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sabato 12 ottobre 2024

Gatti topi e grilli parlanti

 

Considerazioni di un disilluso di provincia.


"come i gatti con il topo"


Analizzando i fatti devo ammettere, anche se con ritardo, che le forze messe in campo da qualcuno sono state e continuano ad esserlo granitiche. Volontà irremovibili impediscono l'accesso dalla porta maestra in città.

sabato 28 settembre 2024

Radici, lontananza e dispersione parentale

 

Saremo parenti? Chiese il ragazzo nel sentire lo stesso cognome. Un cognome non eccessivamente comune, tutt'altro. Non so. Rispose l'interlocutore. Sai, in famiglia , per devozione al Battista c'è sempre un "Giovanni", un figlio che per devozione al santo acquisisce il nome di Giovanni. Se nella tua famiglia ce n'è uno, allora la radice potrebbe essere comune. Potremmo essere parenti.

sabato 23 marzo 2024

giovedì 19 ottobre 2023

Piccolo mondo antico

 

Quandu vitta a serpa chjiamau a santu Pavulu”.

Quando vide il serpente invocò san Paolo. È una forma verbale popolare antica che sta a significare la vacuità del pensiero umano difronte ai pericoli nonostante le spocchiosità mentali degli individui.

Il vecchio detto nasce dalla presunzione di certuni nei confronti dei riti sciamanici adottati dai contadini o presenti nelle civiltà arcaiche. Riti propiziatori officiati prima della semina, per un raccolto abbondante o, come in questo caso, “esorcismi” battesimali celebrati a favore dei soggetti inermi per ingraziarsi le forze insidiose attive e in agguato, visibili e invisibili.

venerdì 14 luglio 2023

Catanzaro Sala, C'era una volta, la ferrovia

 

Ritorno dopo tantissimi anni ma non per prendere il treno che un tempo da Cz Sala mi portava a Napoli, per studiare in collegio dai Salesiani. Oggi sono qui, nonostante la colonnina segni 31°, non per nostalgia, quella è sorta dopo lentamente guardando il piazzale vuoto e la recinzione tutt'attorno alla stazione ferroviaria che un tempo brulicava di viaggiatori, il pullman cittadino sempre pieno in entrambi i sensi di marcia, qualche taxi e macchine da noleggio che offrivano i servigi ai viaggiatori dei paesi limitrofi. Pensando al degrado in cui versa quello che fino a qualche decennio addietro rappresentava il bene della città quasi dimentico il motivo per cui sono in mezzo alla piazza della stazione. Fermo la macchina, scendo e:



Oltre i cancelli arrugginiti, sopra la pensilina tra i due binari, in cima al dirupo una scritta morsicchiata dal tempo stimola la mia curiosità.

domenica 25 dicembre 2022

La bugia del Natale

 

"la bu(ma)gia del Natale" by m.iannino

Le piazze social sono stracariche di post. Nella maggior parte dei casi c'è poco da leggere e molto da osservare. Le foto caricate nei vari account mostrano momenti importanti per chi le ha postate: piatti tipici delle festività che rimandano alle tradizioni locali, quindi zeppole fritte, zampone, capitoni, agnello o capretto etc. etc. E poi ci sono le inquadrature su presepi e alberi nelle forme più disparate.

Verrebbe da dire: sono lontani i tempi in cui il caldo odore di fritto che dalle cucine invadeva le case e le strade dei rioni lasciava intendere l'atmosfera che si respirava nelle case. S'intuiva, camminando nei pressi delle abitazioni, il menù completo che non differiva di tanto dagli altri. Alla vigilia di Natale si impastava la farina per i frittini. La pastella, fatta con farina di grano e patate bollite passate serviva per le frittelle farcite con alici, tonno ma anche vuote. I fritti servivano a tappare il buco di mezzogiorno che, accompagnati da un buon rosso, aiutavano ad arrivare al cenone serale.

venerdì 18 novembre 2022

Dematerializzazione e creatività

 


Digitalizzare un concetto e renderlo visivamente fruibile donandogli corpo e dimensione virtuali equivale a de-materializzare la struttura fisica dell'opera d'arte tradizionale.

