(La nascita, le origini, le vite dei singoli non sono eventi fortuiti ma legami invisibili tessuti da volontà superiori).
Questa terra non è per te!
Non ci vedevamo da almeno venti anni e
come accade in simili circostanze abbiamo scambiato le notizie.
Quelle più articolate ma con minore interesse per entrambi,
ovviamente, limate dai particolari superflui. La sintesi è che Enzo
si è trasferito a Torino. Lui e la moglie hanno deciso di seguire i
figli all'università e, come accade nella maggior parte dei casi,
sono andati a ingrossare le fila dei calabresi migrati al nord. Il
loro è stato un esodo dorato. Non hanno riempito le valigie di
cartone con i sogni e gli scarponi chiodati ancora sporchi di terra
al pari dei nostri che tentarono la fortuna negli anni sessanta o
cinquanta.
Enzo e Marilena hanno potuto chiedere
il trasferimento ai rispettivi datori di lavoro che, vista
l'esuberanza di personale in azienda, hanno ottenuto.
Torino non si presenta come la capitale
metalmeccanica che ha dato lavoro e dignità a molti. L'archeologia
industriale è storia che si fa corollario di innumerevoli pretesti
generazionali che hanno modificato il corso degli eventi parentali.
Tante storie di vite che lì, tra i
rumori delle fabbriche e il luccichio delle vetrine, si sono
modificate, momenti vissuti da intere famiglie, quotidianità che
hanno cambiato i percorsi e diradato se non tagliato i legami con le
origini.
Anche se noi meridionali abbiamo
fortemente radicato il concetto di appartenenza e non appena sentiamo
l'accento di un idioma familiare subito ci associamo e dialoghiamo
come se ci conoscessimo da sempre, nelle metropoli sappiamo tenere
una certa “signorilità” nei costumi, una certa distanza dal
pettegolezzo spicciolo.
Lì c'è puro pragmatismo.
Pur volendo conoscere le origini e le
appartenenze, retaggio comune a qualsiasi latitudine e in tutte le
lingue, nelle città produttive gli interessi della gente si
concentrano principalmente nelle abilità dei singoli. Nelle
opportunità di lavoro e produttività che ognuno sviluppa e può
sviluppare.
Lì è possibile quella scalata sociale
che a volte è negata nella propria terra per ragioni futili.
L'invidia è un elemento che in Calabria indossiamo a mo' di
armatura: nessuno è più bravo/a, intelligente, saggio/a, bello/a di
me. Nessuno merita tranne me!
Ma, a nostra discolpa c'è sempre un ma
o un però, abbiamo un cuore enorme. E ...
Togliamo la corazza per brevi attimi
davanti a un tramonto, alle necessità dei bambini bisognosi, alle
malattie, alle sofferenze degli altri, al diverso ma fino alla curva
delle nostre ambizioni.
E tu? Chiede Enzo. Che fai, dipingi
ancora?
Certo! È la mia risorsa. Mi tiene
attivo mentalmente. L'arte è la mia arma di difesa contro la
pochezza di pensiero imperante, immutabile da sud a nord e viceversa.
Sì ma forse in una grande città
avresti, forse, potuto …
Sì! forse avrei potuto ma non
rincorro glorie. Amo quello che faccio. Amo questa terra con tutte le
sue eterne immutate contraddizioni e non m'importa di quello che dice
la gentaglia dietro le spalle. Importante è potersi guardare allo
specchio con serenità d'animo e non dovere mai abbassare lo sguardo
davanti a niente e nessuno. La mia valigia di cartone è zavorrata qui. Piena delle mie umane contraddizioni e delle mie esperienze che, modestamente, metto a disposizione ... Ho scelto di vivere nella terra in cui sono nato. Troppi legami, troppe convinzioni mi impongono di convogliare energie per quanto riguarda il mio lavoro "intellettuale".
Questa è anche Calabria.
La Calabria che abbiamo costruito coi
nostri tanti opportunismi e troppi silenzi.
La terra che abbiamo lasciato agli
altri, che abbiamo donato, per indolenza? A una ristretta cerchia che
non merita tanta bellezza.