Dalla bocca dei protagonisti.
I racconti di nonna Angela.
"courtesy ©valentina's photo" |
La sera si tinge di rosso. Un rosso simile al fuoco che arde dentro il forno del pane quando la legna brucia e le fiamme si alzano allegre danzando.
Quell'immagine è viva dentro la mente di nonna per le tante volte che ha assistito la mamma a sfornare pane per la famiglia e per le tantissime volte che l'ha infornato lei da quando si è maritata e ha tirato su una famiglia sua.
“Ai miei tempi non c'erano i panettieri che vendevano il pane nelle botteghe come adesso. Noi ce lo facevamo, impastavamo la farina nella madia. Ci voleva forza nelle braccia. Coi pugni pigiavamo l'impasto e quando era ben amalgamato lo lasciavamo lievitare sotto le coperte.
A volte sembrava che il tramonto volesse fare a gara con noi quando tingeva di rosso le nuvole; con quel suo tramonto rosato pensavamo che la Madonna facesse il pane. Così raccontavano le nostre mamme alla sera per farci andare a letto serene mentre loro aspettavano fino a che la legna non si fosse ridotta in brace.
Davanti alla bocca del forno in mattoni i colori erano simili a quelli del tramonto. E chi governava il fuoco sembrava che facesse magie.
Non era semplice preparare il forno per cuocere il pane. E neppure fare l'impasto. Se non avevi esperienza atru ca pana! Ti mangiavi pana ajjimu cuomu chiddhu e l'ebrei”. Nonna che vuol dire ajjimu? Azimo, non lievitato. Gli ebrei non lo lasciano lievitare per usanza. Per ricordare ai posteri che sono perennemente in fuga dalle loro case per sfuggire ai persecutori.”
C'era, nei racconti di nonna un misto di esperienza diretta e nozionismo empirico. Una narrazione della storia dei popoli contestualizzata alla bisogna, tramandata dalla notte dei tempi da madre a figlia.
L'esperienza dei figli cresceva negli anni vissuti assieme alle mamme che sotto la loro guida attenta indirizzavano le femminucce a essere delle bravi mogli.
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