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Visualizzazione dei post con l'etichetta antropologia

Il mercante di capelli

 “U capillaru passa”. Ripeteva assillante, l’uomo, piccolino e tarchiato, per le vie del paese.  Con la sua voce stridula avvertiva di essere arrivato. Camminava lento, con la sua cassetta appesa al collo con una bretella e retta lateralmente dalle sue mani tozze.

Piccolo mondo antico

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  “ Quandu vitta a serpa chjiamau a santu Pavulu”. Quando vide il serpente invocò san Paolo. È una forma verbale popolare antica che sta a significare la vacuità del pensiero umano difronte ai pericoli nonostante le spocchiosità mentali degli individui. Il vecchio detto nasce dalla presunzione di certuni nei confronti dei riti sciamanici adottati dai contadini o presenti nelle civiltà arcaiche. Riti propiziatori officiati prima della semina, per un raccolto abbondante o, come in questo caso, “esorcismi” battesimali celebrati a favore dei soggetti inermi per ingraziarsi le forze insidiose attive e in agguato, visibili e invisibili.

Storie e leggende dal sapore antico

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Amuleti e credenze nella cultura arcaica contadina maschera apotropaica (studio del M° M. Iannino) L'anziana pacchiana sbiascica parole incomprensibili mentre segna la fronte della giovane che sbadiglia. Va va fhora e sta' casa uocchjiu malignu! Lavati lavati a fhaccia cu acqua e sala e sta sempa cu a malizia eccussì u maluocchjiu 'on ti pigghjia e quandu ti sienti muscia vieni ccà eccussì ti sduocchjiu ca si duormi 'docchjiata è pijeju. Che ha detto? Mi traduci per favore? Ha detto: “vai fuori da questa casa occhio invidioso e maligno. Lavati la faccia con acqua e sale e stai sempre allerta così contrasti le energie negative degli invidiosi...”. Sì sì ma non è ca l'uocchjiu è sulu de' mmbidja po' essera puru d'ammiraziona. Spiega l'anziana sciamana. La donna, ricca di antica saggezza contadina, pur non parlando l'italiano interagisce e mi confida la sua esperienza di pratica esorcista che mescola preghiere e amul...

Bastava poco per essere felici

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Dal cucuzzaro al giudice: così giocavamo  Chi ha più di cinquant'anni ricorderà senz'altro i passatempi di una volta quando per divertirsi in compagnia bastavano le parole per coinvolgere e allietare i presenti, magari aiutandosi con oggetti improvvisati. Ricordate il gioco del “cucuzzaro”? C'era uno della compagnia, solitamente il più grande d'età che assegnava i numeri ai presenti. Dalla cucuzza numero uno fino ad arrivare alla totalità dei giocatori. Fatto questo iniziava la cantilena: “ieri sera sono andato nel mio orto e ho contato cinque cucuzze. Cinque? Rispondeva il giocatore che aveva associato il numero 5. No erano tre! Perché tre? Interveniva il tre chiamando in gioco un altro dei presenti. Erano sette! Perché 7? era tutto il cucuzzaro!” e così via fino a quando qualcuno sbagliava e doveva pagare pegno o ci si stancava e si passava al gioco successivo oppure si scioglieva la compagnia e si tornava a casa. C'erano, però, anche giochi da ver...

c'era una volta in Calabria

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Archeologia di un mondo che non c'è più "attimi di vita contadina"  foto Ledda/Veltri "I braccianti in Calabria" 1983 Quando la terra si lavorava con la forza delle braccia e l'aratro era trainato dai buoi i contadini vivevano di stenti e di fatica. In quel tempo l'unico sostentamento proveniva dalla terra e dalle colture che il contadino riusciva a produrre. Perciò, il suo problema non era lo spread o la tassa sulla casa e neanche la macchina e i relativi giochetti strategici di Marchionne. Il contadino pregava la Divina Provvidenza, suo unico concessionario di fiducia, affinché facesse piovere nel momento giusto così da ottenere un buon raccolto e ché non si ammalassero gli armenti, l'asino, le capre, il maiale, le galline. Il contadino si alzava al levar del sole e, bardato l'asino, si avviava a controllare il podere sulla soma del ciuco. Dava l'acqua alle colture attraverso una serie di ruscelli d'irrigazione che lui st...

