La campagna era tutta buona. Benevola con chi la curava! La terra dava soddisfazioni e non lasciava in sofferenza le famiglie dei contadini. I frutti copiosi dell'orto sfamavano anche i parenti e i vicini in affanno in quei tempi di magra immediatamente dopo la guerra.
Il dopoguerra lasciò rovine materiali, fisiche e mentali.
Chi viveva in campagna, delatori e traditori a parte, spie di regime che facevano la fronda miseramente, riusciva a cavarsela facendo crescere la famiglia. Col duro lavoro dei campi e le cure adeguate dovute agli animali per conservarli in buona salute anche quel duro capitolo fu chiuso.
L'appezzamento di terra attraversato dal torrente era il più fecondo. E lì crescevano le primizie di stagione.
All'alba si era già sul posto. D'altronde non era distante dalla casa. Bastavano pochi passi per arrivarci. Zappa sulle spalle e qualche sacco di stallatico sul dorso del mulo per concimare. Il meticcio trotterellava davanti a tutti, qualche canna nel campo dei fagiolini da risistemare e poi “stagliare” l'acqua.
Abbeverare i campi dava un senso di fresco anche al corpo. L'acqua s'infilava nei solchi poco alla volta; tracimava da un solco all'altro fino a completarne il percorso tracciato dalla sapienza contadina.
Sì quel quadrato di terra dava soddisfazioni! Le colture erano abbondanti e saporite. I bambini, ma anche i grandi, attendevano impazienti i frutti. I “zipangùli”, le angurie piantate e cresciute lì erano di un verde scuro intenso e la polpa era rossa fuoco densa e dal sapore indescrivibile. E poi, cetrioli, pomodori, zucchine tutti prodotti dalle qualità organolettiche alte degne dell'etichetta d'eccellenza cercata invano oggi sugli scaffali dei supermercati.
No. non è il racconto romantico tracciato sulla falsariga dei ricordi. È una realtà che vive nella memoria pulsante del tempo che fu.
E poi un maledetto giorno la vita prese una piega diversa. Amara!
Il campo devastato dall'irruenza della mandria priva di guida (il pastore si era assopito sotto un albero? O forse no... a quei tempi i dispetti erano dettati dall'invidia e dalle misere antipatie.) scatenò l'ira. Scoppiò la lite. E il cielo ebbe un altro Angelo.
Seguirono anni difficili. Qualcuno tentò matrimoni d'interesse ma non se ne fece niente. La donna, mamma di sette figli si rimboccò le maniche e prima che la famiglia si disperdesse tra matrimoni e partenze (la prima figlia, in età da marito e fidanzata, con la dote pronta da tempo: casa e corredo aspettavano solo che il padre l'accompagnasse all'altare) volle una foto.
Chiamò tutti e così come si trovavano si misero in posa.
Il fotografo arrivò al casolare di campagna. Piantò il treppiede e scomparve dietro il cappuccio nero. Fermi! Sorridete! Guardate davanti. Non muovetevi... fatto. La lampada del flash emanò fumo e s'increspò.
famiglia contadina, foto d'epoca, 1956-57 |
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