Monti, dalla Cina solo lavoro o anche tutele?

Lo Statuto dei lavoratori è un insieme di norme che servono a tutelare la libertà e la dignità dei lavoratori nei luoghi di lavoro.

Perché si è sentita la necessità di scrivere uno Statuto e trasformarlo in legge nel maggio del 1970?
la risposta è ovvia! Perché i datori di lavoro non sempre usavano comportamenti democratici e civili nei confronti delle maestranze. È anche vero che lo Statuto dei lavoratori è applicato nelle aziende con più di 15 dipendenti e questi ultimi spesso sono messi in uno stato di subalternità oggettiva ben nota.

Senza entrare nel merito degli articoli che vanno dall'apprendistato all'orario di lavoro, tutela della salute e quindi doveri dell'imprenditore e dei lavoratori, c'è però da chiarire, e il prof. Mario Monti deve necessariamente farlo definitivamente nell'immediatezza per fugare ogni dubbio, non tanto la questione dell'articolo 18 che può essere modificato se dalla sua modifica dipende la tutela di tutti i lavoratori, ma tutti quei punti oscuri inerenti la riforma del lavoro che sembrano essere determinati e subordinati alle esigenze di quelle entità finanziarie che ne hanno provocato la crisi dei mercati e delle Nazioni.
Insomma deve essere tutelata senza dubbio alcuno la dignità della persona impegnata nel lavoro!

Dipendere proprio da quelle nazioni che imponendo il socialismo reale sono divenute potenze economiche pilota, per la nostra cultura, che ha sempre abiurato quei mercati del lavoro e le attività esportate più o meno clandestinamente che impegnano spesso lavoratori in nero magari a 2€ all'ora, è fonte di preoccupazione.

Dopo tanta emancipazione fa specie abdicare a mentalità coercitive come quelle asiatiche ed essere sotto esame come riporta il corsera:

«Abbiamo analizzato il vostro Paese diverse volte, l' ultima a settembre e l' abbiamo scartato. Ora possiamo fare un'altra valutazione». A parlare è Lou Jiwei, presidente del quarto fondo sovrano del mondo con in cassa oltre 400 miliardi di dollari, 40 già investiti, ma non in Italia. Il capo della China Investment Corporation a colloquio con Mario Monti accetta di costituire un gruppo di lavoro composto di esponenti dell'Ice e Bankitalia focalizzato sul nostro Paese e il 12 aprile un rappresentante cinese sarà in Italia per riconsiderare le condizioni del mercato del lavoro.
gli investimenti possibili spaziano dall'immobiliare alle infrastrutture al settore del private equity. Lou Jiwei non nasconde i fattori di debolezza che permangono: un alto tasso di evasione fiscale e una burocrazia inefficiente e «quelle che consideriamo le incertezze della vostra legislazione del lavoro».
Il premier risponde con un sorriso: «Ah, se lo sapessero in Italia...». Insomma, ci sono i passi avanti, ma sono interlocutori. E la riforma del lavoro, impostata ma non vigente, è elemento che può cambiare le cose.
Eppure di riforma del lavoro si discute anche a Tokyo, dove il premier si sveglia e fa le prime dichiarazioni: esclude manovre aggiuntive, nonostante la recessione; ribadisce che «all' estero c' è attesa sul ddl» che modifica il mercato del lavoro italiano e che a questo proposito «cambiare le consuetudini tradizionali produce forse qualche incertezza nella società, che spero di superare spiegando meglio»; aggiunge che in tutti gli incontri avuti finora «c' è grande sorpresa per le prove di rinnovamento che l' Italia sta dando»; mentre in un' intervista al quotidiano giapponese Asahi Shimbun si dice convinto che «fra qualche anno sarà possibile arrivare all' istituzione di eurobond».

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