Il Morzello, storia e ingredienti della cucina povera catanzarese

Di necessità virtù.

Quando si ha fame e non ci sono troppe possibilità per colmarla ogni cosa commestibile è ben accetta. Ed è così che nasce il piatto tipico della cucina povera catanzarese: il morzello!

Secondo la tradizione orale pare che durante uno dei tanti periodi di carestia che solitamente tocca i ceti poveri e indifesi, quando, per capirci, la carne era presente solo ed esclusivamente sulle tavole dei benestanti, un inserviente che lavava le vasche al macello si vide ripagare il lavoro con delle interiora di vacche appena macellate.

Il pover'uomo portò le interiora sporche e sanguinolenti alla moglie e le disse di recuperare qualcosa. La donna che doveva badare ad una prole numerosa non fece una piega. Svuotò la trippa al fiume e la grattò ben bene fino a farla diventare bianca. La mise nel secchio con del limone. Aggiunse milza e polmone ben lavati. Riempì una brocca d'acqua e fece ritorno a casa. Accese il fuoco. Poggiò sul treppiede in mezzo al focolare un calderone capiente e mise la trippa a bollire insieme agli altri ingredienti.
L'odore lievemente acre si sparse per casa ma fu subito coperto dalla cipolla che soffriggeva nella padella sulla cucina economica, lì affianco.

I figli erano fuori, in strada a giocare per non sentire il freddo dell'inverno.

La donna rimestava di tanto in tanto per valutare la cottura delle interiora nel calderone. Quando ritenne che la trippa, il cento pelli, il polmone e la milza avessero raggiunto la giusta consistenza buttò dentro anche il fegato, poi, prese due canovacci di canapone, afferrò il calderone per i manici laterali e lo tolse dal fuco. Aspettò che si stemperassero e tagliò il tutto a pezzettini.

Mise l'acqua della bollitura in un recipiente destinato al maiale. Sciacquò il calderone e lo riposizionò sul fornellone. Aggiunse del concentrato di pomodoro e un mestolo di grasso di maiale. Una manciata di origano. Qualche foglia di alloro, due o tre spicchi d'aglio e due peperoncini piccanti. Non appena il grasso iniziò a soffriggere versò dentro le interiora tagliuzzate. Aggiunse dell'acqua e aspettò. Dopo circa due ore di gorgoglii il profumo invogliava chiunque passasse dal vicoletto a fermarsi e chiedere cosa stesse cuocendo e la signora rispondeva serafica: “nenta, maritumma portau nu pocu e fragagghii e i stajiu facendi cu nu pocu e sarsa comu i vermituri, armenu ppe' oja mangiamu! (mio marito ha portato delle interiora e li sto cuocendo al sugo come le lumache, almeno per oggi mangiamo!).

Questa è la narrazione, la storia orale di come una casalinga s'inventò il morzello (morzeddhu) a Catanzaro adoperando parti poco nobili dei bovini che sarebbero andati perduti, gettati nella discarica o dati come cibo agli animali e che, invece, grazie alla creatività e alle esigenze congetturali, oggi è il piatto forte della cucina catanzarese. che, messo in pitta o nel piatto, accompagnato da un buon vino rosso, corposo, è ben accetto in qualsiasi ora del giorno. a pranzo come a cena o, come usavano gli operai fino a qualche decennio addietro, come spuntino di metà mattinata.

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