In antitesi al gesto plastico-pittorico, il fare arte digitale significa nel lessico corrente, comunque creare qualcosa di inesistente, nuovo, per lo più dare senso e volume ai manufatti corposi “ingombranti” sulle piattaforme informali de-strutturandone i supporti fisici. Inscenare, in sintesi, la grande bugia visionaria in pixel e non coi mezzi pittorici usati fin dall'antichità.

Nessun supporto che abbia corpo specifico, quale carta, legno, tela, rocce o cemento.

lunedì 19 settembre 2022

Fino all'ultima boccata, vizi e virtù

 

Bacco, tabacco e …


Lo sballo per certi ceti consiste nel poter permettersi del fumo e qualche bicchiere di rosso. Il resto è affidato alla buona sorte.

Ne sanno qualcosa i nati negli anni cinquanta/sessanta e giù di lì.

Ricordo con piacere i racconti di vita narrati dall'anziano vicino di casa:

era un signore piccoletto divenuto cieco in tarda età che, durante i momenti di pausa dallo studio, andavo a trovare. Aveva un fare sereno persino nell'arrotolare il tabacco nella carta velina. Io osservavo incantato le sue dita intaccate dall'artrosi prendere pizzichi di tabacco dalla scatola di latta lucida dopo avere separato e estratto dalla clip la velina tenuta serrata insieme alle altre nella parte interna del coperchio.

Lui parlava mentre confezionava la sigaretta. Ieratico, come se fissasse un punto immaginario, raccontava della sua esperienza.

Mi parlò della sua infanzia. Di quanto sia stata dura la guerra e del ritorno a casa dopo anni di stenti, fatiche e violenza inflitta e subita.


“Vedi, oggi è un lusso il fumo! Alcuno fumano per sport! Per sentirsi importanti come fanno i ragazzini alle feste e sprecano soldi e tabacco... se avessero sofferto la carestia non butterebbero le sigarette a metà; quando ero giovane ci passavamo la sigaretta tra compagni e, vedi questo?” disse indicandomi un ago infilato nel colletto della giacca; “questo no serviva solo per cucire gli strappi o attaccare bottoni. Questo serviva per fumare fino all'ultimo la cicca!”.

sabato 20 agosto 2022

In cammino con animo puro ...

 Ogni giorno, minuto per minuto la vita insegna, da buona maestra, la giusta direzione da intraprendere.

Stefania l'amica degli animali.



Da Kim a Joy e in mezzo tanta cura anche per altri animali, volpi comprese.

La ricordo, molti anni addietro, con in mano un esserino piccolo piccolo. Più piccolo di un topino appena nato. L'esserino tremolante e con gli occhietti ancora chiusi si sentiva al sicuro nel palmo delle mani della sua tutrice.

Vasco, il mio labrador retriever gigante, l'annusò e fu subito intesa. Giocarono insieme per molti anni negli spazi verdi del Corvo e quando l'uno o l'altro passavano sotto casa si chiamavano a vicenda lanciando latrati possenti. I richiami tra cani hanno modulazioni differenti e s'intuiscono anche gli umori.

Vasco e Kim sono stati legati da grande amicizia. Sentimento, forse, dovuto a quel primo imprinting per cui Kim lo riteneva un “fratello maggiore”, ché nel linguaggio comportamentale dei cani non è solo gioco, protezione o sottomissione. Socialità e entusiasmo, euforica adrenalina che smuove le viscere per la gioia dell'incontro nei cuccioli.


Stamane, nell'incontrare Stefania, mi è venuto istintivo portare la mano al telefono e immortalare la visione. Sì è da testimoniare l'amore di questa ragazza che gira per le strade accompagnata dal cagnolino Joy e da un gattino nero che le si struscia ai piedi.

E', questa, una testimonianza plastica della cultura che amplifica il sentimento innato in ciascuno di noi: la fratellanza. Sentimento che spinge gli esseri viventi a intraprendere percorsi univoci e praticare le vie della pace unidirezionale che conduce immancabilmente all'amore universale. Meta ultima dell'essere umano trovatosi sulla terra per un "errore"...😊

lunedì 7 febbraio 2022

Mani forgiate dall'amore della terra

 


Nicchi nicchi nacchi mammà tua t'accatta i vacchi papà tua a masseria ricca ricca a figghja mia.