dalla candela all'atomo, 50 anni di storia

Negli anni '50 in Calabria e nel resto d'Italia la maggior parte delle persone non aveva le scarpe, camminava scalza e aveva le toppe ai vestiti. Nelle famiglie, i vestiti passavano dai genitori ai figli e dai grandi ai piccoli. Non si buttava niente e le donne erano educate ad una sana e responsabile economia domestica. Rattoppavano i vestiti fino a quando il tessuto teneva; rigiravano giacche e cappotti e quando i pantaloni lunghi erano collassati in prossimità delle scarpe si trasformavano in pantaloncini corti per l'estate. Le poche persone che avevano le scarpe erano ritenute benestanti, “ricche”. La povertà era misurata dai calli ai piedi e alle mani; dalle toppe sui vestiti; dalla gracilità. Ma, nonostante ciò, il sorriso sulla faccia dei bambini era una caratteristica usuale. Bastava poco per rendere felice un bambino: due legnetti in croce e iniziavano interminabili battaglie con la spada; una verga verde, flessibile, con una cordicella tesa alle due estre...

codici segreti e lessico popolare: numeri e significati

Numeri, significati, codici segreti e lessico popolare La natura si manifesta per quella che realmente è. Animali vegetazione e territorio non hanno castelli o formazioni strutturali superflui. Un’intelligenza sottile concatena, rigenera e offre ogni cosa in un reciproco scambio. Flora e fauna sono regolamentate da energie proprie che sfuggono al dominio e alla ragione umana; in sintesi, ogni cosa ha un ruolo e una caratteristica necessaria alla conservazione, all'evoluzione della specie per cui mantiene in vita l’ecosistema generale. E nel sistema eco solidale, l’uomo, animale mistificatore e opportunista, ha, immeritatamente, un ruolo di comando. L’animale umano decide le sorti dell’universo; vegetazione, territori, esseri viventi della terra e dello spazio conosciuto dipendono dalla famelica avidità umana. L’homo erectus , nel corso dei secoli, ha sottomesso e innalzato le intelligenze creative; le ha contagiate e plasmate a sua immagine; ha creato miti e leggende...

Benvenuti!

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Chi siamo

Abbiamo aperto questo blog nell’aprile del 2009 con il desiderio di creare una piazza virtuale: uno spazio libero, apolitico, ma profondamente attento ai fermenti sociali, alla cultura, agli artisti e ai cittadini qualunque che vivono la Calabria. Tracciamo itinerari per riscoprire luoghi conosciuti, forse dimenticati. Lo facciamo senza cattiveria, ma con determinazione. E a volte con un pizzico di indignazione, quando ci troviamo di fronte a fenomeni deleteri montati con cinismo da chi insozza la società con le proprie azioni. Chi siamo nella vita reale non conta. È irrilevante. Ciò che conta è la passione, l’amore, la sincerità con cui dedichiamo il nostro tempo a parlare ai cuori di chi passa da questo spazio virtuale. Non cerchiamo visibilità, ma connessione. Non inseguiamo titoli, ma emozioni condivise. Come quel piccolo battello di carta con una piuma per vela, poggiato su una tastiera: fragile, ma deciso. Simbolo di un viaggio fatto di parole, idee e bellezza. Questo blog è nato per associare le positività esistenti in Calabria al resto del mondo, analizzarne pacatamente le criticità, e contribuire a sfatare quel luogo comune che lega la nostra terra alla ‘ndrangheta e al malaffare. Ci auguriamo che questo spazio diventi un appuntamento fisso, atteso. Come il caffè del mattino, come il tramonto che consola. Benvenuti e buon vento a quanti navigano ogni singola goccia di bellezza che alimenta serenamente l’oceano della vita. Qui si costruiscono ponti d’amore.

elogio della Bellezza

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