La miniserie “Mariottide”,
di Maccio Capatonda (Marcello Macchia) con la principale collaborazione di
Herbert Ballerina (Luigi Luciano), evoca
per allegorie una società ridotta all’osso: in particolare di una famiglia,
quella di Mariottide e il figlio Fernandello.
Mariottide: uno squattrinato con alcuna ambizione di vita se
non quella di mandare avanti la baracca e un figlio ritardato a carico.
Uno humor sottile e basilare allo stesso tempo, per certi
versi quasi demenziale, che esamina il tenore di vita di una famiglia disagiata
che cerca di sostentarsi con ogni mezzo.
Una serie di venti puntate, ciascuna di 11/14 minuti, che
con assoluta leggerezza e comicità tratta temi di disagio collettivo.
Di certo Mariottide e Fernandello non saranno gli unici a
vivere di stenti e problemi nel tirare avanti alla giornata, il mondo ne è
colmo; come anche di approfittatori e manipolatori, o di chi semplicemente
schernisce patemi d’animo, problemi e patologie altrui.
Una miniserie comica con un messaggio finale molto
interessante.
Dalla ventesima puntata infatti emerge la fase “dell’ignoranza
d’oro” di Fernandello che lo fa vivere bene e in pace con sé stesso e col mondo,
e che altrimenti da cultore delle scienze,diplomato e laureato si sarebbe oltremodo
scontrato con la scontentezza ,l’infelicità e la frustrazione eterna.
Serie con la straordinaria partecipazione di Nino Frassica,
e per fare qualche altro nome: Ale e Franz, Federico Russo, Giuliano Sangiorgi.
Divertente e con allegorie da prendere al volo, con la netta convinzione che nella vita
basta solo non essere scettici nei confronti altrui e aprire le proprie porte
all’altro per restare piacevolmente sorpresi, proprio come è successo a me con
Mariottide.