Nella vasta aia attorno alla casa la vecchia donna culla la bambina mentre canticchia una nenia dal sapore antico.

Il capiente cesto intrecciato con vimini e canne è appeso ad un grosso ramo di gelso. Fissata saldamente con corde di ginestra, la spartana culla, soggetta al dondolio ritmato dalla donna è abbraccio sicuro per sonni tranquilli. Nicchi nicchi nacchi … continua a canticchiare l'anziana nonnina che nel frattempo sgrana fagioli.

Il casolare di campagna accoglie una famiglia di stampo patriarcale. Tutt'attorno è un fiorire di natura ben tenuta e coltivata da sapienti mani. La cultura contadina è amore per la terra e le piantagioni disseminate nella campagna circostante testimoniano il lavoro delle generazioni che lì hanno vissuto e tratto sostentamento.

Qualche gallina razzola. Ispeziona col becco il terreno. Cattura qualcosa e se ne ciba.

Il cane, un meticcio peloso, dormicchia ai piedi del gelso. Un belato arriva debole alle orecchie della donna. Bianchina, la capretta che fornisce il latte alla piccola e al resto della famiglia, è al pascolo oltre la collina. Conosce la strada di casa Bianchina e sa quando è l'ora per rientrare.


Sui fornelli della cucina economica in una pentola con acqua le patate finiscono di cuocere. Una giovane sposa entra dalla porta che dà sul cortile. Ha una cesta sulla testa. S'inchina. La solleva di poco e poggia la cesta su un tavolo. Srotola il canovaccio che aveva sistemato a mo' di ciambella sul capo per trasportare la cesta. Lo adagia su una spalla e getta nella ciotola in terracotta le verdure appena colte.

È quasi mezzodì. Al suono del rintocco delle campane tutti smettono il lavoro nei campi e nelle botteghe. Le donne un po' prima. Loro vanno a casa per preparare il pranzo. Una zuppa di fagioli con verdure. Insalata di patate... . Roba nostrana, coltivata con le proprie mani. Mani rugose. Dure. Callose e forti forgiate negli anni dall'esperienza contadina che le hanno rese preziose e impagabili.

giovedì 6 gennaio 2022

Amori in agonia, confessioni salvifiche

 

Vai a puttane! Se ti va di finire. disse stizzita e si divincolò con decisione dall'abbraccio.


"Amanti. pittura: olio su tela. anno 1978. coll. privata."

Lui rimase di sasso.

La donna perentoriamente bloccò le avances dell'uomo. Le labbra di lui si bloccarono in una smorfia incredula. E nello stesso istante le mani smisero di accarezzarle la schiena snella.

Stavano insieme da un bel po', forse qualche decennio, ma per lui era ancora come la prima volta. Il fuoco della passione continuava ad ardere in lui ma non più in lei.

Altro che doccia fredda. Era stata una secchiata d'acqua gelata! Caduta all'improvviso sulle amorevoli attenzioni di un uomo ancora innamorato della propria donna.

Inutile ogni reazione. Pure le parole si erano annichilite davanti ad un rifiuto così categorico.

Superato il primo momento di smarrimento l'uomo farfugliò:

Puttane? Puttane? Perché mai! Meglio una sega. Sì preferisco una sega piuttosto che sprecare energie emotive tra la carne prezzolata di una puttana qualsiasi! Non è l'atto in sé che mi stimola. Sei tu! È il tuo modo di essere! lo sai bene: non è tanto il corpo che stimola l'eros ... ma vedo che ormai siamo su lunghezze differenti. Il mio pensiero il mio modo di essere e di sentirti è totalmente diverso dal tuo. Ti sei persa ... cerca di ripristinare quell'equilibrio mentale che ti rendeva unica ai miei occhi.

No decisamente non cerco una valvola di scarico per la mia libido. Voglio una donna che sia compagna di vita. Una femmina. Una mamma amorevole per i miei figli. Voglio te com'eri prima di questo assurdo tempo incerto caratterizzato dalla tensione trasmessa e ingigantita dalla pandemia che riesce a trasformare un banalissimo malanno in qualcosa di micidiale.

