
peperoncino piccante;
un po' di grasso.

Una volta che abbiamo tutti gli ingredienti iniziamo col fare bollire l'acqua. Aggiungiamo la trippa lasciandola bollire per cinque minuti. Manteniamo l'acqua che ci servirà in seguito.
Facciamo bollire a parte il grasso e poi passiamolo al passatutto.
Tagliamo a striscioline la trippa.
Trasferiamo in una pentola capiente il grasso; aggiungiamo qualche spicchio d'aglio e lasciamolo andare. Appena dorato l'aglio, versiamo la trippa e aggiungiamo il passato di pomodoro insieme a due cucchiai di concentrato. Aggiungiamo l'acqua della bollitura e lasciamo cuocere lentamente per qualche ora a fuoco lento.

giovedì 14 settembre 2017

Provviste. Come una volta

Oggi, 14 settembre 2017, il cielo è color zaffiro. Intenso. A tratti tenue. Non una nuvola offusca la vista. Il golfo è sotto di me. Da quì, sull'albero, il mare sembra che lo tocchi..

Il vecchio ulivo, dai contorni decisi, è carico di frutti maturi e succosi. È d'obbligo raccoglierli! Non per spremerli e ricavarne del buon olio extravergine, (con un solo albero sarebbe ridicolo!) ma per fare delle provviste da consumare in famiglia. Aggiustarle e aromatizzarle (le olive) per esaltare le più carnose nella salamoia e schiacciare le altre. D'altronde sono olive biologiche, non trattate chimicamente ed è normale che alcune siano poco accattivanti. Noi le preferiamo così! Al naturale.

È una forma di rispetto per la natura e
per noi stessi.

Le olive sottosale saranno buone da mangiare tra qualche mese mentre quelle schiacciate, denocciolate e insaporite con aglio peperoncino e finocchio selvatico, dopo 3-4, 5 giorni al massimo.
Le olive, comunque si preparino, sono ottime da degustare, sempre. Quelle schiacciate basta tenerle nell'acqua e rinnovarla ogni giorno affinché l'amaro vada via dopodiché, l'una tira l'altra, proprio come le ciliegge, se non più!, diventano prelibati stuzzichini da portare in tavola come antipasto o contorno.



sabato 21 gennaio 2017

110 e lode

 Con bacio sulle guanciotte e applauso

 

Quando mia nonna racconta della sua infanzia sembra di vivere in una favola...
 Coi racconti di mia nonna è come vivere in una favola. Ogni sua parola è poesia d'altri tempi, una favola intinta di nostalgia per il tempo passato che la sua saggezza trasforma positivamente per vivere al meglio il presente.

Nonna parla di una materia che studiava a scuola: economia domestica.
patate e peperoni in pastasfoglia

L'economia domestica, in sintesi, spiegava l'arte e le tecniche per utilizzare al meglio i beni di prima necessità, dagli indumenti agli alimenti. Niente poteva essere sprecato e men che meno il pane raffermo, le code delle cipolle, i rizomi degli ortaggi e quant'altro. I vestiti e le scarpe passavano dai fratelli grandi ai piccoli. Gli arredi erano beni da conservare e valorizzare insieme alla casa.
 Ma parliamo dell'alimentazione, dei prodotti che servivano e servono per mantenere in buona forma il corpo.

Le motivazioni si possono intuire. All'epoca non c'erano molti fornai che impastavano e vendevano pane e briosce o taralli e pizzelline come avviene oggi.
A quei tempi il pane si faceva in casa. Quasi tutte le case erano dotate di forno a legna e chi non possedeva questa comodità chiedeva soccorso alla parente o alla comare.

domenica 25 settembre 2016

Polpettone al forno, buono economico veloce

Sì il cervello gira. Gira per valutare come portare qualcosa in tavola. Qualcosa che sia gradito e che non costi molto. Ecco, per accontentare tutti, grandi e piccini, oggi facciamo le polpette fritte.

Costo e ricetta sono alla portata di tutti, almeno per ora.


