“Terremoto al comune di Catanzaro”.
Interpretazione semantica a parte, il titolo giornalistico,
promotore involontario dell’evacuazione scolastica di alcuni istituti
cittadini, pone seri interrogativi sul modo di fare e intendere la cosa
pubblica da parte di certa politica accattona e strumentale ai bisogni non dei
cittadini ma dei “gestori” del più alto strumento democratico del vivere
comune.
La fretta, la superficiale interpretazione, l’indolenza con
cui ci si relaziona spesso coi pensieri e i sentimenti altrui, la
predisposizione all’ascolto con addosso maschere di circostanza sono elementi
strutturali del tempo. Oggi a battere e determinare la velocità delle azioni e
dei pensieri generanti il più delle volte le incomprensioni interpersonali c’è
lo strumento informatico del web.
Tablet, telefonini, personal computer e tv trash sono i
nuovi strumenti di connessione col mondo esterno.
La dipendenza è totale. Connettersi è l’imperativo
categorico. Non poterlo fare è origine del panico. E poi la velocità impone
spostamenti rapidissimi da una chat all’altra. Fake news, ovvero notizie false
volute o farlocche dettate dall’ignoranza o malafede. Notizie tendenti a
screditare potenziali concorrenti.
Certamente fa pensare, tornando a quanto accade nel
consiglio comunale catanzarese, anche se d’impulso, alla superficialità d’approccio
dei giovani consiglieri che avrebbero voluto cambiare il mondo. Giovani, che
secondo gli inquirenti, si sono adeguati al modello in atto che consente di “arrotondare”
le entrate personali attraverso finte sedute e relativi tatticismi per favorire
“grandi elettori”.
Tutto ciò lascia l’amaro in bocca. Anche laddove l’indagine
risultasse per alcuni ininfluente perché il fatto non sussiste rimane la
macchia, l’onta di non avere tenuto fede all’impegno preso con gli elettori nel
vigilare sulla corretta azione della cosa pubblica.