Voglio te amica mia. Te che sei stata compagna di vita e confidente. Te che sei stata sempre presente fino a qualche attimo fa... Perlomeno questo pensavo prima che esordissi con quel “vai a puttane!”.

Sono qui. Ti aspetto;  non so fino a quando. Tu non lasciare che la pazienza si trasformi in apatia e la comprensione in rassegnazione o sconfitta. Coraggio! Reagisci.

lunedì 11 ottobre 2021

Una storia, tante storie

 Niente è per sempre.

No lo disse scrollando la testa dapprima lievemente e poi energicamente. No disse la donna davanti alle case aperte sul tavolo sistemate a forma di croce celtica. Per lei i tarocchi non avevano segreti anzi le mostravano spiragli sinceri di vita; flash se pur velocissimi ma inoppugnabili indirizzavano la sua mente e illuminavano percorsi suggerendo persino le probabilità che aveva l'interrogante per superare gli ipotetici ostacoli. 

La decisione finale appartiene, per la legge del libero arbitrio, esclusivamente a chi interroga l'oracolo. Concluse la sensitiva.

Era giunta da poco nel quartiere ma la fama di sensitiva e cartomante impeccabilmente divinatoria la precedette.

In quel momento davanti a lei c'era seduta una mamma e le chiedeva una divinazione uno sguardo oltre il velo del futuro non per lei personalmente ma per l'unico figlio che aveva in casa.

La veggente scosse la testa e con gli occhi sulle carte ripeté: noo non è una buona unione meglio farebbe se lasciasse immediatamente non è una donna adatta a lui... ssofferenze... vedo tanta sofferenza in questa unione. Sarà un estraneo in casa sua. Andrà errando in cerca di amore... Basta basta così. Vede il matto dice questo: cammino inconcludente. Viaggio. Estraneo in casa propria... basta basta così. Conclude raccogliendo le carte.

Ma ma sembra una cara ragazza timida premurosa. Balbetta con un fil di voce l'interrogante. Non può essere che le carte sbaglino?

No signora le carte non mentono e io raccolgo i segnali e vedo chiaramente. Suo figlio avrà un'unione travagliata. Non adesso ma in seguito.


Quindi non si lasceranno?

Questo dipende da lui! Il futuro è la conseguenza delle scelte che ognuno fa.

Dipende tutto dipende dalla cultura e dalla volontà personale, sono questi i fattori principi della svolta che si vuole prendere quando siamo davanti a un bivio importante e comunque niente è per sempre in amore e nella società, niente è per sempre


mercoledì 9 giugno 2021

Oltre la porta

La chiave: una tessera con microchip apre la porta della camera e controlla le periferiche connesse e alimentate con l'elettricità.

Salgo al primo piano. Inserisco la chiave elettronica nel lettore affianco alla porta. Un lieve scatto fa intendere che il meccanismo è sbloccato.

Entro. Inserisco la chiave all'interno e ogni cosa si anima.

I rumori tagliano i silenzi. Persino il mio. Il viaggio è stato pesante sotto tutti i punti di vista. Nonostante le pianificazioni c'è sempre la variabile o le variabili cangianti. E, il piano fatto salta. Ma Milano è la città da bere. Dinamica. Piena di opportunità...


la stanza è decisamente spartana! Gli arredi sono datati. Accatastati in pochi metri quadrati. Stretti l'un l'altro il letto la scrivania e l'armadio lasciano pochissimo margine d'azione. E i rumori iniziano ad essere davvero molesti. Stacco la spina del frigo. Spengo la ventola d'areazione del bagno.

Fa caldo. Penso di fare una doccia. Mi metto in libertà. Sistemo alla meglio le mie cose e nel frattempo la temperatura s'abbassa. L'aria condizionata, regolata precedentemente da qualche ospite caliente, rende la stanza invivibile. Spengo anche questa! Apro la finestra dalla zanzariera mal funzionante. Qualche zanzara inizia a bussare e intrepida entra a fare colazione.


Sì Milano è anche questo...


sabato 17 aprile 2021

Creatività applicata, di necessità virtù

Il vento soffiava forte quel giorno. Agitava l'acqua del mare e alzava la sabbia in piccoli vortici. Qualche ombrellone volava. Come se una mano invisibile lo strappasse con forza dalla buca appena scavata volava via portando con se la maglietta appesa ai raggi smembrati della tela capovolta.

