venerdì 1 maggio 2020

Santelli vs Conte e il lavoro come strategia che manca

Dpcm Conte vs decreto Santelli.


Si sta giocando una partita importante sulla pelle degli italiani.
Il momento è serio per non dire drammatico. Le voci messe in circolazione sono simili alle bandiere mosse dal vento. E anche in un momento delicato qual è l'attuale non mancano le strumentalizzazioni politiche che sembrano lisciare il pelo alle lobby.

Nei fatti c'è un dpcm governativo che, nolenti o volenti, è da tenere in mente. E poi ci sono i rumori strumentali periferici delle regioni e dei comuni.

Interessi economici. Strategie di parrocchia e quant'altro dovrebbero tacere non per puro moralismo o tensione emotiva che si sta diffondendo peggio del virus ma per non alimentare sospetti velenosi tra forze avverse e semplici cittadini.

L'isolamento ha creato voragini enormi negli strati sociali. Tra vecchi e nuovi problemi occupazionali. Ripensamenti e nuove forme di lavoro le povertà sono aumentate.

Povertà economiche costringono intere famiglie a cambiare le priorità del vivere quotidiano.
Senza menarla per le lunghe non si capisce la strategia della Santelli. Il suo remare contro.
Non si capisce la chiusura netta nei confronti di chi vuole per necessità rientrare in Calabria come previsto nell'ultimo dpcm del Governo e l'apertura delle strutture sociali locali destinate al commercio e all'inevitabile assembramento che potrebbe facilitare la trasmissione del virus.

L'ammiccamento ai proprietari di barche, bene non comune ai più; l'apertura dei locali pubblici … insomma scelte dal sapore e dal colore politico partigiano piuttosto che analisi oculata per il bene della collettività.
E poi l'app immunity che dovrebbe tracciare e conteggiare gli ipotetici contagiati che non fa altro che aumentare le paure e i sospetti. Senza contare il chiasso mediatico che sta impoverendo chiunque e le assurde misure poste a tutela della salute pubblica dopo gli scempi perpetrati nella spesa sanitaria nazionale e locale, gli insulsi tagli che hanno pregiudicato il diritto alla salute di un ampissimo ventaglio sociale. Senza dimenticare i ticket, le code interminabili davanti agli sportelli delle asp per le prenotazioni specialistiche che, se va bene, soddisfano le urgenze dei malati ad un passo dalla morte e oltre.

In sintesi si parla, anzi si litiga su tutto ma non si fa un piano strategico che risani i mali che hanno portato il servizio sanitario nazionale al collasso. Senza dimenticare i nervi scoperti resi ancora più sensibili dalla globalizzazione che ha portato le aziende e gli imprenditori avidi a delocalizzare intere fasi produttive in paesi dal fisco leggero e le criticità occupazionali prodotte dalla chiusura delle eccellenze made in italy.

I numeri sono chiari ma basta! Non servono! Serve un piano serio. Servono proposte incoraggianti che non stimolino ansie e sospetti ma speranze.

Serve il lavoro! Cultura del lavoro sostenibile! Serve  una nuova coscienza sociale che metta la persona al centro delle decisioni politiche e che guardi alle esigenze reali dei bisogni della collettività.

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