Durante il programma “Ballarò”, in onda su rai3, condotto dal giornalista Giovanni Floris, il ministro Castelli ha mostrato alle telecamere due articoli di largo consumo fabbricati in china, ha evidenziato il costo esiguo dei prodotti esposti e imputato colpe all’alto costo del mercato del lavoro italiano e al fenomeno della globalizzazione dei mercati; quasi fosse una colpa l’emancipazione dei lavoratori e del mondo del lavoro italiano ed europeo e che dipendesse da ciò la recessione e la crisi in atto nelle nazioni.
Le esternazioni del ministro Castelli diventano quasi una legittimazione della strategia “delocalizzante” delle aziende che chiudono le sedi produttive nei paesi che ne hanno fatto la storia e la fortuna economica per andare a sfruttare la fame degli altri.
Il ministro non ha ricordato i veri architetti della bolla economica che hanno provocato l’impoverimento di intere nazioni e neanche coloro che hanno tratto benefici enormi dal crollo delle borse.
È vero! Nei negozi cinesi si trovano prodotti a bassissimo costo: 2 euro la doccetta, 1 euro il filtro della fontana mentre il note book con il marchio italiano non si trova in vendita nelle bancarelle dei cinesi ma negli showroom italiani come pure le scarpe, i vestiti e molti prodotti hitech a prezzi esorbitanti.
È anche vero che i prodotti cinesi a basso costo sono di infima qualità e non possono reggere il confronto con analoghi merci costruite con tutti i criteri della legalità imposta ai mercati del lavoro italiano. Purtroppo, la gente è costretta dall’emergenza contingente a tamponare momentaneamente le piccole esigenze familiari con l’impiego di piccole somme.
Credo che in situazioni di disagio nazionale, anzi, globale, come quello attuale, le parole non servano, servono i fatti! l'egemonia della globalizzazione selvaggia si annulla attraverso le forme solidali del mercato etico: il lavoro al servizio dell'uomo e non l'opposto! In parole povere:
Ci vorrebbe un po’ di quella Cristiana bontà che induce chi è nelle condizioni economiche agiate a dare il superfluo a chi non possiede nulla.
Ma questa è pura utopia. Allora, che fare?
Forse, ci vorrebbe del coraggio civile per imporre, una tantum, un versamento sui grandi patrimoni, sui compensi stratosferici dei dirigenti politici e aziendali, e, nel frattempo, studiare strategie mirate alle vocazioni territoriali atte a rilanciare l’occupazione.
Questo sì che darebbe fiducia!