Il progresso è inarrestabile non per
definizione e neanche per voleri personali o politici ma in certi
casi, come in quello che vede l'annosa diatriba tra i promotori del
ponte sullo stretto di Messina e quanti sono contrari per
differenti e rispettabili motivi, la realizzazione di quello che
dovrebbe essere, nei fatti, il prodotto infrastrutturale del
progresso civile e tecnologico sembra diventare un'impresa
impossibile. Quasi una chimera irrealizzabile a prescindere dalle
volontà dei cittadini.
Eppure infrastrutture analoghe, per
imponenza strutturale, impatto ambientale e benefici alla
collettività, in altre parti del mondo sono attivi da decenni.
In Giappone, terra altamente
sismica e sferzata dai venti oceanici, abbiamo un esempio:
Alto 282,8 metri e lungo 3.911.
La sua campata principale è lunga ben 1.991 metri. Inaugurato il 5
aprile 1998, unisce la città di Kōbe sull'isola di Honshū
all'isola Awaji.
Se consideriamo che la distanza tra la
costa calabrese e quella siciliana non si discosta di molto dal
progetto attuato in Giappone, 3.200 metri nel tratto più corto
tra le due coste italiane, dobbiamo porci una semplice domanda:
perché, visto che se ne parla dal 1850, ancora non è stato
possibile costruirlo?
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