In Italia, la RAI è la televisione di
Stato! Una televisione generalista che si mantiene con l'abbonamento
obbligatorio dei cittadini in possesso di un televisore e con la
pubblicità. Di conseguenza, chi paga il canone è in parte
“proprietario” del servizio e come tale dovrebbe essere tenuto in
considerazione da chi sovrintende ai vertici aziendali. Di fatto, i
partiti governano la televisione di Stato. Le poltrone sono suddivise
secondo la volontà dei partiti politici mentre il governo in carica
ha la maggioranza. Un tempo si diceva: RAI 1 è democristiana; RAI 2
socialista; RAI 3 comunista. Ciononostante i servizi tematici,
complessivamente sono stati in grado di offrire un discreto modello
di saperi e contribuito nell'alfabetizzazione di quanti sopravvissuti
a fame e guerra. Chi non ricorda “non è mai troppo tardi”,
“Angelo Lombardi, l'amico degli animali”, “Rin Ti Tin”
“Lassie” “La nonna del Corsaro Nero” “Canzonissima”... e
l'eccessiva attenzione censoria di quanto andava trasmesso.
Oggi si è passato da un eccesso
all'altro!
Il servizio pubblico che la RAI offre,
in quanto televisione di Stato, non sempre tiene nella giusta
considerazione la libertà e la pluralità di pensiero di lavoratori
Rai e cittadini utenti.
Senza farla troppo lunga, ha ragione
Santoro, nell'azienda serve professionalità non servilismo di
minzoliniana memoria.
Urge un'informazione libera, non
soggetta a censure partitiche o personali. Un'informazione onesta!
Ma pare che questo non paghi i partiti
e gli uomini che li governano malamente. Allora si defenestra un
buon giornalista perchè ha osato approfondire un'inchiesta spinosa;
ha documentato un giro di connivenze e mal vessazioni, affari sporchi
fiancheggiati dai politici o semplicemente la superficialità di
questi ultimi nello gestire la cosa pubblica, lo sperpero del denaro
pubblico fiancheggiati da dirigenti compiacenti o, peggio, servili
per gioco forza perché nominati dalla politica.
Bene, dopo le ben note vicende sul
canale nazionale RAI 1, anche la testata giornalistica della Calabria
pare abbia il suo Minzolini! Il taglio è quello inviso alla
democrazie e al rispetto degli utenti. Basta vederne uno per capire
omissioni e vacuità delle notizie spesso prive di riscontro ma
complete di strafalcioni.
Forse è per questo motivo che non si
vogliono concedere diversivi leciti come collaborare con quotidiani
stampati che, per il solo fatto di scrivere un articolo, possano
distogliere le giornaliste brave come Annarosa Macrì dal loro
impegno principale di dipendenti RAI?
Chi è Annarosa Macrì?
Annarosa Macrì è una giornalista
seria tutta di un pezzo. Professionista di valore, persona di cultura
raffinata, scelta da Enzo Biagi (che sia proprio questo il suo
peccato?) per le sue indimenticabili trasmissioni - vere e proprie
lezioni di giornalismo - lei ha anche il dono di una straordinaria
scrittura, limpida nella costruzione, densa nei contenuti e
coinvolgente nel coraggio. Troppo brava e libera per essere tollerata
in un mondo di nani e ballerine. Ebbene, poco dopo un cambio al
vertice dell'informazione televisiva regionale, per caso coincidente
con un cambio di quadro politico in Calabria, quattordici mesi fa
parte un provvedimento disciplinare che obbliga Annarosa Macrì a
sospendere la sua collaborazione con il Quotidiano di Calabria.
Collaborazione che non interferiva affatto con la sua attività alla
Rai tant'è vero che dopo qualche mese il provvedimento fu
archiviato.
Dieci mesi fa lei chiese l'autorizzazione alla
direzione della Rai di poter riprendere la collaborazione. Pochi
giorni fa la lapidaria comunicazione: «Il Direttore Generale, con
lettera riservata indirizzata al Direttore di Testata e ricevuta
questo pomeriggio, ha riscontrato negativamente la richiesta di
autorizzazione alla collaborazione con il "Quotidiano della
Calabria"». Nessuna motivazione, un no secco, contrattualmente
ineccepibile. Infatti, il contratto di lavoro giornalistico (articolo
8) lascia piena libertà al direttore, d'accordo con l'editore, di
non rilasciare autorizzazioni a collaborazioni quando l'assunzione
preveda la prestazione d'opera esclusiva. Naturalmente è raro che
l'autorizzazione sia negata. Soprattutto di una grande azienda
pubblica dal carattere ecumenico come la Rai.
Ma questa volta è
andata così!