Carte e inchiostro ne ho a volontà.
Quindi, avanti!
Oggi m'è presa così. Mi va di
disegnare. Abbozzare qualcosa di familiare. Qualcosa che fa parte del
vissuto storico di quanti, come me, hanno fatto il salto epocale e
dalla campagna o dal paesino rurale sono andati a vivere in città.
Dedico questi minuti di gioco creativo
alla rivisitazione romanzata del tempo che fu corredando la scrittura
con alcuni bozzetti degli animali domestici del quotidiano familiare
che ancora è possibile vedere nelle campagne ai margini degli
agglomerati urbani in Calabria.
Ricordo, anche se molto piccolo, la
cantina -katojo in calabrese-, dalle molteplici funzioni, che,
all'occorrenza, fungeva da legnaia e ripostiglio per alcune provviste stagionali ma era anche rifugio invernale dei fedeli compagni
di lavoro nei campi: il mulo, l'asino, qualche capretta che riforniva
di latte caldo la famiglia; le galline ovaiole. E c'era anche chi si
era industriato nell'allevamento olicicolo, ovvero, nell'allevare
lumache a chilometro zero, come diremmo oggi.
Odori pungenti, aspri, quindi, ma non tanto
sgradevoli, perché manca il termine di paragone. È il profumo naturale del luogo; simile all'abitudine olfattiva del casaro che lavora il latte e cura la stagionatura dei formaggi o il pastore
che governa le greggi. O chi insacca lo stallatico per concimare i
campi e fare proliferare i raccolti biologici.
Ricordo chiaramente che gli effluvi dei miasmi inondavano i
vicoletti e si mescolavano all'odore del mosto e del pane appena
sfornato; del fieno nelle mangiatoie e degli escrementi comprese
quelle dell'uomo. E sì non sempre c'era l'impianto fognario, la
maggior parte delle abitazioni erano corredate di pozzo nero. E anche
l'acqua corrente in casa era un lusso che non tutti si potevano
permettere. E avere un bagno tra le mura domestiche arredato con tazza, bidet e
lavabo era un miraggio.
All'epoca dei fatti le
donne caricavano le ceste coi panni sporchi e si recavano al
lavatoio comunale oppure al fiume. E indovinate un po' quale detersivo
usavano?
Ovviamente non c'erano tutti i prodotti
che la pubblicità ci suggerisce oggi per la cura della casa e della persona. All'epoca le massaie lavavano panni, piatti e persino i bambini e loro stesse con un bel
pezzo di sapone fatto in casa.
Il sapone era di colore grigio e aveva la consistenza di un pezzo di terra morbida tagliata col coltello, un pezzo d'argilla oleoso prodotto del grasso di maiale e degli avanzi dell'olio bolliti. A questo
aggiungevano la “lissja” ovvero una poltiglia fatta con la cenere
del focolare. Tutto al naturale!
Comunque, il fumo della legna che
bruciava e riscaldava gli ambienti, igienizzava batteri e mitigava il fetore dei
bassi quando la vita familiare si trascorreva ai piani inferiori mentre
nei piani alti non si avvertiva nessun odore sgradevole.
La cruda descrizione del tempo passato lascia un po' perplessi. M non è degrado anche se oggi la definiremmo tale perché si presenta simile a
certe atmosfere maleodoranti e degradate di una qualsiasi baraccopoli venuta su
senza un minimo di criterio urbanistico, con fogne a cielo aperto,
fuochi improvvisati e cumuli di spazzatura sparse ovunque.
Insomma, se dimentichiamo il tempo storico in cui è ambientato il racconto, verosimilmente potrebbe essere la trasposizione plastica contemporanea di una realtà degradata vista in tv.
Quando gli emarginati non ce la fanno più e reagiscono in malo modo al sistema imposto dai caporali e fanno notizia. Immigrati regolari o peggio clandestini impauriti e sottomessi. Persone senza tutele che mettono a ferro e
fuoco le loro misere baracche.
Gente ai margini. Donne, bambini e
uomini che vivono nelle periferie degradate per necessità.
Per noi non era così. Era casa nostra!
Case costruite secondo i criteri del
tempo. Coi muri divisori interni tirati su con canne e paglia
rivestite d'argilla e calce; prodotti naturali e ottimi coibentanti,
altro che i moderni pannelli in cartongesso.
Era il nostro mondo. Ci si faceva
l'abitudine per forza di cose. E poi, il sapore del latte caldo
appena munto, il calore del contatto umano, lo scorrere del tempo
lento scandito dalle stagioni, il sapore dell'orto, i profumi della
campagna. Definirla un'esperienza indimenticabile può sembrare
riduttivo.
Cose d'altri tempi!
Tempi di grama ma sempre preferibili a
quanto di pseudobuono abbiamo incontrato lungo la strada.
Il progresso ha un prezzo. Amaro e
ostico specie se imposto.