Dalla fessura delle palpebre socchiuse intravidi una massa imponente che veniva nella mia direzione.

Vestiti appesi svolazzanti, costumi da donna e da uomo e cappelli ancorati con maestria stavano lì alla mercé della furia del vento e avvolgevano l'uomo che li trasportava.

L'ambulante marocchino si era costruita una sorta di croce ambulante che fungeva da bancarella: due ombrelloni tenuti insieme da due traverse tubolari in metallo e due piedi per poggiarla al suolo per la sosta e la vendita della mercanzia.

Un buon risultato di creatività applicata! Non c'è che dire!

La struttura costruita dal “cugino” marocchino, corredata da una rete fissata alle traverse, simile a una creatura fantastica, si lasciava trasportare dal vento senza decollare.

L'ambulante si ferma, sosta affianco a me e mi chiede dell'acqua. Gli porgo la bottiglia. Beve a canna. Ne versa un po' nel palmo della mano e si lava il viso, non una goccia cade a terra. Nonostante le difficoltà ambientali e la stanchezza che avrebbe provato chiunque nel trasportare quel catafalco, lui, ha saputo sfruttare appieno la ricchezza del prezioso liquido: l'acqua!




Apro di più le palpebre dopo avere inforcato gli occhiali e valuto che il mio interlocutore ha un bel colore ambrato e non ha più di 16, 18 anni. Esile. Fisico tonico. Con un gran sorriso parla un italiano dall'accento francese.

Dice di essere senegalese. Che fa la stagione in Calabria. Fa qualche soldo e poi torna a Roma dove si presta a fare la comparsa a Cinecittà.

È sposato. E la moglie è in Senegal in dolce attesa. Lui spera che siano due bambini perché, mi dice, perché sarebbe un evento fortunato. Ne è convinto, glielo aveva pronosticato il nonno.

Toglie dal marsupio il telefonino; scorre la galleria e mi fa vedere delle foto della sua famiglia:

 La moglie è bellissima, una diva da copertina. E il nonno, un anziano capo di qualche tribù vestito coi paramenti tribali, ha una lanugine ricciolina grigiastra e un bel sorriso che lascia intravedere l'assenza di un incisivo.

Non so se mi prende in giro. Ma è piacevole parlare con lui. Dimostra uno spirito sornione nei confronti delle paranoie nostrane ed è felice di esistere e essere sotto il cielo nonostante le difficoltà che non risparmiano nessun essere vivente sulla terra.

Il vento continua a creare mulinelli di sabbia e i vestiti appesi svolazzano.

Lui ringrazia e riprende il cammino sospinto dal vento.

venerdì 9 aprile 2021

Buone maniere e cultura dell'accoglienza

Quando le parole uccidono.


"courtesy AssIannino"


Sarà lo stress indotto dalle restrizioni per contenere la diffusione della pandemia o l'eccessiva indulgenza nei confronti dei figli che genera incomprensioni? E

gioca un ruolo fondamentale nel ménage familiare?

Qualsiasi cosa si dica o faccia è inappropriato. Parenti, amici o semplici conoscenti non sai più qual è la cosa giusta e cosa sia opportuno dire e fare.

Un tempo c'era il timore e forse un po' di rispetto nei confronti degli anziani, dei più grandi d'età, ma adesso non si capisce niente. Il “tu” è naturale come il “ciao” quando s'incontra qualcuno. Estranei ma anche conoscenti senza nessuna affinità e men che meno confidenzialità sembrano ignorare i minimi criteri della buona educazione.

Ne ho sentite di frasi velenose ma questa mi mancava:

la violenza verbale di figli e genitori che si urlano contro lanciandosi accuse è andata in scena. Le parole sono volate. Hanno raggiunto la strada e inorridito i passanti, pochi per via della quarantena e in parte per l'ora.



Il peggiore degli insulti è uscito dalla bocca di qualcuno, un figlio o una figlia, suppongo, nei confronti di un genitore: Ti odio! È rimbombato come un tuono nell'aria di una fredda mattina di primavera.

