manifesto propagandistico di Cristina Kirchner, Presidente Argentina |
C'è chi lavora convintamente per rafforzare l'eurozona, dà fiducia al fondo monetario internazionale e chi invece lo demonizza. Ma fino ad ora i leader, da Monti a Bersani, Casini, Renzi, Tremonti, Berlusconi e persino Giannino non hanno spiegato ai cittadini comuni con parole semplici e comprensibili a tutti come uscire dalla crisi così da poter nuovamente apparecchiare la tavola e unire il pranzo alla cena senza tantissimi sacrifici.
Nel frattempo le notizie si tingono di giallo fino a diventare non notizie o semplice infima propaganda.
“Chi poteva immaginare un mondo trascinato a terra dai mercati finanziari? Dove stava il FMI che non ha potuto accorgersi di nessuna crisi? Dove stava quando si formavano non bollicine bensì mongolfiere speculative? Dove stava uno dei suoi ex direttori (lo spagnolo Rodrigo Rato) quando Bankia, la banca che lui dirigeva, ha dovuto essere aiutata con miliardi di euro? Oggi la Spagna ha il 26% di disoccupati, in gran maggioranza giovani e sfrattati. In quali statistiche sono raffigurate queste tragedie?
Quali sono i parametri o le “procedure” con cui il FMI analizza i paesi falliti che continuano ad indebitarsi, con popolazioni che hanno perso la speranza? Che succede con i paesi emergenti come noi che hanno sostenuto l’economia mondiale nell'ultimo decennio e a cui oggi vogliono mettere in conto i piatti rotti da altri? Conoscete qualche sanzione del FMI, qualche decisione contro questi altri che si sono arricchiti e che hanno fatto fallire il mondo? No, la prima misura che prende il FMI è contro l’Argentina.
A parlare è Cristina Kirchner, Presidente dell'Argentina.
L’Argentina alunna esemplare del Fondo Monetario Internazionale negli anni Novanta, che seguì tutte le ricette del FMI e che, quando esplose nel 2001, è stata lasciata sola.
Senza accesso al mercato finanziario internazionale l’Argentina ha visto crescere in 10 anni il suo PIL del 90%, la crescita maggiore di tutta la sua storia.
L’Argentina ha costruito un mercato interno con l’inclusione sociale e le politiche anticicliche.
Ha pagato tutti i suoi debiti al FMI, ha ristrutturato due volte, nel 2005 e nel 2010, il suo debito andato in default con il 93% di accordi con i suoi creditori senza chiedere più nulla in prestito al mercato finanziario internazionale, per farla finita con la logica dell’indebitamento eterno.
Con il business perenne di banche, intermediari, commissioni, ecc, che avevano finito con il portarci al default del 2001. Questa sembra essere la vera causa della rabbia del FMI.
L’Argentina è una parolaccia per il sistema finanziario globale di rapina e per i suoi derivati. L’Argentina ha ristrutturato il suo debito e ha pagato tutto, senza più chiedere nulla in prestito.
Questo lo stato attuale in Argentina secondo la presidente Cristina Kirchner:
6.9% di disoccupati, il migliore salario nominale dell’America latina e il migliore potere d’acquisto misurato in Dollari statunitensi.
Nel 2003 avevamo il 166% di debito su un Pil rachitico, il 90% del quale in valuta straniera.
Oggi, dice la Kirchner, abbiamo il 14% di debito su un Pil robusto e solo il 10% è in valuta straniera. Perciò mai fu migliore il titolo del comunicato del ministero dell’Economia argentino di oggi:
Ancora una volta il FMI contro l’Argentina”. FMI + FBI contro l’Argentina. Non spaventatevi, il FBI sono i Fondi Buitres Internazionali.
Ma secondo altre fonti le
cose non stanno proprio così:
ci vuole un euro per una bottiglia d’acqua minerale e quasi altrettanto per una confezione di latte da un litro. Sei euro per un cappuccino al bar di lusso.
