Incomprensioni.
Da oltre dieci minuti a cadenza
regolare un miagolio inconsueto mi spinge ad aprire la porta
d'ingresso.
Un gatto, appollaiato in equilibrio
precario sulla finestra delle scale, guarda giù. Quattro piani lo
separano dal terreno e pochi passi da me. Potrebbe saltare verso
l'interno, fare le scale e tornarsene in giardino ma non lo fa. È
spaesato. Sembra che abbia perso l'orientamento.
Non si fa avvicinare.
Guarda me e il vuoto che sta dalla
parte opposta e sembra preferirlo. È visibilmente nel panico.
Tento di tranquillizzarlo. Con voce
calma, mentre tendo la mano come a porgergli un bocconcino, gli
sussurro “Tieni muzt muzt”. Ma lui si agita. È troppo impaurito
per fidarsi. Continua a miagolare terrorizzato.
Ogni mio tentativo risulta vano.
Muovo qualche passo.
Mi avvicino ancora. Lui si agita. Si
gira verso l'esterno e vola giù dal quarto piano.
Nooo. Grido. Un brivido mi scorre lungo
la schiena. Già me lo immagino fracassato sui gradini del portone.
Mi affaccio e, miracolo!, allora è
vero che i gatti hanno nove vite, penso tra me, mentre lo vedo
correre tra i cespugli dell'aiuola.
Gliene rimangono otto.