Riforma costituzionale?
A proposito di numeri e rappresentanza dei territori.
I dibattiti su riforme costituzionali o nuove leggi elettorali
sono spesso accompagnati dall'immancabile “fare come in…” e
il nome di un Paese al quale ispirarsi per una nuova legge che regoli
le elezioni o modifichi le funzioni del Parlamento non manca. A un
mese dal referendum per il taglio dei parlamentari risulta
interessante uno sguardo ai parlamenti di alcune delle grandi
democrazie europee, e non solo, per capire un po’ come funziona
altrove. Per l'analisi guardiamo i dati riportati in un dossier del
Servizio studi di Camera e Senato del 2019.
Iniziamo osservando che per una corretta analisi della
rappresentanza, tra i vari Paesi europei, è possibile solo un
confronto tra le camere “basse” (la nostra Camera dei deputati),
poiché nei vari Stati esse hanno funzioni quasi uguali, oltre a
essere elette direttamente dai cittadini. Per le camere “alte”,
per intenderci i “senati”, non è possibile fare confronti perché
la maggior parte dei Paesi dell’Unione europea (15 su 27) non
ce l’hanno, mentre negli altri 12 Paesi le funzioni rispetto al
Senato italiano sono differenti, così come il metodo di elezione.
Insomma il nostro bicameralismo perfetto rappresenta un unicum nel
mondo.
L’Italia
prima e dopo la riforma nel contesto europeo
Considerando il numero totale dei parlamentari di ciascun Paese,
al momento la classifica in Europa è la seguente:
Regno Unito: 1.426
Italia: 945
Francia: 925
Germania: 778
Spagna: 616
Con un Sì al referendum confermativo, complessivamente, il numero
dei parlamentari italiani diminuirebbe da 945 a 600 (da 630 a 400
deputati, da 315 a 200 senatori).
L’Italia scenderebbe così al quinto posto, seguita dalla
Polonia con 516 deputati. Ma le cose appaiono diverse se si analizza
il rapporto tra numero di parlamentari eletti dai cittadini e
popolazione, cioè tra numero di rappresentanti e rappresentati. Qui,
come detto sopra, possiamo comparare solo le Camere “basse”,
elette a suffragio universale diretto. Vediamo dunque che la
classifica si capovolge e l’Italia, insieme alle altre grandi
democrazie europee, è tra i fanalini di coda. Ecco gli ultimi sei
posti:
Regno unito: 1 deputato (650) per
100 000 abitanti (66.238.007)
Italia: 1 deputato (630) per
100000 abitanti (60.483.973)
Paesi Bassi: 0,9 deputati (150)
per 100 000 abitanti (17.118.084)
Francia: 0,9 deputati (577) per
100 000 abitanti (67.221.943)
Germania: 0,9 deputati (709) per
100 ooo abitanti (82.850.000)
Spagna: 0,8 deputati (totale 350)
per 100 000 abitanti (46.659.302)
I primi sei posti vedono invece:
Malta: 14 deputati (68) per
100 mila abitanti (475.701)
Lussemburgo: 10 deputati (60) per
100 mila abitanti (602.005)
Cipro: 9,3 deputati (80) per
100 mila abitanti (864.236)
Estonia: 7,7 deputati (101) per
100 mila abitanti (1.319.133)
Lettonia: 5,2 deputati (100) per
100mila abitanti (1.934.379)
Lituania: 5 deputati (141) per
100mila abitanti (2.808.901)
Con la riforma i membri della nostra Camera sarebbero 400, e il
rapporto tra deputati e popolazione scenderebbe a 0,7 deputati per
100 mila abitanti. Il nostro Paese quindi risulterebbe ultimo in
Europa, con 1 deputato ogni 151.210 abitanti.
Certo, si potrebbe osservare che da noi anche i 200 membri del
Senato sono eletti direttamente dai cittadini.
Nel conto totale quindi, con 600 parlamentari, il rapporto sarebbe
di 1 parlamentare ogni 100 mila abitanti. Ma cosa accadrebbe se, come
si discute da anni, dopo questo taglio si volesse anche superare il
bicameralismo perfetto? Se si volesse fare della Camera il solo ramo
elettivo, l’unico legato da un rapporto di fiducia con il governo,
riducendo i poteri del Senato e rendendolo, per esempio, espressione
delle autonomie regionali?
Collegi elettorali molto più grandi
Chi è contrario a un taglio slegato da una complessiva riforma
istituzionale, o anche semplicemente da una nuova legge elettorale,
fa osservare una serie di criticità. Tra quelle che riguardano la
rappresentanza c’è quella di collegi elettorali molto più grandi,
con ripercussioni sul rapporto tra rappresentanti e rappresentati, ma
non solo. Con collegi più grandi, dovendo coprire aree più vaste,
serviranno maggiori risorse economiche per le campagne elettorali,
con il rischio che siano penalizzate le minoranze e i candidati con
meno risorse. Si stima che al Senato i collegi uninominali avranno
una dimensione media superiore agli 800.000 elettori, alla Camera di
oltre 400.000.
la Germania, Paese non di rado indicato come modello, è
una repubblica parlamentare federale con un sistema bicamerale che
espleta funzioni diverse.