Per mettere un freno all’inflazione galoppante che sta esasperando gli argentini, la presidente Cristina Fernandez de Kirchner ha annunciato la sigla di un accordo con le principali catene di supermercati per congelare i prezzi sino al prossimo 1 aprile e ha invitato i consumatori a denunciare qualsiasi aumento attraverso un apposito numero telefonico che farà capo alla segreteria del Commercio.
La misura adottata arriva dopo il monito del direttore del Fondo Monetario Internazionale Christine Lagarde, che aveva minacciato sanzioni contro l’Argentina se avesse continuato a nascondere le cifre reali sull’inflazione e non si fosse “messa in regola” entro il prossimo 29 settembre.
Secondo l’Istituto di statistica argentino, l’inflazione si attesterebbe intorno al 10 % annuo, mentre economisti e istituti privati presentano dati ben diversi: vicini al 25% annuo.
L’Argentina è uno dei Paesi con la più alta inflazione al mondo. Ma enormemente più bassa rispetto all’iperinflazione de 500% all’anno con cui gli argentini erano costretti convivere durante il primo governo di Raúl Alfonsín, alla fine degli anni Ottanta, quando i cartellini dei prezzi di beni e prodotti, nei supermercati, venivano cambiati anche dieci volte al giorno.
Ma il mancato controllo dell’inflazione da parte del governo (le bugie con cui sono stati occultati i dati reali, sostengono i detrattori) è uno dei tanti aspetti che alimentano la rabbia degli argentini e fungono da detonatore per le proteste sociali, come quella sfociata in un’imponente manifestazione contro la Kirchner l’8 novembre scorso. “No a las mentiras”, basta con le bugie, “No apretes más a la clase media”, non strangolare la classe media, ammonivano i cartelli dei manifestanti.
L’Economist, in un recente articolo, titolava così: “Non mentirmi, Argentina” e ha annunciato che eviterà di pubblicare le statistiche ufficiali del Paese perché ingannevoli o poco credibili.
Gli osservatori critici con Cristina Fernandez de Kirchner sostengono che l’inflazione è dovuta all’eccessiva emissione di moneta da parte del governo, mentre studiosi filogovernativi ribattono che il vero problema sono i monopoli che controllano il mercato argentino. “L’80% di alimenti, bibite e articoli per la pulizia della casa venduti nei supermercati sono prodotti da appena 28 imprese”, ha sottolineato l’economista Alfredo Zaiat.
Fatto sta che l’Argentina figura tra i sette Paesi più cari del pianeta.
Dal 2006 a oggi il costo della vita sarebbe aumentato del 150 per cento. Secondo i dati raccolti dall’Associazione in difesa dei consumatori e utenti argentini (Adecua) nell’ultimo anno il prezzo di alcuni prodotti ha addirittura superato l’inflazione.
E’ improbabile però che il congelamento dei prezzi nei supermercati, da solo, si riveli efficace come misura contro l’inflazione. Se non altro perché si rischia un effetto Venezuela: il controllo dei prezzi potrebbe infatti provocare la carenza o la scomparsa di alcuni prodotti finché anche imprese e fornitori non congelano i prezzi all’origine. Proprio come successe con la politica promossa in Venezuela da Hugo Chavez, che riuscì ad abbassare l’inflazione, ma generò gravi problemi di approvvigionamento. Nei prossimi giorni i sindacati argentini inizieranno le negoziazioni per l’adeguamento degli stipendi all’inflazione.
Basandosi sui dati ufficiali, il governo propone un aumento del 20% rispetto all’anno passato, mentre i sindacati aspirano a ottenere più del 25%.
per il leader del sindacato dei camionisti Hugo Moyano, uno degli uomini forti del Paese, l’attuale congelamento dei prezzi è finalizzato soltanto a mettere un tetto agli accordi sui salari. “Tra un paio di mesi i prezzi saliranno di nuovo il doppio” e il sindacato non ha intenzione di cedere.
Per il momento, fino ad aprile, gli argentini potranno tirare il fiato. Poi il governo dovrà decidere se definire nuove linee di politica economica.
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