il ponte del potere
Vista da lontano e decontestualizzata sembra un'opera catapultata inutilmente in una campagna; un gesto d'imperio! voluto fortemente da una parte faziosa della politica, ma così non è. Invece la struttura progettata per migliorare e armonizzare la mobilità urbana unisce due quartieri periferici: corvo e aranceto al resto del tessuto urbano della città. Non è una operazione imposta dall'alto e men che meno un braccio di ferro tra chi vuole imporre una infrasturrura più per magnificare il proprio ego e passare alla storia per aver fatto un'opera faraonica minimizzando i problemi geologici qual è, allo stato delle cose recenti, il ponte sullo stretto. Un'opera, sia chiaro, che se progettata e costruita secondo criteri antisismci e nel rispetto dell'ambiente e la sua naturale vocazione, sarebbe un'opera d'arte! Ma, nel mio piccolo, affaciandomi alla finestra, osservo e aspetto con curiosità e senso civico la fine dei lavori e non posso fare a meno di pensare alla inutile e dannosa guerra per il ponte sullo stretto:
Un piccolo affresco urbano e sentimentale, dove il paesaggio si intreccia con la storia personale e collettiva è necessario.
La fotografia, in questo senso, diventa memoria visiva: un’ancora nel tempo che ci permette di vedere ciò che altrimenti sfuggirebbe. È un po’ come se ci dicesse: “Guarda, non è tutto come lo ricordavi”.
La stazione della Calabro, oggi rinnovata, è per me molto più di un’infrastruttura: è un punto di riferimento emotivo, un frammento di quotidianità che ha accompagnato gli anni di scuola.
La “littorina”, con quel nome affettuoso e popolare, sembra quasi un personaggio: con le sue due carrozze, la salita faticosa sulla cremagliera, il ritmo lento ma costante… un simbolo di un tempo che scorreva diversamente.
Il ponte sullo Stretto, a differenza del rinnovato tessuto ferroviario calabrese, appare come un’opera imposta dall’alto, segnata da forzature politiche e rischi geologici ignorati: un confronto che rivela due visioni opposte di infrastruttura e amore per il territorio.
Tra ferrovia e faraonismo: due visioni del Sud
Dalla mia finestra, vedo la stazione della Calabro rinnovata. Un piccolo affresco urbano, dove il paesaggio si intreccia con la memoria e la mobilità diventa cura del territorio. Ma altrove, nel cuore dello Stretto, si combatte un’altra battaglia: quella per la realizzazione del ponte tra Sicilia e Calabria. Un’opera che, se guardata con occhio tecnico e geologico, solleva più dubbi che certezze.
Il ponte sullo Stretto: tra ambizione e scontro istituzionale
Il progetto del ponte sullo Stretto di Messina è stato recentemente bloccato dalla Corte dei Conti, che ha negato il “visto di legittimità” alla delibera CIPESS. Questo non significa la fine del progetto, ma ne sospende l’avvio, in attesa di chiarimenti sulle incongruenze giuridiche e finanziarie. Il governo, tuttavia, ha dichiarato di voler procedere comunque, assumendosi la responsabilità politica di forzare l’approvazione.
La caparbietà con cui si vuole realizzare l’opera, nonostante i rilievi dei magistrati contabili, rivela una volontà di affermazione politica più che una reale urgenza infrastrutturale. Il ponte diventa così simbolo di un braccio di ferro tra potere esecutivo e controllo giuridico, dove la legittimità delle procedure viene messa in discussione, prescindendo a priori da:
Una geologia che invita alla prudenza!
Oltre ai rilievi giuridici, il progetto ignora le complesse sfide geosismiche dell’area. Lo Stretto di Messina è una zona ad alta instabilità tettonica, dove esperti invitano alla massima cautela. La costruzione di un’opera di tale portata, in un contesto così fragile, rischia di trasformarsi in una dimostrazione di forza più che in un servizio al territorio.
In netto contrasto, il rinnovamento della tratta ferroviaria tra Cosenza e Catanzaro e la metropolitana di superficie tra Catanzaro Lido e il centro città rappresentano un modello di infrastruttura partecipata, sostenibile e rispettosa del paesaggio. Non sono opere faraoniche, ma interventi mirati che restituiscono dignità alle aree interne e facilitano la vita quotidiana di studenti, lavoratori e cittadini.
Il ponte sullo Stretto e la ferrovia calabrese raccontano due visioni opposte del Sud. Da un lato, la retorica del “grande progetto” che ignora il contesto e le criticità; dall’altro, la cura del territorio attraverso opere che nascono dal basso, rispettano la geografia e si intrecciano con la memoria collettiva.
Il trenino è tornato. E con lui, una speranza concreta. Il ponte, invece, resta sospeso tra ambizione e rischio.
Dalla mia finestra, tra i rami che cambiano colore con le stagioni, si intravede la stazione della Calabro. Oggi è moderna, lucida, quasi metropolitana. Ma io la vedo ancora com’era: la “littorina”, come la chiamavamo tutti a Catanzaro, con le sue carrozze stanche e testarde. La prendevo ogni mattina per andare a scuola. Partiva allegra, come se avesse voglia di correre, ma poi, sulla salita, quando la cremagliera cominciava a mordere i binari, rallentava, ansimava, sembrava quasi chiedere aiuto. E noi, dentro, ridevamo, come se sapessimo che ce l’avrebbe fatta, ancora. come ogni volta. Adesso con la metropolitana di superficie: Catanzaro Marina–Centro città, la salita di rione Samà è mitigata dal recente studio progettato dall'ingegnere Angotti.
Nel cuore urbano, la tratta tra Catanzaro Lido e il centro città è in fase di profonda trasformazione. Il servizio metropolitano, sospeso dal 2022 per lavori di ammodernamento, sta per rinascere con nuove stazioni, binari rinnovati, sistemi digitali e convogli più efficienti. Questo asse ferroviario è vitale per studenti, pendolari e turisti, e rappresenta un’alternativa concreta al traffico urbano. Una volta completati i lavori, la linea offrirà frequenze più elevate, tempi di percorrenza ridotti e connessioni multimodali con autobus e navette.
Il filo conduttore di questi interventi è la sostenibilità. L’introduzione di mezzi a basso impatto ambientale, l’attenzione all’accessibilità e la digitalizzazione del servizio sono scelte che guardano al futuro. Ma c’è anche un forte legame con il passato: la “littorina” non è solo un treno, è memoria collettiva. Vederla tornare in funzione, ammodernata ma fedele alla sua vocazione, riaccende un senso di appartenenza e comunità.
Il paesaggio davanti alla finestra non è più lo stesso. Ma non è scomparso: si è evoluto. E con lui, la città di Catanzaro e la sua rete di relazioni. Il rinnovamento delle tratte ferroviarie non è solo un’opera pubblica: è un atto di cura verso il territorio, un investimento nella dignità delle persone, un passo deciso verso una mobilità più giusta, verde e condivisa.
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