Necessita, per 4/5 persone,
mezzo chilo di carne tritata;
un quarto di pane duro, raffermo, di qualche giorno, da mettere in una bacinella con dell'acqua;
un ciuffo di prezzemolo;
uno spicchio di aglio;
formaggio pecorino grattuggiato;
un uovo fresco.


martedì 26 aprile 2016

Ricezione, le cose buone della Calabria


Calabria: uno sguardo verso il mare jonio
 dalla presila catanzarese

Peccato non potere godere del panorama e degli odori della terra di questo lembo di Calabria che si affaccia sul mare jonio.
Piove e il vento è forte. Il maltempo ci impone un'entrata veloce nel casale
Dentro, nella struttura agrituristica, il caminetto è acceso. Nel piccolo salone due tavoli sono occupati da giovani coppie e dai loro figli. E, poco discosti dalle pareti, una sequela di tavolinetti, affiancati l'un l'altro, compongono una tavolata a forma di L.
Prendiamo posto. Inizia la girandola degli antipasti rigorosamente calabresi e prodotti in loco: frittelle di verdure, polpette di carne e di patate, capocollo, salsiccia affumicata, olive, pecorino, fagioli con verdura, fave condite con l'olio extravergine della casa e tante altre buonissime cibarie che degustate divinamente stroncano inevitabilmente l'appetito.
Impossibile, per me, continuare il pranzo e assaporare le altre portate: pasta al forno ripiena; risotto con speck e asparagi; pollo ripieno, tagliata con rucola e filetti di formaggio...


Questo è solo un assaggio, dell'agriturismo e delle sue peculiarità parleremo inseguito in un post ad hoc.

Per il momento diciamo che è a pochi minuti da Catanzaro e a due passi dalla ss 106, sulle colline che portano nella presila catanzarese e che, da quanto ho potuto constatare in questa prima visita, vale la pena scoprire, apprezzare e divulgare.

mercoledì 30 marzo 2016

A tijana e pasqua calabrisa

Agnello al forno calabrese


Per le feste di Pasqua in Calabria rimangono salde le tradizioni religiose e culinarie. Nei paesi i fedeli si preparano per la processione. Catanzaro esprime la religiosità e la passione di Cristo con la “naca”, si suonano le “troccole” per le strade e i “vattienti sanguinano a Nocera Tirinese. Processioni e visite ai sepolcri, ma anche dolci, cuzzupe, nepitelle, agnello in tegame: 'a tigana o tijana, e a capureddha.
Il sacrificio dell'agnello pasquale è un rituale antico. Noi mangiamo l'agnello di Cristo.
Un tempo la carne era un lusso riservato ai benestanti mentre il ceto medio o povero doveva aspettare le feste per potersi permettere un pezzo di capra, pecora o agnello. Non si buttava niente! Anche la testa dell'agnello si metteva nel forno tra gli altri pezzi di carne insieme alle patate e ai piselli e carciofi. Il tutto spolverato con abbondante mollica aromatizzata.
Non era e non è inteso, in base al rituale, il pranzo pasquale un atto barbaro. Noi siamo onnivori, tra l'altro. E nutrire il corpo con la carne oltre alla verdura, latte, latticini e frutta è nella nostra cultura.
Ora, voglio dire, alcuni decidono di non mangiare carne, essere vegani o altro, ben per loro, ma non possono scandalizzarsi o gridare sdegnose parole contro chi non la pensa come loro e continua a amntenre alta la tradizione popolare. D'altronde gli allevamenti servono a sfamare l'uomo e la sua prole.
Buon pranzo e che tutti abbiano cibo da mangiare ogni giorno.

domenica 28 febbraio 2016

Condimenti alla calabrese per pasta

Quanti di voi sanno come si prepara il sugo con la carne macinata alla calabrese?
Ho carpito i segreti della cucina casareccia di mia nonna e ora ve li confido:

sugo alla calabrese per paste

anzitutto serve un tegame in terra cotta, uno spicchio d'aglio, un peperoncino piccante, un filo d'olio extravergine di oliva, una o due bottiglie da litro di salsa di pomodori, basilico.