Solitamente sono i botti dei giochi pirotecnici che infastidiscono il quartiere. Accesi per festeggiare ricorrenze e compleanni oppure le dimissioni dal collegio di qualche buon uomo di etnia rom. Invece questa volta le urla sono state più volgari e irriverenti degli spari.

La cecità, la poca oculatezza e la superficialità con cui si perdono i giorni e si consumano i rapporti interpersonali è un sintomo allarmante che conduce irrimediabilmente verso la barbarie dei costumi.

È una deriva che ottenebra le menti e le parole sono calibrate appositamente per ferire. Non perdono la loro importanza se decontestualizzate, in quell'ambiente è prassi di vita. La passionalità selvaggia è urlata ad altissimo volume. Le casse amplificate emanano struggenti brani melodici che narrano amori passionali, morbosi connubi di amanti da soap opera. Passioni violente e il denaro come unica ragione esistenziale. Questa, sommariamente, l'atmosfera del quartiere più degradato che abbia mai conosciuto.

E in questa realtà abitativa sociale i termini non possono essere giustificati neppure se caricate dallo stress emotivo causato dalle restrizioni.

Le parole hanno un peso e si deve fare moltissima attenzione quando si pronunciano! Specialmente se sono indirizzate ad un congiunto stretto. Altrimenti significa non comprendere l'amore ricevuto fin dalla nascita e prima ancora. Significa tradire non solo le aspettative dei genitori ma tradire principalmente le attenzioni profuse dalla comunità e di chi le pronuncia anche sotto l'effetto di psicofarmaci, alcol o droga. È un atto di semplice crudeltà urlare parole simili in faccia a chi ha dato la vita senza mai chiedere nulla in cambio. Ripagare con una moneta simile chi ha teso la mano e ti ha incoraggiato nei primi barcollanti passi e anche dopo è ferire i sentimenti di chi ama in silenzio la vita e forse anche uccidere... in quel momento chi ha creduto e si è prodigato nella solidaria azione del mutuo soccorso agli emarginati.

domenica 4 aprile 2021

Anche a 90 anni i figli rimangono tesori da difendere

È un periodo che mi capita spesso di voltare i pensieri e lo sguardo all'indietro. Riguardo al passato non per nostalgia ma per scandirne i tempi. I passaggi epocali vissuti. Le opportunità e le sviste, gli errori. Le cose buone le sfioro appena. Quelle sono consolidate.

Non è quindi il sapore nostalgico del tempo passato di proustiana memoria a farmi ripercorrere alcuni momenti trascorsi anche se i luoghi e gli odori fungono da stimoli.

L'odore della salsedine trasportata dal vento e le nuvole di fumo che scappano su nel cielo sparpagliate schiacciate rimodellate e strapazzate dal vento di maestrale sopra i tetti della marina intrise di farina e pane caldo hanno un nome preciso nella mia testa.

Percorrevo quella strada tutte le mattine. Era una tappa obbligata: pizzelline e panini al burro, queste ultime spesso omaggiate dalla gentile signora del pane seduta dietro al bancone: queste per le bambine. Diceva con un sorriso. Oggi c'è troppo vento meglio se stanno in macchina ma quanto sono belle me le baciate.

Nostalgia? no. È il pensiero dolce che va a posarsi sui rami del tempo e visita i luoghi cari degli affetti.

I figli sono cresciuti. Adulti e genitori a loro volta ma per papà e mamma rimangono sempre tesori da proteggere.

domenica 14 marzo 2021

Una favola d'altri tempi?

Carte e inchiostro ne ho a volontà. Quindi, avanti!

Oggi m'è presa così. Mi va di disegnare. Abbozzare qualcosa di familiare. Qualcosa che fa parte del vissuto storico di quanti, come me, hanno fatto il salto epocale e dalla campagna o dal paesino rurale sono andati a vivere in città.

Dedico questi minuti di gioco creativo alla rivisitazione romanzata del tempo che fu corredando la scrittura con alcuni bozzetti degli animali domestici del quotidiano familiare che ancora è possibile vedere nelle campagne ai margini degli agglomerati urbani in Calabria.


