La fiducia è una cosa seria e si dà
alle cose serie! Così recitava un noto spot pubblicitario di qualche
anno fa che aveva come sfondo un bel marchio con la cartina
geografica dell'Italia e in tondo la dicitura “bel paese”. Da
allora ne è passata di acqua sotto i ponti e tra alti e bassi si è
andati avanti. Segreti, stragi, strategie tessute con una primaria filosofia
di vita dedita al profitto!
Dopo il fallimento della politica è
toccato ai prof. Salvare l'Italia dalle cattive azioni perpetrate nel
tempo dalla cattiva politica ma, principalmente, dalla cattivissima
diseducazione civica degli italiani. Ora, visti i risvolti regressi,
c'è da chiedersi “possibile che tutto il male sta racchiuso
nell'articolo 18 dello Statuto dei lavoratori?”. Va bene che la
Fornero ha chiarito che non c'è da fidarsi appieno del “buon cuore
dei datori di lavoro” e che sono previsti chiarimenti in merito ai
licenziamenti, e che comunque il concetto verte a eliminare la forma
di devianza mentale del lavoratore dipendente che ritiene di avere
diritto assoluto a quel “determinato posto”. Ma lo stesso
concetto non sarebbe anche valido per gli imprenditori i finanzieri
d'assalto che con le loro scelte scellerate hanno creato la
precarietà attuale?
Tornando alla frase iniziale, la
fiducia è una cosa seria, quindi è opportuno scrivere leggi ben
chiare che non lascino margini alla fantasia creativa di avvocati e
ammiragli abituati a guardare e pontificare dall'alto dei propri
bisogni ma sordi ai BISOGNI altrui. In sintesi: è opportuna la revisione dell'articolo 18 in un momento simile o sarebbe più consono ridiscutere del mercato del lavoro, delle politiche sociali, dell'istruzione, la cultura e di tutti quei meccanismi che aiutano a formare le coscienze?
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