Il ragazzo incappucciato guarda fisso
in camera. Chiede consiglio ai follower s. Racconta agli ipotetici
seguaci una storia. La sua storia. E chiede cosa fare nel caso
qualcuno si trovasse nelle sue stesse condizioni esistenziali.
Il dilemma del ragazzo consiste se
andare a conoscere oppure no i consanguinei che lui non ricorda di
conoscere. Eppure uno zio, per quanto mi è stato detto, fratello del padre defunto quando lui,
Carletto, era piccolo, questo il nome di fantasia che do al
postulante, per i primi anni andò metodicamente a fare loro visita.
Ma la situazione che di volta in volta lo zio trovava non era delle
più gradite.
Non sto a spiegare nei dettagli cosa o
chi vedesse. Fatto sta che non l'approvava! Così iniziò a diradare
le visite pur mantenendo il legame attraverso le notizie portate dal
vento.
Ma il vento, si sa, non sempre è lo
specchio veritiero dell'animo umano.
Anch'io ho vissuto di riflesso storie
di vite vissute e anche se accanto ai protagonisti diretti molte
sfumature non le ho sapute cogliere.
Ora, per rispondere al quesito iniziale
del ragazzo del “confessionale”, dico che: se fossi in lui andrei
a scovare la verità interrogando e venendo a conoscenza di fatti e
fattori che hanno definito la storia di chi gli ha dato la vita.
Anche col pericolo di fare scoperte scomode, poco edificanti e per
niente romanzate o mediate dalle volontà di chi gli è stato accanto
fisicamente per tutti questi anni. Perché la vita è dura e a volte
crudele. Per questi motivi mi sento di suggerire un concetto
semplice: vivi la tua vita e cerca di trarre il meglio seguendo i
canoni della bontà e della correttezza. Il resto lascialo alle
spalle. E se ci tieni a conoscere le persone che tu pensi ti abbiano
“abbandonato” fallo ma accostati senza pregiudizi. Chissà, forse
può nascere qualcosa di buono.