Ricordo, anche se molto piccolo, la cantina -katojo in calabrese-, dalle molteplici funzioni, che, all'occorrenza, fungeva da legnaia e ripostiglio per alcune provviste stagionali ma era anche rifugio invernale dei fedeli compagni di lavoro nei campi: il mulo, l'asino, qualche capretta che riforniva di latte caldo la famiglia; le galline ovaiole. E c'era anche chi si era industriato nell'allevamento olicicolo, ovvero, nell'allevare lumache a chilometro zero, come diremmo oggi. 

Odori pungenti, aspri, quindi, ma non tanto sgradevoli, perché manca il termine di paragone. È il profumo naturale del luogo; simile all'abitudine olfattiva del casaro che lavora  il latte e cura la stagionatura dei formaggi o il pastore che governa le greggi. O chi insacca lo stallatico per concimare i campi e fare proliferare i raccolti biologici.

Ricordo chiaramente che gli effluvi dei miasmi inondavano i vicoletti e si mescolavano all'odore del mosto e del pane appena sfornato; del fieno nelle mangiatoie e degli escrementi comprese quelle dell'uomo. E sì non sempre c'era l'impianto fognario, la maggior parte delle abitazioni erano corredate di pozzo nero. E anche l'acqua corrente in casa era un lusso che non tutti si potevano permettere. E  avere un bagno tra le mura domestiche arredato con tazza, bidet e lavabo era un miraggio. 

All'epoca dei fatti le donne caricavano le ceste coi panni sporchi e si recavano al lavatoio comunale oppure al fiume. E indovinate un po' quale detersivo usavano?

Ovviamente non c'erano tutti i prodotti che la pubblicità ci suggerisce oggi per la cura della casa e della persona. All'epoca le massaie lavavano panni, piatti e persino i bambini e loro stesse con un bel pezzo di sapone fatto in casa. 

Il sapone era di colore grigio e aveva la consistenza di un pezzo di terra morbida tagliata col coltello, un pezzo d'argilla oleoso prodotto del grasso di maiale e degli avanzi dell'olio bolliti. A questo aggiungevano la “lissja” ovvero una poltiglia fatta con la cenere del focolare. Tutto al naturale!

Comunque, il fumo della legna che bruciava e riscaldava gli ambienti, igienizzava batteri e mitigava il fetore dei bassi quando la vita familiare si trascorreva ai piani inferiori mentre nei piani alti non si avvertiva nessun odore sgradevole.

La cruda descrizione del tempo passato lascia un po' perplessi. M non è degrado anche se oggi la definiremmo tale perché si presenta simile a certe atmosfere maleodoranti e degradate di una qualsiasi baraccopoli venuta su senza un minimo di criterio urbanistico, con fogne a cielo aperto, fuochi improvvisati e cumuli di spazzatura sparse ovunque.

Insomma, se dimentichiamo il tempo storico in cui è ambientato il racconto, verosimilmente potrebbe essere la trasposizione plastica contemporanea di una realtà degradata vista in tv.

 Quando gli emarginati non ce la fanno più e reagiscono in malo modo al sistema imposto dai caporali e fanno notizia. Immigrati regolari o peggio clandestini impauriti e sottomessi. Persone senza tutele che mettono a ferro e fuoco le loro misere baracche. 

Gente ai margini. Donne, bambini e uomini che vivono nelle periferie degradate per necessità.

Per noi non era così. Era casa nostra!

Case costruite secondo i criteri del tempo. Coi muri divisori interni tirati su con canne e paglia rivestite d'argilla e calce; prodotti naturali e ottimi coibentanti, altro che i moderni pannelli in cartongesso.

Era il nostro mondo. Ci si faceva l'abitudine per forza di cose. E poi, il sapore del latte caldo appena munto, il calore del contatto umano, lo scorrere del tempo lento scandito dalle stagioni, il sapore dell'orto, i profumi della campagna. Definirla un'esperienza indimenticabile può sembrare riduttivo.

Cose d'altri tempi!

Tempi di grama ma sempre preferibili a quanto di pseudobuono abbiamo incontrato lungo la strada.

Il progresso ha un prezzo. Amaro e ostico specie se imposto.

lunedì 13 aprile 2020

tempus fugit, generazioni a confronto

Il tempo fugge.

Me ne accorgo solo quando mi guardo allo specchio: qualche ruga, qualche capello bianco, la palpebra lievemente calata. Ecco, i primi sintomi del tempo che è passato.

