Accendere il forno a legna in estate è da masochisti.
Nella casa di campagna non era arrivata ancora l'energia elettrica e ogni cosa doveva essere fatta secondo antichi criteri. Al massimo si poteva usufruire della bombola del gas, trasportata a dorso di mulo dal paese, ma quasi sempre si preferiva accendere il fuoco e cucinare un pasto frugale nell'aia a mezzogiorno, all'ombra del maestoso pino.
L'orto donava i frutti con generosità.
Peperoni, cetrioli, pomodori, fagiolini e qualsiasi altro prodotto piantato e coltivato a tempo debito.
Il paniere, colmo di peperoni carnosi ottimi da fare ripieni, appena poggiato sul tavolo, emanava odori gradevoli di ortaggi appena colti.
L'antica ricetta, semplice per necessità oggettive, (ricordiamo che non c'era il frigorifero e qualsiasi altro elettrodomestico) era composta da un impasto di pane raffermo, un generoso pugno di formaggio pecorino, qualche uovo sodo e pezzetti di caciocavallo con qualche variante in base alle riserve accumulate in credenza.
Solitamente, questo il ripieno dei peperoni tondi fritti. E mia madre era maestra nel prepararli.
La padella, annerita dalle fiamme del legno di limone o alloro, sul treppiede in ferro battuto, conteneva comodamente la porzione necessaria per la famiglia.
L'odore dell'olio fritto, e, ancora prima, l'impasto con l'aggiunta di carne tritata e un pizzico di noce moscata, hanno fatto riaffiorare in me ricordi sopiti ma mai dimenticati.
Negli anni della mia infanzia i giorni estivi si snocciolavano ciondolando senza meta per i campi e arrampicate sugli alberi; scorpacciate di fichi, ciliegie, qualche pomodoro appena staccato dalla pianta nel silenzio interrotto dal suono delle foglie mosse dal vento e dallo sgorgare del ruscello che scorreva nel mezzo della campagna.
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