Si lascia imbiondire l'aglio nel tegame con l'olio. L'aglio, appena rosolato si toglie e si versa la carne macinata. Si lascia soffriggere un po' e quando la carne assume il colore della mezza-cottura si versa la salsa. A questo punto si abbassa la fiamma e si attende che il sugo acquisti la giusta corposità, non deve essere troppo acquoso (che fa rima con petaloso anche se non è preso in considerazione dall'accademia della crusca) ma deve possedere una cremosità accattivante degna del connubio con qualsiasi pasta.

mercoledì 20 gennaio 2016

Le carote di nonna Elena

CAROTE, NATURALMENTE SANI.

Con le carote si purifica il fegato, si rinforzano i reni, migliorano vista e difese immunitarie.




Altro che olio di fegato di merluzzo e pillole di vitamina A. la carota contiene tutto ciò che serve per farci stare in ottima salute!
Il beta-carotene, di cui le carote sono ricche, è trasformato in vitamina A dal fegato e previene, secondo gli studi condotti dai ricercatori scientifici, la degenerazione maculare e la cataratta senile.

Insomma, mangiare carote fa bene! Ma nonna Elena non credo lo sapesse dagli studi scientifici (aveva appena la licenza elementare, e di quei tempi era già tanto!) però sapeva cuocerli in molti modi per renderli appetibili anche ai golosi più esigenti. Agrodolci al punto giusto, diventavano un gustoso antipasto o un contorno, a seconda del momento.

La preparazione era ed è molto semplice. Per prima cosa si devono pulire le carote, dopodiché si mettono a bollire in una pentola con dell'acqua. Appena croccanti, si tolgono dalla pentola col ragno e si versano in una ciotola capiente. Si condiscono con aceto, olio, sale quanto basta. Si aggiunge un po' d'acqua di cottura. E, Chi ama il piccante può aggiungere aglio e peperoncino. Si cosparge sopra una copiosa manciata di mollica di pane aromatizzata con formaggio, prezzemolo o menta e si mescola. … buona degustazione! :-)

domenica 18 gennaio 2015

Domenica: gnocchi!

In cucina con amore. 


domenica, gnocchi
preparazione degli gnocchi


E sì c'è ancora chi tiene alta la tradizione e la domenica fa sentire in casa l'atmosfera delle feste. Sembra lontano il tempo in cui al settimo giorno ci si riposava e si volgeva l'animo alla preghiera.

“Il lavoro è preghiera. Una buona mamma prega dando il buon esempio ai figli. Non facendogli mancare il suo calore... incoraggiandoli”. Queste, alcune parole ripetute spesso da mamma Natuzza quando andavo a trovarla e le chiedevo come facesse a fare tutto quello che faceva in casa e con la fila delle persone alla porta.

Lei diceva di non avere fatto mai mancare niente ai figli e al marito. Nonostante i suoi incessanti impegni coi fedeli riusciva a cucinare e badare alla casa. E a chi, come me, le chiedeva come facesse, se usava il suo dono dell'ubiquità, rispondeva con un semplice sorriso dicendo: mi alzo alle cinque, preparo il mangiare e faccio le cose che ci sono da fare in una casa.

A distanza di tempo, sentendo e leggendo quanto si narra di Lei, mi sorge un dubbio. Penso di non avere saputo apprezzare appieno la sua disponibilità e l'enorme privilegio che mi è stato concesso di parlarle e apprendere le piccole gioie della vita.

A Lei dedico questo giorno e il religioso impegno del lavoro domenicale nell'accudire la famiglia.

La ricetta è semplice e empirica è la misurazione degli ingredienti, proprio come si fa nella tradizione della cucina mediterranea. La farina e le patate bollite e passate al setaccio si impastano in quantità uguali usando come termine di misura *le mani congiunte, concave a forma di coppa.

Ingredienti per 4 persone:
1kg di patate.
Farina di grano q.b.

Impastare con acqua quattro più quattro misure* di patate e farina, una misura, per ogni persona, di farina e una di patate bollite passate al setaccio, fino a quando la pasta diventa corposa e morbida e non si attacca al talgiere e alle mani.

