Scrivere parole e frasi dialettali in
italiano è quasi impossibile.
Alcune espressioni non trovano
corrispondenze tra lo slang della
parola parlata nei luoghi d'origine, le lettere dell'alfabeto italiano e la relativa onomatopea.
Un esempio:
Caffè, in italiano si scrive e si
pronuncia tale e quale; ma se facciamo una breve gita panoramica tra gli idiomi d'Italia ci
accorgiamo che a Napoli, grosso modo, dicono: 'o ccafhé! Mentre in
Calabria diciamo cafhè con “f” e “h” aspirata. E le labbra
rimangono aperte. Esattamente pronunciamo questa parola quasi in un soffio che elide la "F": cahè.
Altre consonanti, invece, sembrano essere a metà
tra la “N” e la “D” perché la punta della lingua si appoggia
al palato ma emette un suono più duro, simile alla "N". come nel casi di:
Beddha. In italiano “bella”, stesso
concetto nel lessico dialettale ma, se ascoltiamo bene durante la pronuncia non sembrano
esistere nessuna delle due lettere "D e H".
Perché questa breve introduzione al
dialetto calabrese?
Perché ho in mente una breve storia di vita vissuta ambientata in un paese montano delle preserre calabre dove rimangono saldamente ancorati i ricordi più belli della mia infanzia: Palermiti.
Un po' di pazienza e fate quindi
attenzione alla pronuncia delle consonanti usate per le parole che
contengono il dittongo “dh” come: gadhuoffi” che tradotto vuol
dire : caldarroste. E se imparate a ruotare la lingua sul palato
ascolterete la giusta nota onomatopeica e comprendere appieno il
significato. Lo so è faticoso. Ma proviamo, dai:
La nuvola avvolge l'anticamera e quasi nasconde alla vista la scala in legno che porta su in cucina. L'odore
intenso di orzo appena tostato penetra nelle narici piacevolmente a ricordare i bei
tempi dell'infanzia a quando la nonna preparava la bevanda per la
prima colazione.
Nonna dove sei?
Ccàh su ccàh sagghia figghju su ccassupa. Tira
u saliscindi e vieni. Il saliscendi era una sorta di maniglia situata
sopra la toppa della porta d'ingresso alla cui estremità era
annodato un filo di spago che penzolava all'esterno da un foro. Non
c'era la paura tra gli abitanti del paese che qualche male
intenzionato potesse entrare e fare razzia dei beni. No! E non
perché qualche legge terrorizzava i ladri e metteva le case e le
proprietà al sicuro ma semplicemente perché lì, in quel luogo
vigeva una grande armonia e condivisione tra gli abitanti.
La “legge del buon vicinato” mai
scritta ma tenuta in grande considerazione sopperiva ai bisogni delle
famiglie del circondario. Non che le donne lavorassero fuori casa. Lì
le mamme accudivano i figli, anche quelli delle altre momentaneamente impegnate a
coltivare i campi o portare "a brodata" ai maiali.
Nanna cchi è stu fhumu?
*Nentha... stava russtiendhu na puocu e
uorzu ppè u cahé do matinu. Però u sapìa ca venivi e guarda ti
stajiu preparando i bàddhari (pop corn). Và si ndavua e cchjiù
pigghia natru paniculu e scuorciulallu... o u vua rrustutu? Pigghja
pigghja ca è 'nto panaru mpendutu dhà …
dedicato ai nonni: Antonio e Teresa, Carlo e Angiola.
Nonna cos'è 'sto fumo?
*"Niente, stavo abbrustolendo un po' di orzo per il caffé di domattina. Però sapevo che saresti venuto a trovarmi e ti sto preparando i pop corn. Se ne vuoi di più prendi un'altra pannocchia di granturco, là nel paniere e snocciolalo oppure lo preferisci arrostito?"