Il Bundestag, la camera bassa, è composto attualmente da
709 membri. Il numero, variabile, non può però scendere sotto la
soglia dei 598 parlamentari. L’elezione avviene con metodo
proporzionale personalizzato, vale a dire che ciascun elettore
dispone di due schede: con una vota un partito, mentre con l’altra
un candidato nella propria circoscrizione.
Il territorio federale è suddiviso in 299 circoscrizioni.
Ciascuna di esse è rappresentata da un deputato eletto direttamente,
attraverso il cosiddetto “primo voto”, che determina un rapporto
diretto tra elettore ed eletto. Con il “secondo voto” invece il
cittadino sceglie un partito politico, i cui candidati sono fissati
su una lista per ciascun Land (liste bloccate). Il secondo
voto determina i rapporti di forza tra partiti nel Bundestag, i
cui seggi sono suddivisi in maniera proporzionale con una soglia di
sbarramento al 5%.
Il Bundestag è l’unica camera che vota la fiducia al
governo federale. Il Bundesrat invece, la camera alta, è
l’organo di rappresentanza dei Länder ed è composto da
69 membri. Non sono eletti direttamente dai cittadini ma vengono
designati dai singoli governi federati. Con 709 deputati eletti alla
Camera bassa e una popolazione di 82.850.000 abitanti, il rapporto
eletti/elettori è di 1 deputato per 116.855 abitanti, pari allo 0,9
per 100 mila.
La Francia è una repubblica semi-presidenziale. Ciò vuol
dire che i cittadini votano per eleggere direttamente il presidente
della Repubblica, oltre che per il parlamento. Quest’ultimo è
composto da due camere, che esercitano però funzioni diverse:
l’Assemblea nazionale e il Senato. In questo contesto il governo è
legato da un doppio rapporto di fiducia: da una parte con il
presidente della Repubblica, che nomina il primo ministro, dall’altro
con l’Assemblea nazionale, che è composta da 577 deputati, eletti
in collegi uninominali con un sistema maggioritario a doppio turno.
Il Senato, composto da 348 membri, invece è eletto a suffragio
indiretto. Per ogni dipartimento i senatori vengono eletti da figure,
come i consiglieri regionali e i delegati dei consigli municipali, a
loro volta elette dai cittadini. Tenendo quindi in considerazione il
numero di deputati eletti all’Assemblea nazionale e la popolazione
in Francia (67.221.943), abbiamo un rapporto di 1 deputato per
116.503 abitanti, vale a dire 0,9 per 100mila.
Il Regno Unito è una monarchia parlamentare, in cui il
sovrano ha poteri analoghi a quelli del nostro presidente della
Repubblica.
Il parlamento britannico è composto da due camere: una
alta, la Camera dei Lord, e una bassa,
la Camera dei Comuni.
I due rami espletano funzioni diverse, ed è la seconda a
rappresentare il cuore del sistema parlamentare d’oltremanica.
La Camera dei Comuni è eletta a suffragio universale e si compone
di 650 deputati: è l’unico ramo del parlamento legato da un
rapporto di fiducia con il governo di sua maestà. Viene eletta
secondo il sistema del first-past-the-post, un maggioritario
secco dove, in ognuno dei 650 collegi, il primo per numero di voti
conquista il seggio.
La Camera dei Lord invece non ha un numero fisso di componenti,
che attualmente sono 772. Non viene eletta dai cittadini e, dopo la
riforma del 1911, ha poteri molto limitati. I suoi membri vengono
nominati dal sovrano su proposta del primo ministro. In base quindi
ai numeri della Camera dei Comuni si ha il rapporto di 1 parlamentare
per 101.90 abitanti.
Ma come funziona altrove nel mondo?
La più grande democrazia occidentale, gli Stati Uniti, ha
innanzitutto una forma di governo diversa dai casi fin qui
analizzati.
È una repubblica presidenziale federale, dove i cittadini
eleggono, attraverso un sistema piuttosto complicato, un presidente
che però gode di poteri maggiori rispetto ai suoi omologhi negli
altri sistemi, essendo contemporaneamente capo di Stato e di governo.
Non c’è un rapporto di fiducia che lo leghi al parlamento, così
come il presidente non può sciogliere le camere.
Il potere legislativo è affidato al Congresso, che si divide in
due camere:
la Camera dei Rappresentanti, composta da 435 membri e
il Senato, composto da 100 senatori (2 per ogni Stato federato).
I cittadini votano per il Congresso ogni due anni, con delle
differenze però. La Camera dei Rappresentanti viene totalmente
rinnovata, con l’elezione di un rappresentante per ogni distretto
elettorale. Il Senato, invece, viene rinnovato solo per 1/3, durando
il mandato di un senatore sei anni. Complessivamente gli eletti sono
535, a fronte di circa 329 milioni di americani, vale a dire 1
parlamentare ogni 614 mila abitanti.
La percezione è quella di un numero esiguo di rappresentanti
rispetto al corpo elettorale, ma in realtà le cose stanno
diversamente, perché bisogna considerare anche il grandissimo numero
di rappresentanti eletti nei singoli parlamenti dei 50 Stati (ognuno
con un governatore) che formano l’unione.
Ricordiamo
comunque che democrazia non è sinonimo di rappresentanze numeriche e
non è gioco di squadra a discapito dei territori meno rappresentati.
Democrazia, in politica, è servizio e tutela per le minoranze.
Politica, in democrazia è servizio!