Due pensieri nella rete (tanto c’è spazio a sufficienza per tutti.)
1) Pensiero: scrivere è un’esigenza.
Si scrive per scaricare tensioni; condividere esperienze; confessare, cazzeggiare, imprimere idee, trasmettere (saggi?) consigli.
L’atto in sé pone chi lo pratica nella condizione mentale di non essere solo. Quindi, davanti al computer oggi e alla macchina da scrivere qualche anno addietro, per sentirsi in compagnia di un amico sincero; un amico talmente sublimato da non poter essere reale. Sì, perché nella realtà non c’è nessuno paziente a tal punto da lasciarsi frantumare i coglioni continuamente, assorbire lagnose lamentele, frustrazioni (che altro andresti a confidare a un amico se non i pesi che ti opprimono il cervello e massacrano lo stomaco?) insomma, il fare annulla la solitudine e allevia le ulcere!
Ma non finisce qui! Per uscire dall’isolamento esistenziale si escogita di tutto: giochi per la mente, attività fisiche, hobby e ora, come già detto, la tecnologia web regala a chiunque la possibilità di sentirsi scrittore, giornalista, opinionista, saggista… L’aggeggino magico acchiappa. Assorbe energie, tensioni: è il confessionale per eccellenza, altro che sedute dallo psicanalista! La rete, è una voragine famelica: ingoia e digerisce velocissimamente ma tiene ogni cosa in memoria ed è per questo che prende piede: chiunque può lasciare la propria traccia ai posteri anche senza aver fatto nulla di geniale per lo sviluppo della collettività. Come la lumachella di Trilussa: “La lumachella de la vanagloria, ch’era strisciata sopra un obbelisco, guardò la bava e disse: già capisco che lascerò un’impronta ne la storia.”
2) Pensiero: fare creativo come prosecuzione dell’esistenza.
L’uomo non inventa nulla semmai osserva e personalizza quanto esiste già in natura. Lo spirito di conservazione prima e quello ludico, poi, lo spingono a rendere i prodotti dell’universo conformi al proprio modo di essere. Cosicché, superato lo stadio meramente conservativo della specie, l’uomo, spende il tempo a giocare: con le parole, la materia, la finzione visiva!
Chi non ha mai giocato, nei momenti di ozio, a seguire i contorni della propria mano con una penna e lasciare la traccia su un foglio? Anche i popoli primitivi pare abbiano iniziato così: descrivendo le forme proiettate dalla luce del fuoco sulle pareti delle caverne con tizzoni o pietre; seguendo le orme delle sagome lasciate dai corpi sul terreno o semplicemente stilizzando con segni elementari quanto avevano in animo di raffigurare o trasmettere. Dunque, nasce dal nulla il linguaggio della figurazione, a torto definito dono per pochi eletti.
È vero, è un’alchimia!, una magia elementare che continua a stupire per la semplicità immediata con cui dialoga e trasmette messaggi universali. Ma, non per questo difficile da apprendere. Decifrare e interagire. Per far ciò, è necessario sfatare il grande falso mediatico divulgato da sempre dagli addetti ai lavori, interessati, per molteplici motivi, a mantenere vivo l’alone poetico e geniale di chi opera nel campo dell’arte.
Dipingere è come scrivere: basta conoscere la sintassi.
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