Catanzaro, 10 h al pronto soccorso. Emergency.
In dieci ore se ne vivono di storie!
Giovani e meno giovani che costretti alle prime cure mediche nei
vari pronto soccorso sono in balìa di codici rosso, giallo, verde o
bianco; colori che determinano il grado di urgenza sanitaria a cui si
è ascritta la sintomatologia dei casi da gestire.
La sanità è sofferente. Lo
dicono le stime e le ripetute gestioni messe dal governo centrale in
regime di commissariamento.
Da una parte le cifre, che detto in
soldoni, impongono la gestione economica, il fatturato al primo posto
nella scala dei valori sociali. In secondo viene, per forza di cose,
la salute pubblica e quindi il benessere del cittadino gravato da una
serie di piccoli handicap strutturali che mettono la qualità della vita in ultimo piano.
Questo modello ha frantumato le
certezze dei singoli e messo in “quarantena” i bisogni primari
correlati al benessere psicofisico degli italiani abituati alla
prodiga assistenza del presidio sanitario nazionale.
L'epidemia, perché ormai di
questo dobbiamo tenere conto, denominata dal ss mondiale covid-19 ha
evidenziato le pecche scaturite dall'avere anteposto il fattore economico al benessere sociale, in sintesi avere salvaguardato la spesa pubblica ma mortificato la qualità della vita dei popoli colpiti dal
fenomeno emergenziale sanitario è stato davvero proficuo?
In tempi di epidemia come lo è il
corona-virus gl'ingranaggi s'inceppano facilmente. E il presidio di
pronto soccorso ne fa le spese.
Carenza di personale.
Metodologia farraginosa che allunga i tempi d'attesa in modo
disumano.
Ecco, in 10 ore di ps sembra di essere
in prima linea. È come vivere in trincea e non sai da chi o cosa
difenderti mentre arrivano missili da chissà dove sotto forma di
tosse o starnuti e sbuffi.
Scene di panico, ieri nel pronto
soccorso del Pugliese-Ciaccio di Catanzaro.
Scene da film dell'orrore. Paure
amplificate dalla psicosi del coronavirus. Mascherine introvabili.
Personale inadeguato all'emergenza. Pazienti e accompagnatori sul chi
va là. Dispencer presi d'assalto. E poi, la squadra per la
sanificazione che blinda le aree, senza, però, munire di mascherine
e guanti le persone in attesa. “Uscite. Spostatevi. Dobbiamo
disinfettare”.
E poi la violenza improvvisa:
Il
giovane salta dalla barella. Non vuole farsi toccare dai sanitari.
Qualche oss cerca di calmarlo. La sua risposta è irrazionale,
violenta! “cacciami i mani e coddhu. Tu fazzu vidira.
T'ammazzu...”.
È
stato un attimo di panico per le operatrici. La violenza del
paziente, forse scaturita da una qualche forma di crisi emotiva, ha
devastato una porta e fatto piangere e tremare una giovane oss mentre un'altra si premurava di spostare altrove i pazienti in terapia con molto garbo.
E poi
la signora giunta in vestaglia da casa già pronta per il ricovero
che chiedeva a chiunque di telefonare al marito. “Sì, vedete
dotto' questa volta è 'na cosa seria! Mi sento il cuore, no il
respiro ho l'affanno sì stavolta è 'na cosa seria da ricovero...”.
Indubbiamente
il posto di prima accoglienza è difficile da gestire, ci vuole
passione. Dedizione. E come si diceva un tempo: amore per chi soffre.
E
ieri sera ho avuto la certezza che gli angeli esistono anche nel
presidio Pugliese-Ciaccio di Catanzaro.
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