Prendere un pezzetto di amalgama e sfilare l'impasto fino ad ottenere bastoncini lunghi circa 40, 50 centimetri e grossi quanto un dito. Tagliarli a tocchetti e pressarli su una forchetta o sull'apposito arricciatore per gnocchi (un tempo si usava “u crivu” un piccolo cesto in vimini).

Tempo di cottura 5 minuti. Condire con sugo di pomodoro o qualsivoglia altro condimento casareccio.
... e buon appetito

giovedì 9 ottobre 2014

Morzello di baccalà al sugo di pomodoro

Parliamo di economia domestica e creatività in cucina. Parliamo di baccalà o stocco, un tempo piatto povero per eccellenza, in salsa di pomodoro, oggi sfizioso spuntino completo che sostituisce pranzo o cena. Ovvero, vi spiego come fa mia mamma il:

MORZELLO DI BACCALA'.



Tempo di preparazione mezz'ora circa.

Cosa serve?

1/2kg di baccalà; due litri di salsa di pomodoro alla calabrese; mezza cipolla rossa dolce; un peperoncino piccante; un po di origano; olio e sale q.b.

Procedimento:

lessare il baccalà tagliato a pezzettoni. Una volta cotto eliminare la pelle e le lische. Ridurlo a tocchetti piccoli.
Nel frattempo preparare in una pentola il sugo di pomodori insaporito con mezza cipolla, origano, olio e sale. Versare dentro il baccalà sminuzzato e lasciare cuocere per circa dieci minuti.

Si apprezza in pitta. La stessa ciambella di grano tenero usata per il morzello di bovino, il tipico piatto catanzarese.

venerdì 3 ottobre 2014

Il Morzello, storia e ingredienti della cucina povera catanzarese

Di necessità virtù.

Quando si ha fame e non ci sono troppe possibilità per colmarla ogni cosa commestibile è ben accetta. Ed è così che nasce il piatto tipico della cucina povera catanzarese: il morzello!

Secondo la tradizione orale pare che durante uno dei tanti periodi di carestia che solitamente tocca i ceti poveri e indifesi, quando, per capirci, la carne era presente solo ed esclusivamente sulle tavole dei benestanti, un inserviente che lavava le vasche al macello si vide ripagare il lavoro con delle interiora di vacche appena macellate.

Il pover'uomo portò le interiora sporche e sanguinolenti alla moglie e le disse di recuperare qualcosa. La donna che doveva badare ad una prole numerosa non fece una piega. Svuotò la trippa al fiume e la grattò ben bene fino a farla diventare bianca. La mise nel secchio con del limone. Aggiunse milza e polmone ben lavati. Riempì una brocca d'acqua e fece ritorno a casa. Accese il fuoco. Poggiò sul treppiede in mezzo al focolare un calderone capiente e mise la trippa a bollire insieme agli altri ingredienti.
L'odore lievemente acre si sparse per casa ma fu subito coperto dalla cipolla che soffriggeva nella padella sulla cucina economica, lì affianco.

I figli erano fuori, in strada a giocare per non sentire il freddo dell'inverno.

La donna rimestava di tanto in tanto per valutare la cottura delle interiora nel calderone. Quando ritenne che la trippa, il cento pelli, il polmone e la milza avessero raggiunto la giusta consistenza buttò dentro anche il fegato, poi, prese due canovacci di canapone, afferrò il calderone per i manici laterali e lo tolse dal fuco. Aspettò che si stemperassero e tagliò il tutto a pezzettini.

Mise l'acqua della bollitura in un recipiente destinato al maiale. Sciacquò il calderone e lo riposizionò sul fornellone. Aggiunse del concentrato di pomodoro e un mestolo di grasso di maiale. Una manciata di origano. Qualche foglia di alloro, due o tre spicchi d'aglio e due peperoncini piccanti. Non appena il grasso iniziò a soffriggere versò dentro le interiora tagliuzzate. Aggiunse dell'acqua e aspettò. Dopo circa due ore di gorgoglii il profumo invogliava chiunque passasse dal vicoletto a fermarsi e chiedere cosa stesse cuocendo e la signora rispondeva serafica: “nenta, maritumma portau nu pocu e fragagghii e i stajiu facendi cu nu pocu e sarsa comu i vermituri, armenu ppe' oja mangiamu! (mio marito ha portato delle interiora e li sto cuocendo al sugo come le lumache, almeno per oggi mangiamo!).