Però dentro non lo avverto.
Mentalmente sono attivo e guardo al mondo con occhi da eterno ragazzo. Mi entusiasmo davanti a un bel tramonto e al sole rosso che si alza lentamente all'orizzonte e riflette sul mare flussi rossastri sulle acque calme.
Che le forze fisiche non siano più quelle di un tempo lo avverto quando m'impegno in lavori inconsueti. Fare giardinaggio o cimentarmi in lavori di piccola manutenzione diventano attività terapeutiche da un lato ma allarmanti dall'altro. Il perché è facilmente deducibile.

E poi il confronto generazionale non ha pari.
La mia generazione e giù di lì al confronto coi nativi digitali è una pippa. Già a pochi anni d'età i bambini smanettano e interagiscono coi nuovi media in maniera impressionante. Da paura! Mentre noi vecchietti anche per inviare un whatsapp combiniamo un macello.

Me ne sono reso conto da un po' ma nell'occasione della santa Pasqua ne ho avuto pienamente conferma.
Dopo avere scritto un messaggio augurale volevo inviarlo a tutti gli amici presenti nella mia agenda e per inviarlo in tempi e modalità breve ho fatto un gran casino.
Chi è avvezzo alla messaggistica whatsappiana sa bene che non si possono più inviare messaggi di gruppo, per farlo ne devi creare uno. Ebbene io l'ho scoperto solo ieri. Ho creato inconsapevolmente un gruppo, che, data l'inutilità, ho rimosso nell'immediatezza. E, gioco forza, ho inviato singolarmente, a ognuno dei miei contatti, il messaggio. (ho impiegato più tempo a creare e eliminare il gruppo che inviare i messaggi singolarmente, a proposito del tempo e della sua relatività).

E sì, il tempo fugge. Impegniamolo creativamente. Godiamoci lo stop inatteso e imposto dalla quarantena per pensare positivo.

domenica 8 marzo 2015

Tradizioni valoriali tra crisi sociali e austerità

Avevate le scarpe!


Sì avevamo le scarpe, consumate … rotte, ormai. -risposi all'ospite che osservava incuriosito e commentava la foto sulla scrivania. Va be', stavate meglio di me e di tanti che non ce l'avevamo per niente. Ma eravate di lutto? Chi era morto? Mio padre. Risposi secco. E mi sovvenne alla mente Maria, la figlia di zia Rosina che faceva la sarta e insegnava a tagliare, cucire e risistemare gli abiti vecchi alle ragazze del paese. L'attività sartoriale e la propensione all'insegnamento che svolgeva al piano terra della casa le valse il titolo di “maistra”, maestra. Lei cuciva di sana pianta, risvoltava e aggiustava i vestiti ai paesani. E ovviamente anche a noi. Riusciva a dare nuova vita alle stoffe. Trasformava magistralmente cappotti, giacche, pantaloni, camicie e gonne.
Fu lei che cucì e riadattò i vestiti neri e i nastrini da tenere sui risvolti del bavero delle giacche per il tempo necessario alla celebrazione del lutto familiare.

sabato 7 marzo 2015

Eroica quotidianità al femminile

Donne coraggiose


La vita è una ruota, diceva mia madre.
La vita, appunto, coi suoi alti e bassi impone scelte immediate. Scelte, a volte dolorose ma necessarie per sopravvivere.

Con la morte nel cuore, mia madre si trovava ad un bivio, doveva decidere se accettare una nuova proposta di matrimonio oppure darsi da fare. Mettersi in gioco. Indossare i pantaloni per amore dei figli e trovare un lavoro. Uno qualsiasi purché onesto e dignitoso.
Lei riteneva inopportuno risposarsi. “Sono ancora feconda, -diceva argomentando il suo diniego in famiglia e al pretendente- e poi, che ne so che tipo di persona mi metto in casa! E se dovesse maltrattare i miei figli? no. Ho promesso a Vincenzo che sarebbe stato il primo e l'ultimo e così è!
Era consapevole degli ostacoli che avrebbe dovuto superare ma non si scoraggiò. Lei, una donna sola, ancora giovane, in un mondo di uomini avrebbe dovuto lottare e lo fece!

sbirciando qua e là

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