Questa è la narrazione, la storia orale di come una casalinga s'inventò il morzello (morzeddhu) a Catanzaro adoperando parti poco nobili dei bovini che sarebbero andati perduti, gettati nella discarica o dati come cibo agli animali e che, invece, grazie alla creatività e alle esigenze congetturali, oggi è il piatto forte della cucina catanzarese. che, messo in pitta o nel piatto, accompagnato da un buon vino rosso, corposo, è ben accetto in qualsiasi ora del giorno. a pranzo come a cena o, come usavano gli operai fino a qualche decennio addietro, come spuntino di metà mattinata.

mercoledì 1 ottobre 2014

Spaghetti, broccoli e peperoncino

Un primo piatto veloce veloce e saporitissimo a (quasi) costo zero?



PASTA CON BROCCOLI E PEPERONCINO.

Ingredienti per 4 persone:

pasta (possibilmente spaghetti o bavette) q.b.
un cespo di broccoli
una testa d'aglio
un peperoncino piccante
sale e olio.

Cuocere la pasta in abbondante acqua bollente.
Pulire e lavare i broccoletti divisi in piccoli cespi.
Adagiare tre spicchi d'aglio in una pentola insieme al peperoncino. Condire con due cucchiai d'olio extravergine d'oliva. Aggiungere i broccoletti. Coprire la pentola e lasciare cuocere a fuoco moderato per circa 10 minuti. Agitare la pentola senza sollevare il coperchio in modo che si cuocia il tutto col vapore prodotto dagli ingredienti.

Sgocciolare la pasta cotta. Versarla in una padella capiente e mantecare insieme ai broccoletti cotti.

Impiattate e buon appetito!

mercoledì 3 settembre 2014

Barbecue di fine estate

CUCINA SALUTISTA:


Peperoni, cipolle, pesce al barbecue.

Peperoni arrostiti sulla brace. Pelati e conditi con ilio extravergine di oliva calabrese. Aglio. Basilico.

Cipolle rosse dolci di Tropea arrostite alla brace, aggiustate in agrodolce. Pulite. Tagliuzzate. Zucchero. Sale. Aceto. Olio extravergine di ulive.

Pesce azzurro al cartoccio, cucinato sulla pietra ollare. Prezzemolo. Aglio. Spennellature di aceto e olio.

E buon appetito! 

martedì 29 luglio 2014

Melanzane ripiene alla calabrese

Prove di alta classe culinaria: le melanzane ripiene alla calabrese.




Come diciamo noi in Calabria: i malangiani chjini a lu fhurnu.

È tempo di melanzane e si avvicina la fatidica data del 15 agosto. Ancora d anoi rimane vivo il concetto di gita fuori porta, o per meglio dire, in Sila o tra i boschi delle Serre ma anche al mare. Insomma l'itinerario è soggettivo ma non è soggettivo il menù che si rifà ai criteri della tradizionale scampagnata di ferragosto. Quindi con l'immancabile pasta piena al forno e le melanzane ripiene al forno. Due pietanza che si gustano benissimo anche fredde.

Le modalità di preparazione hanno delle piccole sfumature che dipendono dai luoghi e dalle esigenze economiche delle famiglie. Per esempio c'è chi frigge le melanzane e chi le fa bollire prima di infornarle. C'è chi abbonda con la mollica di pane raffermo e chi predilige la polpa delle melanzane stesse soffritte con l'aglio e impastate con della carne macinata.

La ricetta vegetariana è la seguente:

tagliare a metà le melanzane e scavarle. Tagliare a tocchetti la polpa, soffriggerla con aglio, prezzemolo, peperoncino. Impastare il tutto aggiungendo formaggio pecorino e parmigiano grattugiato. Fare bollire le calotte e riempirle con l'impasto.
Coprire con salsa di pomodoro e infornare a 180°.

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